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 2010  aprile 23 Venerdì calendario

«MAXI BUSTARELLA PER PAGARE MENO TASSE» INDAGATO MALDINI

Almeno 185mila euro in nero più un onorario di altri 40mila l’anno per sentirsi garantire che il fisco non avrebbe messo il naso nell’immobiliare Velvet. A pagarli sarebbero stati l’ex campione del Milan Paolo Maldini e sua moglie, l’imprenditrice ed ex modella venezuelana Adriana Fossa. Il primo, azionista di maggioranza della Velvet, e la seconda, rappresentante legale, sono finiti nei guai con la giustizia con l’accusa di aver corrotto Luciano Bressi, funzionario dell’Agenzia delle entrate di Milano arrestato a giugno 2009, che «garantiva loro l’esenzione di controlli fiscali da parte dell’ufficio di Milano 1».

Quello dei coniugi Maldini è solo uno dei 151 episodi che la Procura di Milano ha delineato con la chiusura delle indagini – atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio’ a carico di 43 indagati, tra i quali ci sono 11 dipendenti di vari uffici dell’Agenzia delle entrate nel Milanese, una ventina di imprenditori, 7 commercialisti, un notaio, un avvocato e un giornalista.
Le indagini della Guardia di Finanza di Milano, coordinate dal sostituto procuratore Paola Pirrotta, avevano svelato che bastava che i commercialisti, per conto dei loro clienti, pagassero laute mazzette agli impiegati infedeli – alcuni dei quali furono arrestati dalle Fiamme gialle mentre prendevano le tangenti – per vedere di colpo svanire le cartelle esattoriali oppure dimagrire d’incanto le sanzioni fiscali per centinaia e centinaia di migliaia di euro. Così fu per un imprenditore di Milano che, mettendo 50/60mila euro nelle tasche di due dipendenti dell’Agenzia, riuscì a farsi cancellare un debito di imposta di ben un milione e 533mila euro caricato dal fisco sulle spalle delle sue tre società.
Un’altra delle specialità dei pubblici ufficiali corrotti era quella di entrare abusivamente nella banca dati del fisco per carpire informazioni riservate. Come nel caso, ancora, dei Maldini che, per sapere se fosse affidabile una persona con la quale stavano per entrare in società, a gennaio 2009 chiesero a Bressi di fare una verifica. I telefoni erano intercettati e la Gdf seguì la conversazione in diretta. «Paolo Maldini è tranquillo e sereno, le accuse sono infondate. Dimostreremo che lui e sua moglie sono caso mai delle vittime», dichiara il legale dell’ex capitano rossonero, l’avvocato Danilo Buongiorno. Bressi, direttore di sala dell’Agenzia delle Entrate-Milano 1, prima di essere arrestato era capo degli impiegati che avevano rapporti con il pubblico. Contemporaneamente, però, gestiva lo studio contabile CM Servizi Amministrativi in via Manara a Milano, a fianco del Tribunale. Lì si occupava delle pratiche dei suoi clienti, tra i quali nomi noti dello sport e dello spettacolo.
La curiosità fa brutti scherzi. Ne sa qualcosa anche il giornalista Mediaset Davide De Zan che, come i Maldini, si ritrova accusato di concorso in violazione di sistema informatico protetto perché, a quanto sostiene l’accusa, ad aprile 2008 si rivolse a Giuseppe Lomuti, un altro dipendente dell’Agenzia delle entrate finito agli arresti nel 2009, per sapere quale fosse la «condizione patrimoniale» dei suoi colleghi Alessandro Piccinini e Paolo Ziliani.
Giuseppe Guastella