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 2010  aprile 25 Domenica calendario

UTAH, LA PREGHIERA DEL CONDANNATO A MORTE: «VOGLIO ESSERE FUCILATO»

Ronnie Lee Gardner ha impiegato un quarto di secolo per meditare la sua scelta: morire con una raffica di proiettili al cuore e non per un cocktail di sostanze letali. In un tribunale dello Utah il 49enne condannato a morte ha rivelato la sua preferenza: «Vorrei il plotone d’esecuzione, per favore». Il giudice donna Robin Reese l’ha accontentato, fissando l’esecuzione per il 18 giugno.
Gardner era stato condannato per aver ucciso l’avvocato Michael J. Burdell nel 1985, durante un tentativo di evasione dal Palazzo di Giustizia di Salt Lake City dov’era sotto processo per omicidio e furto. Nonostante fosse ammanettato e circondato da guardie, la fidanzata riuscì a fargli scivolare in mano una calibro 22 carica con cui, oltre a colpire Burdell alla testa, Gardner ferì l’ufficiale giudiziario George Kirk, prima di essere catturato.
La decisione ha fatto riesplodere la polemica su metodi di esecuzione da Far West nel religioso Stato dei mormoni, uno dei più giustizialisti d’America. Dei 35 Stati Usa che hanno la pena capitale, lo Utah è l’unico che ha usato la fucilazione da quando, nel 1976, la Corte Suprema ha reintrodotto il patibolo. Da allora solo due uomini sono stati giustiziati con questo metodo, sempre in Utah. Gary Gilmore che nel 1977 preferì il plotone di esecuzione all’impiccagione, rinunciando agli appelli di cui aveva diritto, e prima di morire pronunciò la frase rimasta leggendaria: «Let’s do it» (facciamolo). E John Albert Taylor per la cui esecuzione nel 1996 si erano offerti volontari numerosi cecchini. Per Gardner saranno seguite le stesse procedure. Al condannato, bendato e legato a una sedia, verrà applicato sulla tuta nera un cerchio bianco all’altezza del cuore, perché i cinque tiratori scelti – funzionari statali – non sbaglino il bersaglio. Uno dei fucili, non si sa quale, verrà caricato a salve.
Il legale di Gardner ha detto che presenterà l’ennesimo appello alla Corte Suprema dello Stato, perché dopo una così lunga attesa l’esecuzione sarebbe «una punizione crudele ed inusuale » . Ma nel 1996, in un’intervista a The Desert News, Gardner aveva spiegato la sua scelta: «Mi piace il plotone d’esecuzione. molto più facile. E non ci sono errori». Altri 4 dei 10 detenuti nel braccio della morte dello Utah hanno chiesto di morire allo stesso modo. Ma a Salt Lake City la fucilazione comincia già ad avere i suoi detrattori, anche se più per motivi di pubbliche relazioni che umanitari. « Molti politici sono preoccupati della pubblicità da circo che provocherà l’appuntamento», scrive il New York Times ricordando come, nel 1996, l’esecuzione di Taylor «portò in città orde di giornalisti che li accusarono di applicare una ruvida e disumana giustizia da frontiera». A chiedere di risparmiare Gardner, oltre ad Amnesty International, il padre e l’ex fidanzata di Burdell, la vittima, un pacifista reduce del Vietnam. «Michael rifiutava di girare armato – hanno spiegato in aula – E se fosse ancora vivo sarebbe lui il primo a difenderlo».
Alessandra Farkas