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 2010  aprile 23 Venerdì calendario

ADESSO SAR SCONTRO IN PARLAMENTO

Adesso che cosa farà Gianfranco Fini? Bella domanda. Bella sì, è quella classica, vale un milione di dollari. A voler trarre conseguenze da quanto ascoltato e visto ieri alla direzione nazionale del Pdl davanti potrebbero esserci tre anni di lesgislatura con sgambetti pronti ad essere allungati nelle aule parlamentari dalla minoranza finiana su singole questioni come l’immigrazione, welfare ed etica. Correnti non ce ne saranno. Non soltanto perché sancito dal documento finale, ma anche perché al momento della conta c’è stato solo uno spiffero poco incoraggiante. Quello dei soli 11 finiani (Donato Lamorte, Carmelo Briguglio, Pasquale Viespoli, Adolfo Urso, Italo Bocchino, Andrea Augello, Flavia Perina, Fabio Granata, Silvano Moffa, Salvatore Tatarella, Cesare Cursi) su 20 presenti e votanti nella direzione nazionale che hanno detto no al documento presentato a fine lavori (c’è anche un astenuto). Dov’erano gli altri? Ecco la domanda, economicamente meno gratificante rispetto al domandone iniziale, ma politicamente forse più pertinente. «Non lo so, chiedetelo a chi non c’era», risponde Amedeo Laboccetta, finiano con diritto alla parola intervenuto in direzione citando l’armonia tatarelliana. Chiediamo a lui allora che cosa ne sarà dei finiani. «Ci sarà un civile confronto che dovrebbe portare tutti a rasserenare gli animi». Sembra facile. A chi potrebbe cadere nella tentazione di riassumere il tutto dicendo che a Fini sono rimasti soltanto 11 fedelissimi, c’è pronta la risposta di Italo Bocchino: «Normalmente in direzione siamo 150 a 20, c’erano assenti da entrambe le parti. Noi non abbiamo perso nessuno, abbiamo guadagnato due ex di Forza Italia. Chi? Lo scoprirete presto». Ecco, nelle ultime parole del vice capogruppo del Pdl alla camera, c’è forse disegnato lo scenario di cosa potrebbe accadere. I finiani potrebbero aver giocato ieri a carte coperte per proteggere le strategie che saranno attuate in parlamento per mettere in difficoltà il Pdl berlusconiano. Potrebbe accadere, in pratica, che su specifici argomenti verranno fuori non soltanto tutti i finiani, ma anche gli scontenti del Pdl e tutti assieme mandare un messaggio a Berlusconi. Ipotesi possibile visto cosa dice il ministro nonché coordinatore del Pdl, Sandro Bondi: «Sono uscito dalla direzione del Pdl e Fini mi ha detto chiaramente «vedrete scintille in Parlamento». E lì infatti che il cofondatore ha deciso di giocare la sua partita a scacchi.
Al momento però la presenza di Fini e dei suoi fedelissimi nel Pdl è da archiviare nella categoria «minoranza politica-culturale» che Bocchino rivendica con orgoglio. Intanto, Fini continuerà a fare il presidente della camera e non ha intenzione di ingranare la retromarcia nel partito. «Non faccio nessun passo indietro: continuerò a dire ciò che penso», ha detto ai suoi parlamentari. Forse un domani potrebbero arrivare rinforzi da quel centro politico che ha come riferimento Luca Cordero di Montezemolo e Pier Ferdinando Casini. Ma l’operazione è a lungo termine.
Di certo, per dirla con un altro finiano doc come Fabio Granata, «la frattura tra Fini e Berlusconi è insanabile».