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 2010  aprile 24 Sabato calendario

LA SCRITTRICE CONTESTATA DAI «SUOI» OPERAI: PIOMBINO NON CAPISCE

«Ovviamente avrei preferito essere accolta in modo diverso». Ovviamente, dice Silvia Avallone, nata a Biella 26 anni fa, figlia adottiva di quella Piombino dove ancora ha la residenza e nella quale ha ambientato Acciaio, suo romanzo d’esordio già candidato al Premio Strega. Ovviamente avrebbe preferito una platea più affettuosa, mercoledì scorso, nel Centro Giò Fabrizio De André, e non i duecento, molti in piedi, che la accusavano di aver sbagliato i nomi delle vie, di aver descritto i giovani del posto tutti come cocainomani o prostitute, di aver raccontato di operai che muoiono perché si distraggono parlando al telefonino. Fino alla velenosa e disarmante confessione di una signora, riportata ieri dal Riformista: «Ma lo sa, cara signorina Avallone, che qui abbiamo fatto dei gruppi di lettura? Ci passiamo il libro per non comprarlo così non le diamo i 18 euro. Io la mia copia quando mi torna indietro la strappo e la distruggo».
(Markanews) Silvia Avallone alla presentazione della sua raccolta di poesie. Ora è stata attaccata dagli abitanti di Piombino, che non si sono riconosciuti nel nuovo romanzo
Due ore emezzo di improperi a prova di stomaci forti, come solo ai tempi di 8 e 1/2 e della Dolce vita di Fellini, ha ricordato l’ex sindaco Fabio Baldassarri. Ma erano cinquant’anni fa. E hai voglia a dire, come fa lui adesso, che «io il romanzo l’ho letto e mi è piaciuto molto, anzitutto perché è scritto bene e poi perché ha diversi livelli di lettura». Di certo due. Ammette la stessa autrice: «Mi sembra di aver scritto due romanzi diversi, uno per i lettori della penisola e uno per gli abitanti di Piombino». I primi hanno gradito, il libro è all’ottava ristampa, i secondi no.
«Le loro reazioni sono state molto viscerali, a questo ero preparata. Ma trovo brutto che si vergognino dei casermoni popolari che descrivo, della classe operaia stessa. La cosa che più mi è dispiaciuta è l’insinuazione che io abbia voluto infangare le persone che lavorano nell’acciaieria Lucchini. Pensare che un operaio sia colpevole della morte per me è atroce. il peggiore dei fraintendimenti. Semmai ho voluto raccontare la tragedia delle morti in fabbrica senza retorica», prosegue la scrittrice, una laurea emezzo in Filosofia e Lettere (le mancano due esami per concludere la seconda), una passione sfrenata per Lady Gaga, attrici preferite Isabella Ferrari, Margherita Buy e Giovanna Mezzogiorno, registi Virzì, Garrone e Sorrentino. Moltissime pasque e natali trascorsi nella provincia livornese, a casa del padre. «Gli ultimi tre anni del liceo li ho frequentati a Piombino. Vivo a Bologna da sette anni, ma in Toscana torno spesso, anzi conto di farlo pure la prossima estate, da privata cittadina come ho sempre fatto».
«Nel mio libro un operaio muore e la vedova di un dipendente deceduto in fabbrica ha preso male quel passaggio. Io rispetto il suo dolore privato. Ma la mia intenzione era di dare dignità a una tragedia che non è particolare, riguarda tutti, e che in un quotidiano avrebbe trovato lo spazio di una notizia breve. Allo stesso modo le altre storie che si intrecciano sono universali. Non ho scritto un reportage, la mia è pura fiction. Via Stalingrado a Piombino non esiste».
In realtà oltre ai detrattori ci sono gli estimatori, metà emetà. Non si capisce con chi stia il sindaco Gianni Anselmi. Pare che il libro non l’abbia letto. E ieri comunque al telefono si negava. Ha detto: «Io in questa cosa non ci voglio neanche entrare».
Elvira Serra