RODOLFO SALA, la Repubblica 24/4/2010, 24 aprile 2010
QUEL SOGNO DEL CARROCCIO "SGANCIARSI DAL CAVALIERE POI DA SOLI COME IN BAVIERA" - A
disegnare scenari per un futuro post-Cavaliere ci si mette un esponente di primo piano del Carroccio in terra varesina, lembo d´Italia che sta al partito di Bossi come una volta l´Irpinia stava a De Mita. Lo dice sotto la protezione dell´anonimato, perché queste non son cose su cui mettere la faccia in un momento difficile. E lo dice con il conforto dell´ultima sparata del Capo dalle colonne della Padania, una minaccia - «siamo probabilmente alla fine dell´alleanza con il Pdl» - che lo stesso Bossi ieri mattina ha almeno in parte corretto, seguendo la solita tattica mediatica della doccia scozzese, del tirare il sasso per mandare messaggi a chi di dovere (la sua gente, ma anche gli alleati) salvo poi ritirare la mano. «Tanto l´importante - confessa un parlamentare del Carroccio - è aver conquistato le prime pagine dei giornali mettendo in secondo piano le beghe interne al Pdl».
Tattica a parte, quella del leghista varesino non pare la voce di uno che grida nel deserto. Ecco la "cornice" del ragionamento: «Rompere con il Pdl nel medio-lungo periodo è inevitabile perché quelli che potrebbero sostituire Berlusconi, ormai proiettato verso il Quirinale, sono tutte mezze calzette. Lui stesso non riesce a scrollarsi di dosso quelli che vogliono bloccare il federalismo, ma l´unica speranza di portarlo a casa per noi è sostenere questo presidente del Consiglio. Per adesso».
Raggiunto l´obiettivo, però, «cambia tutto». Insomma: «I partiti territoriali, e noi lo siamo da sempre, acquisterebbero ancora più peso mentre il Pdl senza il suo leader si squaglierebbe come neve al sole. E per la Lega il primo obiettivo diventerebbe governare senza cedere a compromessi il Nord, la parte più dinamica del Paese, mentre passerebbe in secondo piano l´idea di governare l´Italia».
la traduzione, forse un po´ rozza, di quel modello bavarese al quale non da oggi guardano alcuni pezzi da novanta del movimento, a cominciare da Bobo Maroni, il primo a teorizzare una certa affinità tra la Lega e la Csu tedesca, alleata a livello federale con la Cdu, ma dal dopoguerra egemone nel land più meridionale della Germania. Con una differenza: quel «fare a meno» di Berlusconi e del Pdl significa che non solo nella pancia, ma anche nel cervello del partito sta prendendo corpo l´ipotesi di non considerare validi per l´eternità gli attuali assetti su cui si regge la maggioranza di centrodestra. Sentire per credere: «Se quei coglioni del Pd - sbotta il leghista varesino - la smettessero di guardare alle piccole cose e si dessero una seria prospettiva strategica in chiave federalista, senza lasciare solo il povero ma ottimo Chiamparino, beh allora anche in tema di alleanze potremmo vederne delle belle».
La prima scelta, va da sé, è la conquista passo dopo passo del primato elettorale al Nord. «Ora abbiamo due presidenti di Regione e siamo decisivi in Lombardia, questo significa aver già fatto la Padania», fanno notare senza tanti giri di parole i capi leghisti del Veneto, ovviamente i più ottimisti nell´immaginare, loro che il primato elettorale l´hanno già portato a casa, una crescita forte e costante del Carroccio nella «macroregione» disegnata a suo tempo da Gianfranco Miglio. Tanti voti, tanti posti da occupare: nelle banche (Bossi dixit), nelle municipalizzate definite da Fini «il tesoretto della Lega», nei gangli vitali del sistema amministrativo. E grazie a questa non nuovissima strategia di penetrazione, la quasi certezza di conquistare nuovi consensi, quelli necessari per «fare a meno», di qui a qualche anno, dei berluscones. E magari di proporsi come forza cardine di schieramenti al momento non immaginabili.
Non sono sogni a occhi aperti, l´ipotesi di un divorzio tra Lega e Pdl entra di prepotenza nel dibattito interno al movimento. E se viene esclusa, è solo «per il momento», come dice l´europarlamentare Matteo Salvini, che la considera, dando voce a un pletora di amministratori padani, «un sacrificio necessario», perché «pur essendo noi primi in dieci province del Nord e nell´intero Veneto, la riforma federale ora la puoi fare solo a Roma, e con Berlusconi». Il resto è abbastanza eloquente: «Io invidio i catalani, gli scozzesi, i bavaresi per il grado di indipendenza che sono riusciti a raggiungere e osservo che in queste regioni dell´Europa non ci sono partiti di destra o di sinistra, ma solo movimenti autonomistici». Insomma: nel medio-lungo periodo c´è la Lega che balla, e soprattutto governa, da sola, «perché potrebbe sorgere il problema dall´assenza di interlocutori credibili».
Adesso è matrimonio di convenienza. Anche per Berlusconi, mica solo per la Lega, che infatti a differenza di Fini lo segue sulla strada impervia della giustizia. In futuro bisognerà vedere chi ci sarà: «A sinistra - conclude Salvini - vedo solo Chiamparino, e mi pare poco. Nel Pdl non è che van bene tutti: se il leader è Tremonti si discute, se arriva il Bocchino di turno ciao». A meno che tutto crolli prima: senza i decreti del federalismo entro dicembre (termine indicato qualche giorno fa da Bossi), si può aprire davvero la strada del voto anticipato. Con la prospettiva, questa sì immediata, del "liberi tutti" fra ormai ex alleati.