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 2010  aprile 25 Domenica calendario

2 articoli – L’ARIZONA AUTORIZZA LA «CACCIA» AI LATINOS. OBAMA: LEGGE INGIUSTA – « da quando, durante la Seconda Guerra mondiale, i cittadini di origine giapponese finirono nei campi d’internamento, che in America un immigrato non veniva trattato con tanta durezza», grida l’ex senatore ispanico Gutierrez, mentre anche le associazioni religiose e per i diritti civili si scagliano contro la nuova legge anti-clandestini dell’Arizona: una norma che rischia di far scattare l’arresto anche per un semplice sospetto e di discriminare i «latinos»

2 articoli – L’ARIZONA AUTORIZZA LA «CACCIA» AI LATINOS. OBAMA: LEGGE INGIUSTA – « da quando, durante la Seconda Guerra mondiale, i cittadini di origine giapponese finirono nei campi d’internamento, che in America un immigrato non veniva trattato con tanta durezza», grida l’ex senatore ispanico Gutierrez, mentre anche le associazioni religiose e per i diritti civili si scagliano contro la nuova legge anti-clandestini dell’Arizona: una norma che rischia di far scattare l’arresto anche per un semplice sospetto e di discriminare i «latinos». Per questo lo stesso Obama è sceso in campo, prima chiedendo alla governatrice dello Stato di non ratificare la legge e poi, dopo che Jan Brewer, venerdì, ha messo comunque il suo sigillo su una normativa condivisa, secondo i sondaggi, dal 70 per cento della popolazione dell’Arizona, facendo sapere che la Casa Bianca verificherà la possibilità di impugnare il provvedimento perché in conflitto con le leggi federali sui diritti civili. Sul piano politico, però, le cose si presentano assai complicate. Nonostante le incertezze del quadro normativo federale che nel solo 2009 hanno spinto 48 Stati a «fare da soli» varando 222 leggi e 131 risoluzioni, Obama fin qui non aveva fatto nulla per rispettare l’impegno preso in campagna elettorale: quello di affrontare la questione immigrati nel primo anno di presidenza. Probabilmente perché consapevole che un’America impoverita e piena di disoccupati è sempre meno tollerante nei confronti dei clandestini e forse anche per non trovarsi, appena chiusa la difficile partita della sanità, in un altro scontro frontale coi conservatori. Coi quali, invece, si stanno cercando di nuovo accordi «bipartisan», magari parziali, sui meccanismi di controllo della finanza e sulla tutela dell’ambiente. Tutto rischia di cambiare, ora, con questa legge dell’Arizona che per la prima volta trasforma in reato, per un immigrato, l’andare in giro senza un documento di riconoscimento e che autorizza la polizia ad arrestare i clandestini anche sulla base di un semplice sospetto, purché «ragionevole». Una norma che lascia la porta aperta ad abusi e comportamenti discrezionali che – in una regione piena di «latinos», in regola e non – possono facilmente essere basati sul profilo razziale della persona esaminata. In Europa, dove l’obbligo di identificazione non scandalizza e dove vengono spesso applicate norme non molto diverse da quella ora introdotta in Arizona, il caso non colpisce più di tanto. Ma per gli Usa, Paese nel quale la carta d’identità nemmeno esiste e da sempre attento a non turbare la pacifica convivenza tra le varie etnie con misure che sanno di discriminazione razziale, è una rivoluzione. I primi a ribellarsi sono stati i poliziotti, che non vogliono diventare i persecutori degli immigrati. La Brewer, repubblicana ma non integralista, ha aspettato un bel po’ prima di ratificare la legge. Ma alla fine ha dato via libera a un provvedimento appoggiato da tutti i politici conservatori dello Stato e da oltre i due terzi della sua opinione pubblica. Sembrano lontani anni-luce i tempi nei quali George Bush – conservatore ma amico di imprenditori affamati di mano d’opera d’importazione e figlio di un Texas che prospera proprio grazie al lavoro dei «latinos» – proponeva la sanatoria per tutti i clandestini. La sua riforma affondò nel 2007 e anche il senatore dell’Arizona John McCain, unico tra i candidati repubblicani alla Casa Bianca a dirsi favorevole al «condono» ancora nel 2008, oggi ha dovuto cambiare registro: troppo forte il risentimento di uno Stato di frontiera invaso dai clandestini, ma soprattutto dai trafficanti di droga messicani e nel quale si stanno moltiplicando gli episodi di violenza come il recente assassinio del proprietario di un ranch. Fino a due giorni fa sul caso Arizona Obama non era andato oltre una condanna generica: sufficiente, secondo alcuni osservatori, a guadagnare il consenso dei «latinos» senza suscitare l’ostilità di quella parte (crescente) dell’opinione pubblica che non vuol sentir parlare di sanatorie. Un’offensiva della Casa Bianca sull’immigrazione oggi rischia di mandare tutto all’aria. A meno che non decolli la proposta di mediazione abbozzata tempo fa dal senatore