Antonella Cherchi, Il Sole-24 Ore 19/4/2010;, 19 aprile 2010
IL MUSEO METTE IN MOSTRA IL VIRTUALE
La galleria dell’Accademia di Firenze l’anno scorso è stata disertata da oltre 100mila persone. Un calo di visitatori dell’8% per un museo abituato ogni anno a veder camminare lungo le sale oltre un milione di appassionati, attratti soprattutto dal David di Michelangelo. L’Accademia è in buona compagnia, perché altri famosi luoghi d’arte hanno registrato un calo di consensi: a Firenze gli Uffizi hanno perso l’1,5%, il Colosseo e il Foro romano il 2,6, gli scavi di Pompei il 7,3.
In generale, l’anno scorso musei e siti archeologici sono stati meno visitati: dagli oltre 33 milioni del 2008 si è passati a poco più di 32 milioni. Una flessione del 2,3%, che conferma un calo già iniziato nel 2007 e a cui corrisponde una conseguente diminuzione, per sette milioni di euro, degli incassi delle biglietterie, ritornati, come nel 2005, al di sotto dei 100 milioni.
Nel panorama dei segni meno,qualche segno più comunque c’è: è quello dei visitatori non paganti, cresciuti di oltre il 3 per cento. C’è da pensare che scolaresche, giovani e anziani si siano riavvicinati ai luoghi d’arte. Come è accaduto, per esempio, a Nuoro, al museo archeologico Giorgio Asproni. Nel 2008 era stato visitato da 240 persone, salite,l’anno scorso,a 3.362,di cui 2.421 entrate gratis (due anni fa erano 205). «Abbiamo coinvolto i ragazzi delle scuole – spiega la direttrice del museo, Maria Ausilia Fadda – con attività ad hoc». Per quanto si tratti di piccoli numeri, i risultati iniziano a vedersi. «E questo nonostante la situazione sia difficile: il comune ”prosegue ladirettrice ”non ha ancora allestito la segnaletica, sugli elenchi telefonici continuano a definirci museo civico speleo-archeologico, siamo a corto di custodi, perché quelli andati in pensione non sono stati reintegrati, costringendoci ad aprire al pomeriggio solo alcuni giorni la settimana.Ma la domanda di cultura c’è:durante la notte bianca siamo arrivati a ricevere 1.200 persone».
Da Nuoro a Urbino. Anche lì la tendenza nazionale è stata smentita. La Galleria nazionale delle Marche, allestita nel palazzo Ducale, l’anno scorso ha aumentato ivisitatori: da 187mila a 241mila (+28%). Ma in questo caso a crescere sono stati anche i paganti, lievitati del 27 per cento. «Merito della mostra su Raffaello, rimasta aperta da aprile a fine luglio», afferma Maria Rosaria Valazzi, direttrice della rocca di Gradara e funzionario più anziano della galleria, che al momento è senza direttore.
Il museo nuorese e quello urbinate non sono gli unici ad aver contrastato la tendenza alla diminuzione di visitatori. Ci sono altri esempi, ma sono limitati. Il panorama generale è di una perdita più o meno forte di appeal . « normale ”commenta Franca Fal-letti, direttrice della galleria dell’Accademia fiorentina – ed è uno degli effetti della crisi economica. Si viaggia di meno, le spese si contraggono e tra queste anche i soldi per il biglietto del museo. Anzi, posso dire che nel crollo, i luoghi d’arte hanno tenuto: qui da noi gli albergatori lamentano una flessione del 30%, che è ben altra cosa rispetto al calo dell’8% registrato dall’Accademia».
A non essersi presentati alle biglietterie del museo sono stati soprattutto i turisti nordamericani. «Il nostro pubblico straniero – spiega Falletti – è costituito in gran parte da statunitensi e canadesi. In fondo, l’Accademia è un museo pop, che richiama in particolare le famiglie, con il David che funziona da calamita e che attrae gli americani anche per l’essere un eroe biblico d’Israele, elemento che nel tempo si è un po’ diluito, ma che comunque nel sottofondo culturale di quelle popolazioni è rimasto».
I segnali sono, però, confortanti, anche se troppo circoscritti per parlare di inversione di tendenza. A Pasqua l’Accademia ha aumentato i visitatori del 4% rispetto allo stesso periodo del 2009. «Ma non possiamo crescere a dismisura», avverte la direttrice. Che aggiunge: «Abbiamo limiti di capienza. D’estate facciamo il pienone con 9mila persone al giorno. Oltre non possiamo andare. Non ci sono gli spazi per accoglierne di più. I progetti, pur lodevoli, per attrarre più visitatori nei musei devono tener conto della logistica.
Non siamo il Louvre, che ha chilometri di sale».
