Dario Sensini, Corriere della Sera 25/04/2010 Alessandra Mangiarotti, Corriere della Sera 25/04/2010, 25 aprile 2010
2 articoli – ECCO COSA CAMBIA PER I RISPARMIATORI – Euro ai minimi contro il dollaro, Borse in altalena, titoli di Stato più difficili da collocare per i governi
2 articoli – ECCO COSA CAMBIA PER I RISPARMIATORI – Euro ai minimi contro il dollaro, Borse in altalena, titoli di Stato più difficili da collocare per i governi. I tassi di interesse ufficiali in Europa restano inchiodati da mesi al minimo storico dell’1%, imutui e i prestiti bancari continuano a rimanere a buon mercato, ma la crisi greca sta già producendo conseguenze sull’economia continentale e, naturalmente, anche la nostra. Danni limitati, per carità. Atene sta tuttora facendo fronte ai suoi impegni, anche se con difficoltà e l’aiuto degli altri governi europei. La prospettiva di un default, di un fallimento dello Stato, è assai remota. Ma non impossibile. Ed imercati, dove banche e investitori continuano a fare incetta di «Cds», certificati di assicurazione contro il rischio di default della Grecia (che sono arrivati a costare il 5% delle somme assicurate), non la scartano affatto. Imprese fiduciose Le imprese ci credono molto di meno. Le grandi società italiane che lavorano in Grecia hanno quasi tutte confermato i loro programmi. Umberto Quadrino, amministratore delegato di Edison, che è il secondo operatore elettrico della Grecia, è stato ad Atene solo dieci giorni fa per ribadire al governo l’interesse non solo a rimanere, ma anche a investire di più, in particolare nel settore del gas naturale (la Grecia sarà uno dei nodi delle grandi reti di trasporto del gas provenienti dalle repubbliche ex sovietiche). Nessun ridimensionamento in vista neanche per gli altri «big» italiani in Grecia: Riva, Impregilo, Italcementi, Barilla (controlla il primo pastificio del paese, Misko), Inso, Fiat (quarto produttore di auto), Italgas, Ghizzoni. Autogrill, invece, ha appena confermato 6 milioni di investimenti per aprire nuovi punti ristoro sulle autostrade e negli aeroporti. E anche i «piccoli» continuano ad avere fiducia: le aziende orafe del consorzio Divalenza sono appena tornate da Atene con un bel volume di ordini. Se gli affari per ora non destano problemi, il commercio ha invece registrato un crollo verticale. Gli scambi tra Grecia ed Italia, che è il suo secondo partner commerciale dopo la Germania, nel 2009 si sono ridotti di un quarto: le nostre esportazioni sono scese del 23,8%, ovvero di 1 miliardo e mezzo di euro, mentre l’import dalla Grecia si è ridotto del 24,8%. Un trend, tuttavia, sul quale pesa di più la crisi del commercio mondiale che non quella della finanza pubblica di Atene. Finanza e risparmio Tutto sommato, la presenza delle imprese italiane in Grecia, resta comunque limitata. Gli investimenti diretti italiani ammontano ad appena 557 milioni di euro, l’1,5% del totale. Siamo al nono posto dopo Lussemburgo, Francia, Usa, Olanda, Cipro, Regno Unito, Germania e Spagna. Trascurabile anche l’esposizione delle banche italiane verso la Grecia. Secondo i dati della Banca dei regolamenti internazionali (Bri), i nostri istituti hanno crediti verso la Grecia per 7,78 miliardi di dollari (5,5 miliardi di euro). Nulla rispetto ai 300 delle banche della Germania, o anche i 37 degli istituti francesi, che sarebbero pesantemente coinvolti in un ipotetico default dello Stato. Ai 5,5 miliardi delle banche bisognerebbe sommare, poi, il valore dei titoli di Stato greci finiti nel portafoglio dei fondi comuni e nelle tasche dei risparmiatori, magari allettati dai rendimenti sempre più alti dei titoli di Atene. Nei fondi obbligazionari italiani la quota media dei titoli greci nel paniere è di circa il 5%. Ma c’è chi è già uscito, come i fondi di Azimut, Bnl, Generali, e chi è più esposto. In alcuni fondi (Dexia, Banca Leonardo) il peso delle obbligazioni greche supererebbe il 15%. Nessuno sa con precisione quanti titoli di Stato greci siano in mani italiane: per ora garantiscono rendimenti molto alti, e dunque un buon guadagno. Se il governo di Atene non fosse più in grado di onorare i suoi debiti, però, sarebbero carta straccia. E le conseguenze, a quel punto, devastanti su tutti i fronti. Euro e tassi La Grecia potrebbe abbandonare l’euro, anche se il Trattato Ue non contempla affatto questa ipotesi, e tornare alla vecchia dracma, che naturalmente dovrebbe essere parecchio svalutata rispetto al valore di concambio iniziale (340 dracme per un euro). In uno scenario del genere non sarebbe difficile immaginare una corsa alle banche per ritirare i risparmi, la fuga dei capitali, il fallimento degli istituti di credito (che potrebbe avere conseguenze in altri Paesi del centro Europa, come la Bulgaria dove le banche greche hanno il 30% del mercato) e delle imprese, il crollo della Borsa e tassi di interesse ed inflazione alle stelle. Ne pagherebbe conseguenze molto pesanti anche l’euro, e proprio per questo gli altri governi europei hanno stretto su Atene una cintura di sicurezza e sono pronti a concedere prestiti. L’Italia contribuirà con 5,5 miliardi di euro: raccogliere denaro al 2% e prestarlo al 5% è un affare. Certo la Grecia è un rischio, ma appoggiarla significa fare il proprio interesse, perché