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 2010  aprile 23 Venerdì calendario

«LA MIA VERITA’ SU GENERALI MI HANNO DETTO: SEI VECCHIO»

«Sono molto triste», dice con un filo di voce al telefono dal suo ufficio delle Generali. Si intuisce l’ uomo delle mille battaglie, del banchiere navigato. Ma Antoine Bernheim questa volta sembra aver accusato il colpo: si appresta a lasciare la presidenza della compagnia triestina. L’ assemblea di sabato dei soci dovrà votare la lista del nuovo consiglio d’ amministrazione del Leone di Trieste e lui non sarà in quell’ elenco. «Sono molto triste - dice ancora -, sa, la mia storia con le Generali inizia nel 1973, 37 anni di lavoro». Erano gli anni dello shock petrolifero, di globalizzazione non se ne parlava, «questa crisi infatti è stata ben peggiore», spiega ancora. Ha voluto leggere prima le domande Bernheim. E nelle sue risposte prevale la diplomazia. Sembra essersi molto preparato a evitare asperità. Legge le sue parole, vuole rileggere le sue risposte. Nei giorni scorsi si è ritrovato a smentire, precisare le dichiarazioni riportate da alcuni giornali francesi. Parole di una persona che si è sentita messa da parte. Che a 85 anni, è nato il 4 settembre del 1924 a Parigi, non accettava di chiudere il suo lungo rapporto con Trieste. «Sa a volte si risponde con la pancia e non con la testa», dirà. «Soprattutto quando si fa il proprio dovere e finisce una grande storia». Almeno può essere soddisfatto, il mercato sta riconoscendo alle Generali una certa lungimiranza. stata forse persino meno punita dei concorrenti dalla crisi... «In passato la Compagnia è stata criticata per la sua scarsa aggressività sui mercati, il tempo e la crisi hanno invece premiato la prudente politica degli investimenti suggerita da me e dal management. Ho fatto il possibile». Eppure sabato l’ assemblea Generali procederà alla nomina del nuovo consiglio di amministrazione. Mediobanca ha ritenuto di non inserirla nell’ elenco. Che cosa è accaduto? «Ormai non è più soltanto Mediobanca a dirigere le operazioni; in questo caso ha ragione il mio amico Bolloré quando sostiene che alcuni azionisti italiani consideravano chiuso il ciclo Bernheim, di cui comunque hanno apprezzato l’ opera». Ma non è che si è interrotto il rapporto di fiducia con Mediobanca e con il suo management? «Il mio rapporto con Mediobanca è stato da sempre dialettico, dovendosi confrontare distinte entità finanziarie, ma sempre improntato al massimo rispetto reciproco». Avrà contato anche la sua età... «Ha contato ovviamente; evidentemente sbaglio quando ritengo che non conti... La dirigenza Mediobanca pensava che fossi troppo vecchio. Lei sa che dirigere una compagnia come questa a 85 anni richiede di sopportare molte responsabilità». Si è sentito in qualche misura tradito da Mediobanca? «Ho già detto prima dei miei personali rapporti con Mediobanca». Ma i soci francesi non l’ hanno sostenuta dopo averla indicata nei primi anni 2000? «Non mi sembra che ci siano soci francesi nell’ azionariato di Generali. Se invece si riferisce ai soci in Mediobanca debbo dire che, meditando bene, essi hanno certamente fatto quanto potevano». Eppure un giornale francese riporta una sua frase nella quale lei direbbe di essere stato tradito da Vincent Bolloré, è così? «Bolloré non tradisce, io non tradisco; a volte può capitare di rispondere a una domanda più con la pancia che con la testa». riuscito a capire perché non è stato inserito nemmeno nella lista del consiglio d’ amministrazione? Può avere influito l’ ingresso nel capitale delle Generali di altri soci come Del Vecchio, De Agostini, Caltagirone? «Non lo so e a questo punto non mi interessa, se si lascia un incarico di vertice, è comunque prassi non mantenere cariche a livello inferiore. Non ha torto chi dice che è poco serio dare uno strapuntino al presidente uscente. Sono stato frainteso». Al suo posto è stato indicato, come presidente delle Generali Cesare Geronzi, come sono i suoi rapporti con l’ attuale presidente di Mediobanca? «Sono sempre stati, e lo sono ancora, di forte amicizia. Del resto devo anche a lui oltre che a Bolloré il mio ritorno in Generali. Voglio cogliere questa occasione, al di là del confronto che vi è stato nelle settimane scorse, per esprimere la certezza sul buon lavoro che egli svolgerà e fargli i migliori auguri». Ma lei è ottimista? Come vede questo cambiamento? «Vorrei essere ottimista. Ora sono solo triste. La mia vita era il lavoro e il mio lavoro erano le Generali. Il cambiamento? Spero che sia buono, positivo. Più di così...». L’ assetto di vertice delle Generali che si prefigura con un capo azienda, Giovanni Perissinotto, e un chairman all’ inglese senza deleghe, pensa sia quello migliore per Generali? «Questo lo stabilirà il tempo». stato scritto che le è stata offerta la presidenza onoraria delle Generali, la accetterà? «Mi è stata offerta in un passato molto recente. Ma in queste ore non ancora. Sarei felicissimo di restare in qualche modo vicino alle Generali cui mi sento intimamente legato; confido che un tale riconoscimento possa essere largamente condiviso dai nuovi organi societari». Le Generali sono la maggiore istituzione finanziaria italiana, ritiene che le scelte strategiche e di vertice della compagnia siano state influenzate in via diretta o indiretta dal governo o da membri del governo? «Non ho mai subito, e mai avrei accettato, nessuna pressione politica». Ha sempre detto che con lei alla presidenza delle Generali l’ italianità era salvaguardata e che non avrebbe mai permesso che Axa o altri la scalassero? Secondo lei con il nuovo assetto aumentano i rischi? «Un presidente italiano come Geronzi, che stimo moltissimo, riuscirà nell’ intento molto più facilmente. Io avevo sempre bisogno di ripeterlo, per lui questa sarà una fatica in meno». Rimpianti per cose che non ha fatto? «No. La tristezza di vivere senza lavorare. Lavorare per me era la via per stare in buone condizioni».
Daniele Manca