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 2010  aprile 23 Venerdì calendario

IL COSTITUZIONALISTA FRENA: SFIDUCIA ALLA CAMERA? IPOTESI CHE NON ESISTE

«No, una mozione di sfiducia nei confronti dei presidenti di Camera e Senato non è prevista dai regolamenti parlamentari». Nel giorno dello scontro tra Berlusconi e Fini, il professor Michele Ainis che insegna diritto pubblico a Roma III smonta i progetti di chi, nel Pdl, vorrebbe un voto per sfiduciare in aula Gianfranco Fini. Ciò che è possibile con il governo, un organo esterno, non è praticabile all’interno del Parlamento: «E basta pensare al caso Villari – spiega Ainis – che non fu possibile sfiduciare se non mandando a casa tutta la commissione di vigilanza Rai». Inoltre, c’è anche un precedente in assemblea quando, negli anni ”90 Gustavo Selva (An) annunciò una mozione di sfiducia contro il presidente Luciano Violante: allora gli uffici di Montecitorio dichiararono il testo irricevibile.
Ma è pur vero che il ruolo di presidente dell’assemblea legislativa è cambiato nel corso degli anni. Con la crisi dei partiti, i «presidenti della Camera si sono trovati ad esercitare un ruolo crescente di connessione e di raccordo tra tutti i gruppi presenti in aula e quindi, sempre più spesso, si sono messi di traverso rispetto alla loro stessa maggioranza. E’ successo a me, a Casini e ora anche a Fini...», spiega Luciano Violante, che ha guidato l’assemblea di Montecitorio dal ”96 al 2001, e che ora non vuole esprimere un giudizio sull’invito alle dimissioni rivolto da Silvio Berlusconi a Gianfranco Fini: «E’ un affare interno al Pdl, non mi esprimo». Eppure, si capisce che Violante non trova sconveniente il comportamento dell’ex leader di An quando cita l’attivismo di partito di Nilde Iotti che occupò lo scranno più alto della Camera per tre legislature, dal ”79 al ”92: «Lei partecipava, eccome. E interveniva alle riunioni degli organi del Pci».
Poi, ai tempi della prima vittoria di Berlusconi, a presiedere la Camera arrivò la leghista Irene Pivetti: «Fini non ha alcun obbligo di dimettersi e nessuno può impedirgli attività politica», dice. Eppure, «è comprensibile che Berlusconi in questa circostanza rivendichi un profilo super partes per la presidenza della Camera» perché l’aut aut di Berlusconi evidenzia un problema innescato dal sistema maggioritario: «I presidenti di Camera e Senato, immaginati per un sistema proporzionale, ora si trovano ad arbitrare tra due contendenti ed è assai evidente se si sbilanciano dall’altra parte». Per cui, è la proposta di Irene Pivetti, «sarebbe opportuno adottare il modello inglese o quello americano: nel primo caso lo speaker è un presidente debole, che non fissa neanche l’ordine del giorno; mentre il presidente del Congresso usa rappresenta la sua maggioranza».
Ma c’è anche un caso che investe il presidente del Senato: «Fini vuole fare politica? Lasci la presidenza ed entri nel governo», è il suggerimento lanciato con la sua intervista al Corriere della Sera da Renato Schifani che non ha partecipato alla direzione Pdl per sottolineare il suo ruolo super partes. Però Pierluigi Bersani (Pd) si mette di traverso: «Chi non fa politica scagli la prima pietra. Le conseguenze che si vogliono per gli altri, Schifani le ricavi per sé». Risponde Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera: «Dopo le fratture nel Pd, Bersani ha anche l’improntitudine di parlare di spettacolo indecoroso a proposito della direzione del Pdl». Però, Di Pietro (Idv) accusa: «La minaccia di dire o ti adegui o si va alle elezioni si chiama ricatto politico». Luigi Zanda (Pd) osserva che si «fa più sottile il confine tra lo Schifani presidente del Senato e lo Schifani militante del Pdl». E se Italo Bocchino, fedele del presidente della Camera, arriva a dire che «Schifani è il capocorrente del Pdl in Sicilia», nel Pdl lealista scatta una difesa ad oltranza: «Chi lo critica confonde la stima e l’affetto che Schifani gode in Sicilia con un metodo di fare politica che non appartiene al presidente del Senato ma forse a chi lo attacca», afferma Carlo Vizzini (Pdl).
Dino Martirano