EMANUELA AUDISIO, la Repubblica 24/4/2010, 24 aprile 2010
BENVENUTI E L´AMICO EMILE "COMPIO 72 ANNI FELICE LA FESTA AIUTARE GRIFFITH"
Nino Benvenuti, oggi abbraccerà Emile Griffith.
«Sì, andrò a prenderlo all´aeroporto di Roma e poi con lui parteciperò ad una serie di iniziative. E´ stato una leggenda, e ora è ridotto in povertà, malato di Alzheimer. Campa con il sussidio di 300 dollari al mese. Bisogna aiutarlo, non si può lasciare solo un campione che per 20 anni ha dato gloria alla boxe. Vorrei riuscire a mettere insieme centomila euro per un vitalizio a suo nome».
Ma per tre volte sul ring ve le siete suonate.
«Eccome. La nostra trilogia di pugni negli anni Sessanta è diventata una favola mondiale. E il secondo incontro, quello che ho perso, è stato il più drammatico della mia vita. Al secondo round mi ha rotto una costola, mi fossi fermato sarei caduto subito a terra dal dolore, invece ho resistito, perché da testardo volevo arrivare fino alla fine. Come dico sempre: non puoi non diventare amico di un pugile con cui hai diviso la bellezza di 45 round».
L´ha visto ultimamente?
«A Natale sono volato in America, anche per consegnarli 10 mila dollari, una prima raccolta in suo favore. L´ho trovato molto male: taciturno, ingobbito, rimpicciolito. Mi ha addolorato e mortificato, uno come lui, in grado di segnare un´epoca nei pesi medi, non può, né deve trovarsi in quelle condizioni. Lo dico io, Nino Benvenuti, ex rivale, ma amico fraterno. Sia chiaro, non critico l´America, non voglio guastare le relazioni diplomatiche, dietro di me non c´è nessuna istituzione, ci sono solo io, con le mie forze, uno sponsor e collaboratori validissimi».
Lei aiuta tutti i suoi ex rivali, da Monzon a Griffith.
«E´ che la boxe resta il confronto tra uomo e uomo più straordinario che ci sia. C´è energia e coraggio, che non vanno sprecati una volta fuori dal ring. Io sono nato per fare il pugile, ringrazio Dio e i miei genitori che mi hanno dato le doti giuste. Ho vinto tutto, sto bene, in uno sport bello, ma terribile, che procura danni cerebrali. Darmi da fare per gli altri è il minimo, è il mio modo per ringraziare».
Griffith è stato il padrino di suo figlio Giuliano.
«Venne per la cresima e l´affetto non è mai mancato, come le sue telefonate per sapere come cresceva Giuliano. I pugili non sono bestie, per questo non mi piace lo stereotipo che li vuole tutti disgraziati e violenti».
A Griffith non hanno mai perdonato l´omosessualità.
«Mi hanno chiesto tutti: possibile che tu non te ne sia mai accorto? Lo giuro, mai. E´ sempre stata una persona gentile, cortese, educata. Ma sul ring picchiava in maniera terribile uomini più grossi di lui. Non mi ha mai fatto confidenze, forse non voleva mettermi in difficoltà con dei segreti».
Emile per punizione è stato bastonato con delle mazze da baseball.
«Non me lo ricordi. Un vero e proprio agguato notturno. Da vigliacchi. Quando l´ho saputo mi è presa una furia terribile. Volevo prendere il primo volo e andare a picchiare quei disgraziati. Io a Emile voglio bene».
rimasto solo.
«C´è un ragazzo, Luis, che lui ha adottato, che lo segue e cerca di provvedere a lui. Ma con il mensile che ha è dura. Anche per l´assistenza medica. Però Emile ha un carattere forte, non subisce, non accetta soprusi. Eravamo insieme ad altre persone a New York e una di queste si riferiva a lui, dicendo sempre lui, lui. Emile gli ha battuto la mano sulla spalla e gli ha detto: questo lui sono io e ho un nome. Ecco, non è un tipo che si piange addosso, anzi ha amore per se stesse. E così deve essere, merita rispetto, anche perché con i suoi combattimenti ha fatto per molto tempo divertire il pubblico».
Lunedì festeggerà il suo compleanno con lui.
«Sì a Latina, sul ring del Magic Cooker, partirà il tour «Magic Round», sarà l´occasione per ricordare un incontro che nel lontano ”67 al Madison Square Garden di New York, partì con dei pugni che ora sono stati sostituiti da abbracci. Io ne compio 72, ho la stessa età di Emile, e sono felice di poter dividere la festa con lui. Ricordo altri compleanni inutili, questo non lo è».
E soprattutto ha un senso.
«Sì. Quando ero giovane tutti volevano sedere al mio tavolo, Era circondato da gente che mi ripeteva quanto ero bello, bravo, biondo, e mi trovavano perfino gli occhi azzurri, che non ho. Una noia. Questo invece mi dà soddisfazione».