FILIPPO CECCARELLI, la Repubblica 24/4/2010, 24 aprile 2010
GAVETTA, PAROLE E PASSIONI ALMANACCO DELLE DIVERSIT DEGLI ALLEATI INCOMPATIBILI
Nella gran mole di materiali che l´attualità politica produce, consuma, digerisce e dimentica, il vasto comparto dedicato ai rapporti tra Berlusconi e Fini tende a perdere il suo spessore per così dire politico e vira, con il passar del tempo, verso curiose dimensioni e destinazioni che hanno a che fare con sentimenti, risentimenti e vicende famigliari; senza contare le ispezioni psicologiche, le analisi antropologiche, le scorribande nell´arte e addirittura le evocazioni di figure che non sono più tra noi, ma che dall´al di là vengono periodicamente chiamate a svolgere un qualche ruolo attivo nel contenzioso deflagrato all´auditorium di via della Conciliazione.
L´ombra di Tatarella, per dire, invocata l´altroieri sera a fine direzione dall´onorevole Laboccetta; come pure le mamme dei due leader, morte più o meno negli stessi giorni, e per tale ragione rese in qualche modo corresponsabili (ne scrisse Guzzanti a caldo, «il fattore mamma», ma ne ha parlato anche La Russa al congresso di scioglimento di An) della nascita del Pdl.
A questa singolare invasione di campo veniva anche da pensare durante durante il combattimento fra i galli del centrodestra. Al quadro del pittore Premoli, ad esempio, che qualche mese fa, senza sapere che lì si sarebbe parlato di tradimento aveva raffigurato il Cavaliere come Giulio Cesare e Fini come Bruto con un coltellaccio in mano, pochi attimi prima di vibrare il colpo - chissà quale collezionista l´avrà acquistato e appeso alle pareti di casa.
Come pure si poteva riandare all´articolo che nel febbraio scorso il Giornale aveva affidato allo psicanalista Claudio Risè sulle difficoltà che la vita riserva a chi, in una coppia, è riservato il ruolo di numero 2. In foto c´era un bel faccione di Berlusconi sorridente e un Fini ossequioso. Esplicito era il monito dello strizzacervelli: «Nella famiglia, quando il rispetto per l´inseminatore-padre non c´è, si scatena la confusione e tutto regredisce verso una sorta di caos primordiale».
In faccia al preteso inseminatore, per giunta chiamato per cognome, e non più Silvio, Fini ha fatto esplicito riferimento a chi liquida le sue ragioni politiche come «questioni personali», «ubbie», «bizze», «gelosie». Visto che c´era, avrebbe potuto aggiungere che nei suoi confronti, al Giornale, dall´analisi freudiana erano arrivati al «problema psichiatrico». Su questo è anche partito un annuncio di querela, per conto del presidente della Camera, durante la trasmissione Tetris.
Ma senza giustificare eccessi, insulti e strumentalizzazioni occorre riconoscere che al giorno d´oggi, nell´era della post-politica e della personalizzazione è molto difficile, se non impossibile, tracciare appunto una linea netta tra ciò che è personale e ciò che è politico. Le due sfere si sono fuse e confuse.
Dice: i due leader sono molto diversi. Notava ieri il Sole24ore che Berlusconi e Fini parlano due lingue diverse. Ovvio: uno viene dalla dura scuola del Msi; l´altro è un autodidatta che si è fatto le ossa sulle navi da crociera e nelle dimostrazioni degli elettrodomestici. La diversità non impedisce di compiere insieme grandi imprese. Il problema è ora sono diventati, come ha detto donna Assunta, «troppo diversi». Leggi pure: incompatibili.
E´ questione che va ben al di là degli stili di vita, del guardaroba e degli hobby. A setacciare le cronache questa incompatibilità si nutre di retropensieri sempre meno facili da nascondere. In estrema sintesi, e con la durezza che comporta questo genere di faccende, Fini pensa che Berlusconi è un piazzista e soprattutto che è vecchio; mentre Berlusconi pensa di essersi allevato la classica serpe in seno e fatica a non manifestare il tipico disprezzo per chi non ha mai lavorato in vita sua. Non si farà qui facile ironia sul partito dell´amore: è che al di là di ogni nobile idealità - e non è che in giro se ne vedano tante - il potere è un demone che finisce per forgiare gli individui.
Ma c´è di più, perché l´impressione è che singolari proporzioni quasi matematiche governino ormai la meccanica dei caratteri e anche le reciproche metamorfosi. Così, per restare all´ultimo anno, più Berlusconi spingeva sul registro populista, più Fini si atteggiava a intellettuale; più il Cavaliere cercava di forzare gli argini del suo potere, e più il presidente della Camera si ergeva a baluardo delle istituzioni.
Questa specie di simmetria alla rovescia ha riverberi pure su atteggiamenti che fino a ieri restavano confinati fuori dal recinto della vita pubblica, mentre oggi le danno senso e addirittura dignità. Per cui al vetero-maschilismo di Berlusconi corrisponde un afflato che nei confronti delle donne e dei gay in Fini sfiora le logiche del politically correct. E in questo modo, viene fatto di pensare, le questioni personali tornano a essere politiche - magari anche nel senso che Berlusconi non riesce a perdonare a Fini di non averlo difeso sulla storia di Noemi e della D´Addario.
Ma poi anche Fini, su quel terreno lì, non dimentica né di come le reti Mediaset si giocarono la vicenda del suo nuovo amore, né alcune altre antiche faccende che il Giornale ha cercato di rinverdire. E insomma, sembra finita sul serio - e ancora una volta gli uomini perdono e il potere rischia di restare unico vincitore.