Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  aprile 24 Sabato calendario

EFFETTO CLEGG SULLA STAMPA E MURDOCH S’INFURIA

Racconta chi c’era che quando mercoledì sera James Murdoch è piombato nella sede dell’Independent, brandendo una copia dello speciale elettorale gratuito del quotidiano, mancava solo la colonna sonora del Padrino. Una vera scena hollywodiana, con il presidente della News Corporation Europe affiancato dalla supemanager Rebekah Brooks che nel nome del padre punta l’indice contro il direttore Simon Kellner curvo sui titoli del giorno dopo. Qualcuno se l’aspettava. Poche ore prima gli strilloni della testata recentemente acquistata dall’oligarca russo Lebedev avevano distribuito a Londra 300 mila numeri dedicati al voto del 6 maggio con la copertina bianca e una scritta nera grande così: «Rupert Murdoch non deciderà queste elezioni. Lo farete voi». L’editoriale di pagina due suggeriva di non temere il famigerato parlamento «appeso» perché, lungi dal terremotare il Paese, potrebbe rivelarsi un toccasana. Come dire: se i tabloid filoconservatori bersagliano Nick Clegg noi stiamo con lui.
Mentre i tre principali partiti britannici depongono temporaneamente le armi in attesa della finale televisiva di giovedì prossimo, la battaglia si sposta nelle redazioni dei giornali. Il primo a scendere in campo era stato il popolare Sun, di proprietà di Murdoch, che a novembre aveva dichiarato conclusa l’esperienza laburista, sostenuta sin dal ’97, annunciando l’endorsment ufficiale a David Cameron, il cavallo vincente. Allora il leader Tory sembrava predestinato a Downing street, non foss’altro che per la debolezza cronica dell’unico avversario, Gordon Brown. Sono passati cinque mesi e l’entrata in scena del terzo uomo ha rocambolescamente rimesso in discussione l’epilogo. L’Independent si è pronunciato a spese del tycoon australiano e il Guardian ha convocato una riunione di redazione per scrutinare le email con il parere dei lettori e concordare quale candidato sostenere.
Chi decide le elezioni britanniche? Certamente non il voto conservatore di Gary Barlow dei Take That o quello libdem del cantante dei Coldplay Chris Martin. I più o meno facoltosi donatori? Difficile, se le somme raccolte nell’ultima settimana sono inversamente proporzionali al successo dei partiti: 1,46 milioni di sterline ai Tory, 783.159 ai laburisti, 20 mila ai sanculotti di Nick Clegg, ancora in testa nonostante la rincorsa di Cameron e la tenuta di Brown. I giornali? «A differenza dell’Italia, dove l’opinione pubblica partigiana si aspetta d’essere confermata dai propri media di riferimento, gli inglesi sono abituati all’obiettività della tv e alla carta stampata che riporta fedelmente i fatti, ma si scatena nei commenti» osserva Daniele Albertazzi, esperto in media europei dell’Università di Birmingham. La bravata di Murdoch junior nell’ufficio di direzione di Northcliffe House, insomma, rientra nel gioco british delle urne, come la feroce campagna dei tabloid contro Clegg, di cui, dopo aver imparato il nome, gli elettori sono venuti a conoscere conto in banca, amicizie, opinioni ed esperienze lavorative giovanili.
La News Corporation, che nel Regno Unito controlla Sun, News of the World, Times e Sunday Times, è blindata nel no comment. L’Independent minimizza, spiegando che all’alterco è seguito un chiarimento di venti minuti ma pubblica la storia del sondaggio YouGov censurato dal Sun perchè reo d’aver rivelato che, se gli inglesi non temessero di sprecare la propria preferenza, i libdem potrebbero ambire al 49% dei voti contro il 25% dei Tory e il 19% dei laburisti.
Tanto rumore per nulla? Non ci giurerebbe il biografo di Rupert Murdoch Michael Wolff, che nel suo blog svela un gustoso retroscena: «Murdoch ama i vincitori ancor più di quanto ami i conservatori. Convincerlo a sostenere Cameron è stata dura per via della sua amicizia con Gordon Brown e di quella di sua moglie con Sarah Brown. Ma il figlio James, persuaso da Rebekah Brooks, gli ha suggerito di puntare sul leader Tory». Pare che il patron di Sky non dimentichi un cattivo consiglio. E Nick Clegg, solido alla prova del secondo dibattito, è lì a ricordarglielo.