MASSIMO LUGLI, la Repubblica 25/4/2010, 25 aprile 2010
PRESO JEAN DANIEL, IL BANDITO GENTILUOMO RAP GIOVANNA AMATI E SE NE INNAMOR - ROMA
«Ci avete messo vent´anni a trovarmi ed eccomi qua... State tranquilli, ormai sono vecchio. Un tempo sarebbe stato diverso». Un bagliore dell´antica ferocia negli occhi di quell´uomo di 63 anni, dal viso segnato e dall´impercettibile accento francese, che si è fatto ammanettare docilmente su un treno Milano-Ventimiglia. stato arrestato per caso, durante un controllo della polizia ferroviaria, Jean Daniel Nieto, bandito marsigliese di rango, protagonista di una delle vicende più "cinematografiche" degli anni Settanta: il rapimento di Giovanna Amati, finito con una turbinosa storia d´amore con la ragazza, allora diciottenne. Dopo il rilascio dell´ostaggio, dietro il pagamento di un riscatto da 800 milioni, Nieto continuò a mandare lettere, bigliettini e fiori a Giovanna senza neanche pensare di essere intercettato dai carabinieri. Lo arrestarono a via Veneto, con un grosso mazzo di fiori in mano e una rivoltella alla cintura, mentre andava a un appuntamento fissato, ingenuamente, per telefono.
Giovanna cercò di difenderlo a urla e graffi, saltò in moto, si precipitò al nucleo operativo di via In Selci urlando: «Lasciatelo stare, maledetti» e rinnegò quell´amore impossibile solo al processo. Jean Daniel, una bellezza torva e affascinante, un passato di rapine ed evasioni, si prese 18 anni di carcere per sequestro di persona e violenza sessuale ma quest´ultima accusa non riuscì mai a mandarla giù. «Io le donne non le ho mai forzate, sono un gentiluomo - raccontò a chi scrive in un´intervista-fiume nel supercarcere di San Giminiano, aspirando con gusto l´ennesima Gauloise - io e Giovanna ci siamo innamorati, nonostante tutto». E ancora: «Tu magari sei nato per fare il giornalista. Io il rapinatore. Il bandito. Non ho mai lavorato un giorno in vita mia e non ho intenzione di farlo».
Mantenne la parola. Dopo dieci anni passati da detenuto modello (in cella dipingeva quadri di una certa bellezza e intratteneva lunghe corrispondenze con alcune "ammiratrici") ottenne un permesso premio e si rese uccel di bosco. Qualche tempo dopo lo acciuffarono a Parigi e gli accollarono una rapina con sequestro di un poliziotto ma scappò ancora. Sposato, nonno, due figli e tre nipoti, girava tranquillamente coi documenti intestati a suo nome confidando che, dopo tutto questo tempo, nessuno si sarebbe ricordato di lui. A tradirlo è stato l´occhio allenato di un poliziotto e un tatuaggio da vecchio malavitoso: un geco verde che gli spuntava dal collo. «Se l´avessi visto su un ragazzo non mi sarei insospettito - racconta l´agente della Polfer - ma su quell´uomo così anziano stonava, così ho pensato di controllare più a fondo». Jean Daniel è finito negli uffici di via Principe e ci sono volute 12 ore per ricostruire il suo curriculum giudiziario. L´evasione, nel frattempo, è stata condonata ma gli restano dieci "gallinelle" (come la mala chiama gli anni di carcere) da scontare per il rapimento. Cosa ci facesse in Italia è tutto da scoprire ed è stato perfettamente inutile chiederglielo: Jean Daniel è di quelli che non parlano.
Giovanna Amati, nel frattempo, è uscita dalle pagine di cronaca nera, è entrata in quelle dello sport e poi è uscita anche da lì. Diventata pilota professionista nel 1981, ha vinto diverse gare in Formula Abarth, poi, quattro anni dopo, è passata in Formula 3, e finalmente è approdata in Formula Uno dove ha partecipato a tre gran premi senza riuscire a qualificarsi. Oggi si è riavvicinata alla Chiesa e partecipa a molte iniziative benefiche.
Per Jean Daniel, invece, il massimo della carriera si fermò al 1978, ai tempi in cui la banda dei Marsigliesi o delle "Tre B" (dalle iniziali del triumviro Bergamelli-Bellicini-Berenguer) s´imponeva a scariche di mitra sulla mala romana e i "bravi ragazzi" della Magliana guardavano e imparavano. Furono i francesi a importare nella capitale il business della coca e dei sequestri di persona ma gli ostaggi tornavano vivi, ingrassati, rilassati e raccontavano di cene sontuose e lunghe conversazioni coi sequestratori. Con Giovanna Amati (rapita il 12 febbraio sotto l´abitazione del papà, Giovanni, proprietario di alcune sale cinematografiche che morirà qualche anno dopo investito sulle strisce pedonali) le cose si complicarono. Tenuta prigioniera e incatenata in un appartamento di viale Eritrea, la ragazza cedette alle premure del carceriere che, tutte le domeniche, le portava le paste e i rotocalchi e le faceva ascoltare la sua amata disco music. «Non l´ho violentata, sono ferito nel mio orgoglio di uomo, sono accusato di un delitto infame» scrisse, indignato, Jean Daniel ai giudici: dei 18 anni per il sequestro non gli importava ma quell´accusa di stupro proprio non gli andava giù. La corte constatò che una ragazza incatenata e spaventata non può essere considerata consenziente e gli appioppò anche la violenza. Lui incassò con dignità. Da vero bandito come si è sempre, orgogliosamente, definito.