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 2010  aprile 23 Venerdì calendario

Il Contre Sainte-Beuve restò sempre per Proust, sino alla fine della sua vita, una miniera di materiale e di invenzioni

Il Contre Sainte-Beuve restò sempre per Proust, sino alla fine della sua vita, una miniera di materiale e di invenzioni. Alcuni dei più grandi miti della Recherche – come la razza maledetta, la stirpe dei Guermantes, Venezia – sono nati qui, dal gioco di una penna che vagava alla ricerca di sé stessa. Proust componeva ad abbozzi, a tocchi successivi, riprendendo sempre da capo, dieci, dodici, quindici volte, talvolta senza utilizzare la versione anteriore: come un pittore che dipinge, quasi contemporaneamente su dieci tele diverse. Sviluppando il tentativo degli articoli sul ”Figaro”, era diventato il sovrano della variazione e della divagazione: scrivendo a onde, a riprese, a richiami, perdendo e ritrovando il filo, via via che una nuova associazione di idee attraversava la sua mente. Come nelle conversazioni di Coleridge, che partivano dal nulla per abbracciare il mondo, una vegetazione lussureggiante fioriva sopra un tronco esile e lieve. Il libro non possedeva ancora l’architettura, la continuità, l’immensa fluidità della Recherche. Non è il caso di rimpiangerle. Possiamo sostare qualche giorno in questo libro delizioso, nato proprio davanti alla Recherche come un padiglione rococò, dove ci soffermiamo a prendere il gelato e ad ascoltare musica, prima di intraprendere la visita interminabile alla cattedrale incompiuta. Vi sono pagine di una felicità, di una sapienza e di una grazia musicale, di un delirio estatico e di una brillantezza, che non dimenticheremo mai. Malgrado tutto, Proust era ancora come la statua di Memnone. Un raggio di sole bastava a farlo cantare. La *colomba pugnalata : Proust e la Recherche / Pietro Citati- Milano : A. Mondadori, 1998- 417 p. Il nome con cui sono tuttora conosciute queste statue fu coniato dagli storici greci, che le associarono all’eroe mitologico Memnone. Una di esse all’alba emetteva strani suoni, causati dal riscaldamento della roccia, che dagli antichi erano interpretati come il saluto dell’eroe alla madre Eos, dea dell’aurora. I Colossi di Memnone (chiamati dai locali el-Colossat o anche es-Salamat) sono due enormi statue di pietra del faraone Amenhotep III. Nei passati 3400 anni sono rimasti nella necropoli di Tebe, lungo le rive del Nilo, di fronte all’attuale città di Luxor. (wikipedia)