democratico di New York, Charles Schumer, insieme al repubblicano della South Carolina, Lindsey Graham, apparentemente favorevoli a legalizzare la posizione di molti clandestini dopo aver, però, «blindato» le frontiere e aver fatto pagare loro una forte multa e le tasse arretrate. Massimo Gaggi QUEL DELITTO NEL RANCH DI CONFINE CHE HA ACCESO LA NUOVA GUERRA DEL WEST – La mattina del 27 marzo Robert «Rob» Krentz non ha fatto a tempo ad impugnare la pistola che portava nella fondina. Il suo assassino gli ha sparato un solo colpo – fatale – e ne ha scaricati altri sul cane da guardia. Del killer sono rimaste le tracce attraverso i pascoli dorati. Per i tracker, capaci di leggere le orme sul terreno, l’omicida si è diretto verso Agua Prieta, Messico, a poche decine di chilometri. Il proiettile ha spezzato la vita di Robert Krentz, un tipo tosto ma dal volto gioviale e pronto a dissetare i clandestini che entravano quotidianamente nel suo ranch. Una grande estensione alla frontiera, con mille capi di bestiame, in mano ai Krentz dal 1907, quando il nonno ha costruito la prima fattoria. Terra dura e bella quella dell’Arizona meridionale dove i punti cardinali sono marcati da momenti epici. A nord aveva il suo rifugio il capo Apaches Cochis, ad est c’è il Canyon dello Scheletro dove, nel 1886, si è arreso il grande Geronimo. A nord ovest le polverose strade di Tombstone, la città della sfida all’Ok Corral. A sud, il tribolato Messico. Storie violente che paiono tornare con nuovi protagonisti. La fine di Bob Krentz, 57 anni, tre figli e uno stuolo di nipoti, è stato l’inizio di un altro capitolo. Lo sparo ha rappresentato il segnale di una nuova campagna. Una volta c’erano da rinchiudere gli indiani nella riserva San Carlos. Oggi bisogna fermare quella che i rancheros definiscono «la nuova invasione», condotta da immigrati illegali e trafficanti messicani. «Dobbiamo difenderci, siamo troppo isolati e il muro non basta», è il lamento degli abitanti. Le fattorie, in effetti, sono distanti chilometri e chilometri le une dalle altre. Nelle zone più remote il cellulare non riceve. Spazi immensi intervallati da montagne rosse. Una solitudine che ti ammalia e ti inquieta. Quando cala il buio spuntano i camioncini che «raccolgono» i clandestini. Venerdì sera ne hanno intercettato uno con 67 immigrati schiacciati uno sull’altro. In certi momenti sembra di vivere l’atmosfera di «Non è un paese per vecchi». Villaggi che somigliano a isole, edifici malandati, distributori abbandonati. Dal nulla sbuca una gigantesca prigione. Per arrivarci devi imboccare una strada dal nome beffardo per i prigionieri: «Via Scappare». Nel piccolo centro di Douglas la gente tira dritto e lancia uno sguardo fugace allo straniero. Sembra dirti: «Amigo, cosa diavolo sei venuto a fare?». E l’assassinio di Krentz, probabilmente un esploratore dei narcos o un ladro, ha dato un nome alla paura. Diventando un caso politico. Il senatore John McCain, anch’egli dell’Arizona, ha presentato un piano che chiede l’invio sul confine di 3 mila soldati della Guardia Nazionale, l’uso degli aerei-spia, il miglioramento del muro aggiungendo, in alcuni punti, una tripla barriera. Un altro parlamentare ha invocato l’istituzione di «gruppi di volontari armati». La posse, usata all’epoca del vecchio West, per inseguire i fuorilegge. Ha risposto Bill Davis, fondatore della Milizia della contea offrendosi di organizzare vigilantes senza paura: «Non pensate che temiamo lo scontro». Animi e teste sono caldi. Lo sceriffo Arvin West ha radunato un gruppo di cittadini e ha spiegato la sua semplice filosofia: «Come diceva il vecchio detto? Meglio essere processato da 12 che portato da sei (sulla bara, ndr). Dannazione, non voglio vedervi portati a spalla da sei. Come devo dirvelo: prendete i fucili». Trovarli è un gioco da ragazzi. Anzi, sono loro a cercarti. A Tombstone ci sono un paio di armerie con quello che serve per spazzare via un uomo o un bisonte. E, come recitano i cartelli, i «pezzi» sono in saldo. Lo sanno bene anche i narcos che attraverso intermediari locali si riforniscono in Arizona e New Mexico. Lo chiamano il «fiume di ferro». Lunedì la polizia ha arrestato un uomo e una donna americani che cercavano di esportare oltre confine diecimila proiettili. In questo clima è stato facile per la governatrice dell’Arizona, Jan Brewer, presentare la severa legge sull’immigrazione. Una risposta inevitabile davanti a una Casa Bianca definita «cieca e sorda». Parole che ricalcano quelle dei Krentz: «Riteniamo responsabili il Messico e il nostro governo per quanto è accaduto. Hanno ignorato i nostri appelli e gli avvertimenti in nome del politically correct. Chiediamo che siano ristabiliti l’ordine e la legge lungo il confine. Grazie a tutti, vogliamo che sia conosciuta la verità». Sulla frontiera non è l’ora del dialogo e aspettano la Cavalleria. Guido Olimpio