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 2010  aprile 25 Domenica calendario

SCONOSCIUTI ANTIBIOTICI

Il dato emerge da un’indagine sugli antibiotici effettuata su cittadini di varia età ed estrazione sociale di 27 Paesi europei e pubblicata questo mese dal "Public Opinion Analysis sector of the European commission". L’Italia è risultata il maggior consumatore di antibiotici con il 57% mentre la Svezia era ultima con il 22%. A fronte di questo primato l’Italia è solo al 17° posto in quanto a conoscenze sull’uso e sugli effetti di questi farmaci. Anche se la posizione viene condivisa con Grecia, Spagna, Lituania, Lettonia e Malta, la situazione non è molto consolante.
Il dato più sorprendente poi è il differente grado di conoscenze sugli antibiotici che è emerso tra le varie categorie sociali (l’intervista prevedeva domande molto semplici e alla portata della popolazione generale). A fronte di un punteggio massimo raggiungibile di 4, per le varie categorie sociali si è avuta la seguente classifica. Manager 2.8, lavoratori autonomi 2.4, impiegati 2.4, operai 2.3, casalinghe 2.3, pensionati 2.3, disoccupati 2.2, studenti 2.1.
Il fatto che gli studenti siano all’ultimo posto desta meraviglia, ma ancora di più se si pensa che in tutti i Paesi europei la situazione è simile. Alla domanda specifica: «Gli antibiotici sono efficaci nel raffreddore?», la risposta NO, che è quella corretta, è stata data dal 64 per cento dei manager e dal 51 per cento degli impiegati, ma è stata sbagliata dalla maggioranza delle altre categorie, con la peggiore performance, anche in questo caso, degli studenti (35 per cento). In tutta Europa infine le donne si sono mostrate costantemente più esperte degli uomini.
La popolazione italiana risulta quindi tra le meno informate d’Europa sull’uso degli antibiotici (non oso pensare sui farmaci in genere!), peggio di noi si sono dimostrate soltanto quelle di Austria, Bulgaria, Portogallo, Romania e Ungheria, mentre i più informati sono i Paesi nordici con Svezia e Finlandia quasi sempre in testa.
Il guaio è che questa generale ignoranza si sposa, come abbiamo detto, con il livello più alto di consumo, il che crea una miscela pericolosamente esplosiva. Non si tratta infatti soltanto di un fenomeno di costume, se consideriamo che la preservazione dell’efficacia degli antibiotici dipende, tra l’altro, da come i pazienti li usano. Probabilmente non è quindi un caso se i Paesi nordici registrano il minor numero di resistenze batteriche, mentre queste vanno espandendosi in Italia.
E il futuro non appare consolante. Non soltanto perché i più ignoranti riguardo all’uso corretto di questi farmaci appaiono essere i più giovani. Ma anche considerando il fatto che la ricerca in questo campo appare bloccata, che non ci sono antibiotici nuovi in sviluppo e che è probabile quindi che non ne avremo per i prossimi 10 anni. E’ quindi più che mai imperativo che quelli che abbiamo vengano preservati.
Francesco Scaglione
Direttore Scuola di Specializzazione in Farmacologia Medica, Università degli studi di Milano