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 2010  aprile 23 Venerdì calendario

ACQUERELLI ROMANI

Pio Pullini eseguiva rapidamente i suoi acquerelli umoristici al ritorno dalle consuete passeggiate romane, durante le quali aveva modo di cogliere scene di vita quotidiana, ottimi soggetti per le sue tavole che ora si possono vedere nella mostra «Pio Pullini e Roma. Venticinque anni di storia illustrata (1920-1945)», aperta fino al 5 settembre nelle sale del Museo di Roma Palazzo Braschi (via di San Pantaleo 10). Un’occasione per riscoprire un pittore singolare e ormai dimenticato dal grande pubblico e dalla critica. Ingiustamente, come fa notare la storica dell’arte Simonetta Tozzi, che lo associa per lo stile al suo contemporaneo Norman Rockwell, mitico illustratore dagli anni Venti e fino alla fine dei Sessanta del «Saturday Evening Post», il più diffuso periodico statunitense. Entrambi gli artisti, pur non avendo mai contatti diretti tra di loro, ripropongono infatti aspetti e temi della società con impostazioni, tagli e inquadrature molto simili, con lo stesso potente plasticismo e l’intensa gamma cromatica, perfino con la stessa leggerezza del tono espressivo, anche nei temi di propaganda.
Mentre Rockwell illustrò per anni il «sogno americano», l’intera opera di Pullini è legata a Roma. Nato ad Ancona nel 1887, visse nella capitale, a fasi alterne, per tutta la vita. La prima volta vi arrivò nel 1906 per completare la propria formazione presso l’Istituto di Belle Arti. Appena diplomato inizia a frequentare l’atelier di Aristide Sartorio, all’epoca uno dei più importanti artisti, che gli procura l’incarico di decorare il salone da ballo nel palazzo della legazione italiana in Montenegro. Risalgono al 1907 le prime illustrazioni per alcuni popolari periodici nazionali tra i quali «La Lettura», mensile del «Corriere della Sera». Nel 1914 Pullini è impegnato nell’esecuzione degli affreschi per la nuova sede del Ministero dell’Agricoltura in via XX settembre. Partito per il fronte della Prima Guerra mondiale, torna a Roma nel 1919, dove partecipa alla decorazione del nuovo palazzo del Viminale, realizzando gli affreschi della sala In mostra Sopra «Tutti in bicicletta», acquerello, 1944. Nella foto tonda «Maternità»
(particolare) olio su tela, 1921. Nella foto grande «Su, non camminare curvo», acquerello, 1930 di ingresso al secondo piano, dei quali rimane un bozzetto autografo visibile in mostra. Sono di questo periodo anche alcuni ritratti dove affiora la vena più intimista di Pullini, come quello di Gabriele D’Annunzio o quello della moglie e della primogenita Maria raffigurate teneramente in «Maternità». Comincia in quegli anni anche l’ingresso dell’artista nel genere umoristico, con la collaborazione a «La Tribuna Illustrata», uno dei più popolari settimanali del tempo, e al quindicinale «Alto Adige».
Il terzo ed ultimo periodo romano va dal 1934 al 1955, anno della morte. Nell’intervallo tra il 1923 e il 1934 l’artista insegna a Cagliari, Faenza e Rovigo, dove inizia a dedicarsi all’illustrazione dei nuovi libri per le scuole elementari curati da Grazia Deledda e Dina Belardinelli Bucciarelli. Tornato a Roma riprende con più intensità a disegnare acquerelli umoristici, che espone in mostre di grande successo. A quest’ultimo periodo è dedicata la sezione centrale della mostra, che è anche la più corposa e interessante, perché presenta un affresco della società tracciato con l’occhio vigile del testimone diretto. Nessuno si salva: preti e sovrani, nobili e borghesi, eroi e reduci, politici e popolani, gerarchi fascisti e nuovi arrivati americani. I tratti caricaturali ridotti al minimo rendono questi disegni un fedele documento dei tempi. Colpiscono soprattutto quelli che raccontano le brutali retate dei nazifascisti tra gli ebrei del Ghetto che sembrano anticipare le scene del cinema neorealista. Uno di questi è particolarmente notevole, perché «filma» un episodio vissuto da Antonio Muñoz, famoso soprintendente dei monumenti di Roma. Si vede un uomo di spalle che allarga le braccia davanti a soldati tedeschi con le rivoltelle puntate. Sullo sfondo, una donna sta sulla soglia di casa, avvolta in una vestaglia celeste lunga fino ai piedi, lo sguardo dolente, un crocifisso stretto al petto. L’episodio è raccontato, in una nota allegata all’acquerello dalla moglie di Muñoz, Maria Luisa: «Il giorno 11 settembre 1943 bussarono alla porta del giardino con i calci dei mitra due soldati tedeschi e un ufficiale armato di rivoltella. Ad Antonio, che andò ad aprire, intimarono di consegnare loro l’automobile. Antonio rispose che l’auto era già stata requisita dal governo italiano ma che ad ogni modo andava a prendere le chiavi del garage. Io, temendo che lo uccidessero, pensai che dovevo morire con lui, ma no come un cane e presi il Crocifisso. Arrivai sulla soglia di casa nel momento che Antonio stava aprendo per entrare, nel vedermi così ridicola scoppiò in una risata. I tedeschi se ne andarono in santa pace. Raccontammo l’accaduto a Pullini, che pochi giorni dopo tornò con la caricatura».
Lauretta Colonnelli