Un po’ una doccia fredda per le mire del ministero dei Beni culturali. In particolare per il direttore della valorizzazione, il manager Mario Resca. La sua intenzione è di svecchiare i musei, soprattutto l’idea che nell’immaginario collettivo se ne ha come di luoghi noiosi, e trovare vie alternative per far camminare con il naso all’insù fra statue, quadri e reperti persone che adesso da quel patrimonio si tengono alla larga.
Si pensa anche alle nuove tecnologie. Le iniziative in campo sono molteplici. Giovedì a Pompei è stata aperta la casa di Giulio Polibio, che offre la possibilità di un tour virtuale. Gli Uffizi di Firenze hanno lanciato applicazioni per i telefonini. Iniziative sparse. Il ministero ha invece in mente un piano articolato. «Da dicembre abbiamo attivato il collegamento fra i nostri siti istituzionalie facebook,twitter e youtube ”dice Christian Ghiron, che alla direzione della valorizzazione si occupa delle novità tecnologiche – e dal prossimo mese partiranno applicazioni per l’iPhone che interesseranno i primi 30 siti più visitati. Inoltre, stiamo studiando con Microsoft la possibilità di installare all’ingresso dei luoghi d’arte tavoli multimediali con funzioni touch screen, che permetteranno di acquisire, prima di iniziare la visita, tutte le informazioni relative al sito: dalla disposizione delle sale, alle opere esposte, agli itinerari suggeriti. C’è poi la realtà virtuale, a cui stiamo lavorando con Eutelsat. Entro l’estate dovrebbe, per esempio, essere possibile passeggiare, indossando appositi occhiali, per le strade di Roma antica. Un allestimento tridimensionale che sarà ospitato in uno dei musei della capitale».
Ma il luogo d’arte non deve significare solo collezioni e mostre. «Deve anche essere – aggiunge Ghiron – un luogo dove è bello incontrarsi, sostare, lavorare. Abbiamo intenzione di dotare tutti i siti di una rete wifi, che in alcune realtà già esiste. Si è, però, agito in ordine sparso. Per questo pensiamo di intervenire, oltre che per estendere la rete, anche per farlo secondo modalità comuni. Il Maxxi di Roma sarà un po’ il prototipo di questa nuova concezione».
«Le nuove tecnologie non porteranno un solo visitatore in più» - è la risposta di Salvatore Settis, direttore della Normale di Pisa ed ex presidente del consiglio superiore dei beni culturali - . Prima è necessario adottare altre strategie: allargare gli ingressi gratuiti, almeno in certi giorni o per certe fasce di età, perché i luoghi d’arte sono un diritto, come la scuola dell’obbligo. un settore dove lo Stato deve investire e non tagliare le risorse. A iniziare dal personale, perché dopo che il turnover è stato azzerato, all’interno dei beni culturali l’età media è ormai di 55 anni. Occorre rinnovare lo staff, con persone giovani, assunte sulla base del merito, e possibilmente con esperienze internazionali. Eppoi, si deve incrementare l’attività dei musei: più collezioni permanenti e meno mostre effimere. A tali condizioni, le nuove tecnologie possono funzionare. Ma il loro ruolo deve comunque essere quello di indirizzare all’originale e non di sostituirvisi».
«I giovani devono essere educati al vero e al bello e non all’immagine. Non ha idea – dice Falletti ”di come i bambini siano attirati dall’arte vera quando gliela si presenta nei dovuti modi. Come può la copia, per quanto tridimensionale, sostituire l’emozione che può dare il trovarsi al cospetto del materiale reale, per esempio del marmo lavorato del David? No, io non ci sto al virtuale come strumento propedeutico all’arte. Vogliamo buttarla sulla tecnologia? Allora andiamo subito sul reale: come le installazioni di videoarte di Bill Viola che ospiteremo a partire dalla prossima settimana».
Le parole della direttrice della galleria dell’Accademia trovano eco in quelle della responsabile del museo Asproni: «Il visitatore deve avere un rapporto diretto con l’oggetto – afferma Fadda ”, mentre con la realtà virtuale si corre il rischio di idealizzare il contesto e l’oggetto riprodotti e di fermarsi lì».
Più possibilista Maria Rosaria Valazzi, che ritiene utili le nuove tecnologie. « ormai un linguaggio generalizzato. Qui a Urbino, per esempio, abbiamo ricostruito in modalità virtuale la biblioteca del duca Federico di Montefeltro, i cui volumi si trovano nella biblioteca vaticana. In quelli che furono gli ambienti della biblioteca qui a palazzo Ducale sono state posizionate scansie virtuali su cui si trovano i codici, altrettanto virtuali. Si può prelevarli e sfogliarli. Sempre virtualmente. Un lavoro che ha dietro una solida attività scientifica. Ma questo da solo non basta. Per non correre il rischio di fermarsi all’immagine, il museo deve farsi promotore di iniziative che portino il visitatore a conoscere l’oggetto vero. Quello per cui, in fondo, il museo esiste».