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 2010  aprile 24 Sabato calendario

AL PACINO DIVENTA IL DR MORTE LEZIONE DI EUTANASIA ALLA TV USA

Il faccione irriconoscibile di Al Pacino campeggia all´angolo di Times Square, sulle pagine dei giornali e nel piccolo schermo della tv. "You Don´t Know Jack", c´è scritto, a lettere capitali. E l´attesa per il film-evento è così grande che lo speciale che 60 Minutes, uno dei talk show più visti, gli ha dedicato domenica scorsa, ha fatto registrare la cifra record di 11 milioni di spettatori. Ma non si tratta soltanto del richiamo di Hollywood: l´attesa è grande perché il Jack del titolo del film è Jack Kevorkian, il medico meglio conosciuto come Dottor Morte, l´uomo che sostiene di avere aiutato a morire più di 130 persone. Un mostro? Un santo? No, l´America non conosce Jack. «Io stesso sapevo più o meno chi fosse», confessa l´attore a Usa Today. «Poi sono spuntate tutte le sfaccettature di quest´uomo...». Quest´uomo - un medico del Michigan nato da genitori armeni, appassionato di jazz e arte moderna, lui stesso pittore e compositore - è un signore che oggi ha 81 anni e dal 2007 è uscito di prigione per buona condotta. Scontava la condanna inflitta dopo una provocazione: sempre in tv, e sempre in 60 Minutes. Era il 1998 e il dottor Jack si fece riprendere mentre stava per fare un´iniezione letale: fermatemi, se volete. Lo fermarono, lo condannarono. Ma non fermarono la sua battaglia, concretizzata nello slogan del Nono Emendamento: garantire il diritto al suicidio assistito.
Più di dieci anni dopo quella condanna, è una vera e propria lezione di eutanasia quella che stasera, alle 9, andrà in scena nei salotti e nelle cucine d´America. «Al cinema un film del genere non ce lo avrebbero mai lasciato fare», dice il regista. Anche lui, una stella: Barry Levinson, l´autore di Good Morning Vietnam, il premio Oscar di Rain Man. Come altre stelle sono quelle che brillano nel film della Hbo: l´altro premio Oscar Susan Sarandon, nei panni a lei congeniali dell´attivista Janet Good, e l´immenso John Goodman, che interpreta l´amico del dottore.
Dice Levinson che il film arriva al momento giusto: il dibattito sulla sanità, la società che invecchia. Per lui Kevorkian è un eroe già dalla prima scena, quando da dietro al vetro di una stanza di ospedale vede una donna intubata che lo guarda disperatamente: «E´ la stessa immagine dell´agonia di nostra madre» dice il dottore alla sorella. «Questo non è vivere, questo non è essere vivi». Per non restare intrappolato nel personaggio, Al Pacino non ha voluto incontrare Kevorkian prima del film, parlandogli lungamente al telefono. Ma l´altra sera, dopo la presentazione, il Divo e il Dottor Morte sono rimasti a chiacchierare per ore, dopo cena. «La cosa che ti colpisce è tutta questa energia positiva: ha rifiutato molte richieste di assistenza, ha sempre visto i suoi pazienti come persone a cui poteva alleviare la pena». Lui, il Dottore, sostiene che il film è bello, stimolerà qualche discussione, ma nessuna azione: «Il suicidio assistito», dice cinicamente, «è stato discusso fino alla morte».
Mette le mani avanti il New York Times: «Nessun film sull´eutanasia, non importa scritto con quanta sensibilità, può mancare di offendere una parte o l´altra. Questo è uno dei più tristi, tetri soggetti che si possano immaginare. Ma questo film non lo è affatto». No, l´America non conosce Jack. Ma la sua storia è un interrogativo senza confini.