il problema di un qualsiasi Paese della zona euro è un guaio per tutti. La moneta unica, non a caso, è arrivata in questi giorni a quotare 1,32 contro il dollaro americano, il livello più basso da dieci mesi a questa parte. Ed il crescente nervosismo sui mercati finanziari europei ne è la controprova. Riuscire a collocare i titoli di Stato sta diventando sempre più difficile, e costoso, per i governi di mezza Europa, compresa l’Italia che di quei mercati è il principale cliente. Con l’aggravarsi della crisi greca il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato tedeschi (che sono il riferimento europeo) e quelli italiani, spagnoli, irlandesi, portoghesi, per non parlare di quelli greci, è andato aumentando. Il governo greco paga ormai il 9% sui titoli decennali e il 12% sui Bot a due mesi. In Portogallo il differenziale è salito a 220 punti base, in Spagna e in Italia oscilla ormai tra 80 e 90. Il che significa che per collocare i nostri Btp il governo deve offrire agli investitori, per convincerli ad accettare il rischio, quasi un punto di rendimento in più rispetto a quello dei titoli tedeschi. Mario Sensini E PER I TURISTI L’EGEO SI COMPRA CON LO SCONTO – L’invito del governo ellenico è stato rilanciato di fiera in fiera: «Venite in Grecia, vi aspettiamo». Perché è anche con il turismo (20% del Pil) che si punta a sconfiggere la crisi. Un appello destinato a fare bene solo all’economia greca o anche alle tasche del turista straniero? Con l’estate alle porte la domanda sui forum online si impone: «Chi mi sa dire se la Grecia è davvero conveniente?», «Gli affitti delle case sono scesi?», «Se invece di affittarla decidessi di comprarla, una casa greca?», «Ma se poi uno sciopero mi manda al diavolo l’intera vacanza?». Gikas A. Hardouvelis, professore di Banking & Financial Management all’Università del Pireo, l’ha ripetuto nelle interviste rilasciate a mezzo mondo: questa situazione offre meno svantaggi che vantaggi. Gli svantaggi: «Le proteste ci sono ma sono nulla rispetto a quelle del passato». I vantaggi: «Causa calo del potere d’acquisto (-10%) molti greci non andranno in vacanza e così il resto del mondo esigerà tariffe più basse. Alberghi e privati si stanno già preparando». E navigando tra siti di hotel e affittacase sembra che il professor Hardouvelis abbia ragione. Almeno a giudicare dal numero di offerte accompagnate dalla parola «occasione», un invito alla «vacanza biglietto aereo (meglio se del traghetto), e via»: i prezzi per una casa per sei persone partono dai 300-400 euro a settimana (molte però già prenotate fino a dopo Ferragosto). Alberto Corti, direttore Federviaggio-Confturismo, parla di una «riduzione minima, nell’ordine del 5%» per la vacanza «fai da te» in cui si prenda in considerazione mezzo di trasporto economico, vitto e alloggio. Al fianco di qualche offerta-casa online già compare un meno 10% (rispetto a cosa è impossibile stabilirlo). Più difficile che riduzioni competitive possano però interessare i pacchetti turistici: «Sono il risultato di una somma di fattori e di una trattativa partita un anno fa – spiega Corti ”. I benefici (lievi) in questo caso vengono azzerati dal costo del trasporto (carburante più caro e quotato in dollari). Magari con la prossima stagione...». Su alcuni portali immobiliari, come idealista. si trova anche qualche confronto sulle tariffe delle case in vendita nelle isole: nelle Ionie i prezzi sarebbero calati in media del 30-40%, con punte anche del 50, comprare casa a Zante costa tra i 2.200-2.500 euro al metro quadro. Per Myconos si parla di appartamenti di 120 metri quadri venduti per 250-300 mila euro, mentre due anni fa sarebbero costati 10.000 euro al metro quadro. Un ridimensionamento delle tariffe arriva da Emilio Valdameri, presidente di Rescasa, l’associazione che rappresenta residence, case e appartamenti per vacanze: «Gli effetti sul mercato ancora non sono misurabili. Escludo però che due anni fa a Myconos si vendesse a 10.000 euro al metro quadro, forse a 7.000. In ogni caso quello che si vendeva a quella cifra oggi non sarà mai disponibile a 2.000. Al posto della casa vista mare si troverà quella in terza fascia, magari malandata». Valdameri quindi aggiunge: «Gli effetti della crisi greca non sono diversi da quelli prodotti dalla recessione mondiale. Le compravendite sono dimezzate. Probabilmente qualcosa si muoverà soprattutto con l’estate o ancora più probabilmente in autunno, per effetto della riduzione della domanda interna». E quindi? «Meglio aspettare e andare sul posto a vedere in prima persona». Discorso non tanto diverso per le case in affitto. «Qualche privato sta giocando d’anticipo per paura di rimanere con la casa vuota. Anche in questo caso è troppo presto però per dare numeri. Se si cerca il risparmio il consiglio è quello di tenere sotto controllo le offerte in Internet o, se si è muniti di spirito di avventura, di andare sul posto e acciuffare la vera occasione. La trattativa è obbligatoria». Una strategia che può pagare soprattutto fuori dall’alta stagione. «L’offerta arriva dal non riempimento, ed è più facile nelle zone limitrofe a quelle di grande richiamo». Ma attenzione: «Oggi come oggi l’offerta la si può trovare anche in Italia». Alessandra Mangiarotti