Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 24/04/2010, 24 aprile 2010
VOLPI E PORTO MARGHERA UN PROCESSO ANACRONISTICO
In una risposta sul Corriere della Sera lei cita, tra le realizzazioni di Volpi, Porto Marghera che tutti sanno essere la prima causa del dissesto ecologico della laguna di Venezia. Porto Marghera non è stata lungimiranza, ma un grosso affare realizzato da Volpi con alcuni soci che costruirono sulle barene lagunari a costo zero un’industria chimica posta con scelta demenziale alle spalle del miracolo Venezia. Non ci voleva un genio per capire che avrebbe procurato nel tempo danni da inquinamento dell’aria e dell’acqua e che avrebbe obbligato, per permettere il passaggio delle grandi navi, lo scavo di canali profondi i quali hanno contribuito al crescere esponenziale del numero delle alte maree. Marghera è stato negli anni un disastro ambientale da perseguire penalmente. Per quanto riguarda la mostra del Cinema, lei non dice che la Biennale non è stata idea di Volpi, ma nacque con una delibera dell’Amministrazione comunale del 19 aprile 1893. La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica voluta da Volpi nel 1932 aiutò, con i suoi premi personalizzati, la nobilitazione del personaggio come cultore di questa nuova forma d’arte. Certamente senza l’aiuto del fascismo Volpi non avrebbe raggiunto quella ricchezza per la quale era omaggiato anche dalla nobiltà Veneziana. Cosa ci sarebbe a Venezia se non ci fosse stato Volpi? Certamente una gronda lagunare stupenda e rispettosa dell’ambiente. Una vera oasi naturale. Probabilmente Mestre, durante la guerra, non sarebbe stata bombardata così pesantemente da ridurla ad un ammasso di macerie. Ma forse qualcuno pensava già alla ricostruzione del dopoguerra.
Arrigo Cipriani, Venezia
Caro Cipriani, quando lei scrive che Porto Marghera fu «la prima causa del dissesto ecologico della Laguna», la sua lettera applica a un evento del primo dopoguerra i criteri di cinquant’anni dopo. Nel periodo in cui Giuseppe Volpi creò la zona industriale di Venezia, il problema all’ordine del giorno non era la conservazione della città come grande museo all’aria aperta. Il problema, molto sentito anche da parecchi veneziani, era la creazione di opere che avrebbero permesso a Venezia di uscire dal suo lungo torpore e riscoprire la sua antica vocazione al commercio, all’industria, ai traffici internazionali. Volpi, come del resto i suoi immediati eredi, apparteneva a una generazione che vedeva nelle fabbriche, nelle strade ferrate, nell’uso del ferro in architettura e persino nel fumo che usciva dai comignoli, altrettanti segni di progresso civile ed economico. Non si parlava allora di ecologia e difesa dell’ambiente. Si parlava di sviluppo industriale e si pensava che lo Stato unitario dovesse dare a Venezia un ruolo e una missione conformi al dinamismo della propria tradizione. Le sue osservazioni processano Volpi sulla base di leggi che allora non esistevano e peccano quindi di anacronismo.
Ciò che lei scrive sulla Mostra cinematografica è molto interessante. Apparentemente il Comune fu straordinariamente lungimirante, se non addirittura preveggente. I fratelli Lumière (Louis nato nel 1864, Auguste nato nel 1862) ottennero nel 1895 un brevetto per il «cinématographe», uno strumento che serviva a ottenere e a vedere delle prove cronofotografiche. La prima proiezione sperimentale ebbe luogo nel marzo dello stesso anno e la prima proiezione pubblica in dicembre.
Anche le delibere comunali più illuminate e preveggenti, comunque, hanno bisogno di realizzatori che abbiano al tempo stesso intuizioni geniali e grandi capacità organizzative. Ancora prima che industriale e finanziere Volpi fu un impresario. L’azienda per la lavorazione dei tabacchi nei Balcani, il progetto per la costruzione di una linea ferroviaria che avrebbe collegato il centro dei Balcani all’Adriatico, l’uso delle risorse idriche del Nordest per la produzione di energia elettrica e la zona industriale di Venezia furono anzitutto scommesse sul futuro del Paese. Non riconoscergli questi meriti sarebbe una prova d’ingratitudine.
Sergio Romano