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 2010  aprile 23 Venerdì calendario

SI PUO SUONARE ANCHE SENZA LO STATO

Note stonate e stecche clamorose, parole al vento e soldi, tanti milioni di euro buttati. Molti dei quali dalla finestra, secondo i dati diffusi due giorni fa dal Ministero dei Beni Culturali che ha fatto i conti in tasca alle Fondazioni lirico-sinfoniche italiane scoprendo buchi e clamorosi bilanci in rosso. Una realtà che ha costretto il Consiglio dei Ministri a ricorrere a un decreto legge con l’obiettivo di risanare le quattordici fondazioni che operano sul territorio nazionale, ridimensionandone i profitti statali e razionalizzandone le spese. Si parla delle maggiori realtà sinfoniche italiane: dalla Scala di Milano al Regio di Torino, dall’Arena di Verona al San Carlo di Napoli.
Per capire meglio come stanno le cose ci siamo rivolti a Francesco La Vecchia, celebre direttore d’orchestra nato a Roma 55 anni fa, direttore artistico e musicale dell’Orchestra Sinfonica di Roma. Un ente, quest’ultimo, che non rientra nell’elenco delle fondazioni in passivo essendo una realtà totalmente privata. «Vive grazie ai soldi degli sponsor, degli incassi e dei ricavi delle nostre tourneè ma soprattutto al munifico operato della Fondazione Roma», precisa il maestro. Una realtà, quindi, che punta su giovani brillanti e che non riceve un euro da istituzioni pubbliche.
L’erede di Ferrara
La Vecchia è considerato l’erede e il continuatore dell’opera di Franco Ferrara, il mitico presidente dell’Arts Academy scomparso nel 1986. La sua escalation professionale è passata attraverso tappe esaltanti: nel 1988 venne chiamato da Giancarlo Menotti alla direzione del Festival dei Due Mondi; poi, negli anni ”90, ha lavorato in Brasile dirigendo l’opera ”Il Guarany” di Carlos Gomez. Ha diretto enti lirici in Messico, Ungheria, Brasile e Portogallo. Intenso il suo percorso didattico: come ideatore della Fondazione Arts Academy, l’impegno di Francesco La Vecchia è stato quello di coltivare la didattica musicale e la produzione concertistica in collaborazione con il Parlamento europeo, la presidenza della Repubblica e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.
Chi meglio di lui, quindi, può fare chiarezza su questa crisi legata alle perdite delle Fondazioni lirico-sinfoniche? «Quando si parla di musica lirica in Italia occorre fare chiarezza», spiega accalorato La Vecchia. «Intanto non dobbiamo considerare uguali le quattordici fondazioni che hanno denunciato negli ultimi anni tutte quelle perdite. necessario un doveroso distinguo: tredici di esse sono enti lirici, una sola è un’Orchestra Sinfonica che è quella dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma. Una realtà disarmante: pensate che l’Italia, in questo senso è un Paese del terzo mondo. Il rapporto di 13 a 1 è sconsolante: persino in Bulgaria le Orchestre Sinfoniche diciamo pubbliche sono di più che in Italia: cinque. Per non parlare della Gran Bretagna dove sono undici».
Il maestro è un fiume in piena e bacchetta i colpevoli: «Le responsabilità maggiori sono da addebitare alle decisioni prese dai sovrintendenti. Alle persone. Pensiamo a quello che è riuscito a fare il Teatro dell’Opera di Roma nel 2008: ha perso più di 11 milioni di euro in un anno. La mia Orchestra Sinfonica, che è privata, ha un bilancio di cinque milioni di euro: alla fine dell’anno non possiamo perdere soldi. Forse perché la struttura che abbiamo è agile: noi abbiamo cinque impiegati nell’amministrazione, che bastano, Santa Cecilia ne ha 180! Capito? 180 amministrativi. Un ministero nel ministero».
Altra nota dolente riguarda la componente artistica e la lentezza che hanno queste fondazioni nel perseguire gli obiettivi primari del sinfonismo: l’incisione di dischi e le tournée. La Vecchia si mette le mani nei capelli: «Qui tocchiamo un altro tasto delicato. In Italia abbiamo una ventina di grandi autori sinfonici che non sono reinterpretati o reincisi da parte dell’Accademia. La quale, invece, avrebbe il dovere primario di creare dischi da immettere sul mercato. Pensate alle opere dei grandi compositori sinfonici italiani: da Busoni a Ghedini, da Malipiero a Martucci, e Respighi. Quanti cd sono stati incisi in tutti questi anni, nonostante le sovvenzioni statali? Quasi nessuno. Un fatto grave. La mia Orchestra Sinfonica ha appena portato a termine l’incisione di tutta la produzione di Martucci, ha firmato 63 dischi e ha in corso tre contratti con Universal, Brilliant e Naxos. Stiamo consegnando al pubblico un patrimonio fondamentale per la diffusione della sinfonica nel nostro paese, soprattutto tra i giovani. Ma questo non era un compito che spettava ad altri, alle fondazioni pubbliche?».
Proteste sindacali
Dall’altro greto del fiume, poi, ci sono le maestranze che scendono sul piede di guerra e scioperano. «Una vecchia storia», fa La Vecchia. «Sono stati abituati troppo bene. Lo sa che l’Accademia di Santa Cecilia riconosce loro persino un incentivo se da Santa Cecilia l’orchestra si deve esibire a Caracalla? A pochi chilometri di distanza!». La zoppicante realtà della sinfonica ”pubblica” italiana ha un risvolto finale desolante, secondo La Vecchia: «I grandi direttori d’orchestra che utilizzano denaro pubblico dovrebbero formare orchestre di giovani musicisti e non formazioni piene zeppe di musicisti famosi, già al top e che, quindi, chiedono ingaggi alti. In Italia servirebbero orchestre formative per futuri talenti, non di vetrina».