Laura Galvagni, Il Sole-24 Ore 21/4/2010;, 21 aprile 2010
SEI ANNI IN APNEA DALLA CRISI SOCIETARIA AL RILANCIO DI TORINO
Hanno spiazzato tutti. Nel 2004, quando lo hanno scelto come presidente di una Fiat in affanno e improvvisamente senza timone, ieri quando hanno avviato la nuova era, quella dell’internazionalizzazione, del prossimo spin-off auto e dell’alleanza con Chrysler, offrendogli il palco per un addio pubblico. Una sorta di onore delle armi per Luca Cordero di Montezemolo che, dalla sala Berlino del Lingotto, ha annunciato, alla vigilia di un piano cruciale per il futuro di Torino, le dimissioni da presidente della Fiat. «Ho esaurito il mio compito », ha esordito il manager. Sei anni da numero uno iniziati a poche ore dalla morte di Umberto Agnelli e archiviati ora: «Ad opera completata ». Allora fu la famiglia a cercarlo, perché ricalcava l’identikit ideale per rappresentare gli interessi della dinastia rimasta orfana dei suoi leader e incapace, in quel momento, di esprimere un successore forte.Montezemolo era l’alternativa giusta, e per di più condivisa, perché, pur non facendo parte della famiglia, da sempre era una delle persone più vicine all’Avvocato e a Umberto.
«Era una cosa che non mi aspettavo, che non potevo non accettare con spirito di servizio, con amicizia nei confronti di Gianni e Umberto e con senso di responsabilità verso tutti coloro che lavorano in Fiat, verso Torino e direi anche verso il paese», disse dopo avere accettato la proposta promettendo di«continuare l’opera di Umberto e il piano di risanamento». Come condizione pose però che Sergio Marchionne accettasse la carica di a.
d. Così fu: il tandem venne composto e presto allargato a John Elkann, in qualità di vice-presidente. Una squadra capace di fare da propulsore alla rinascita Fiat. Ognuno con le proprie specificità. lo stesso Marchionne ad ammettere il ruolo da collante svolto da Montezemolo tra l’azienda e il paese: «Professionalmente non sono cresciuto in Italia e Luca ha saputo fare da tramite in modo molto generoso ». Un colloquio costante con le istituzioni che ha permesso di creare quella che è la Fiat di oggi: «Un’azienda sana e competitiva, cresciuta a tutti i livelli e in tutti i settori », ha spiegato il numero uno.
Un viaggio, quello di Montezemolo, partito nel 2004 da Balocco, dove Marchionne presentò il piano di risanamento, e che termina oggi a Torino con un plico di slides che tracciano tutt’altra realtà. Sei anni fa, quando Montezemolo rac-colse l’invito della famiglia, Fiat perdeva 1,5 miliardi di euro e produceva 1,7 milioni di vetture. Oggi ha superato abbondantemente quota 2 milioni e punta a 2,8 milioni di auto prodotte nel 2014 (più altre 2,8 milioni con marchio Chrysler). L’anno di svolta è stato senza dubbio il 2005: il tandem incassò 2 miliardi di dollari da General Motors dopo un’estenuante trattativa con gli americani, trasformò in capitale il prestito convertendo e lanciò la Grande Punto. Fu proprio in occasione della presentazione del nuovo modello che Montezemolo diede il primo segnale di fiducia ai mercati: «Stasera possiamo dirlo - dichiarò dal palco - la Fiat è tornata. Con la Grande Punto, con una produzione nella supertecnologica Melfi e nel suo cuore antico, Mirafiori ».La Fiat e il paese,una relazione che ricorre spesso nelle dichiarazioni di Montezemolo. Come nel 2007, altro anno fondamentale per il Lingotto. Questa volta è il debutto della 500 a fare da cornice: «Rappresenta il Dna della Fiat: è una macchina nata, progettata e sviluppata a Torino ». Il titolo vola soprai 20 euro dai 5 euro del 2004 e l’azienda chiude il bilancio con un utile consolidato di 2 miliardi. Il resto è storia recente, il 2008 incorpora i primi segnali della crisi generale che sta investendo i mercati e il 2009, dopo quattro anni di utile, chiude in perdita (per 800 milioni) ma getta le basi per lo sbarco in America con lo storico accordo Chrysler. Ora il tema sul tavolo è lo spin-off dell’auto e a John toccherà gestire il passaggio. D’altra parte «il mio lavoro è finito, lo dico con una certa commozione, ma domani si annunciano cinque anni diversi », ha chiosato Montezemolo, al quale resta la presidenza Ferrari, uno dei suoi più grandi amori e che guida, per la seconda volta dopo la parentesi vincente di metà anni settanta, dal 1991. E poi: «Tutto questo mi permetterà di campare meglioe di poter esprimere liberamente e pienamente le mie opinioni». Per poter dare avvio, magari, a quella sua seconda vita, in politica, che tutti gli attribuiscono ma che lui continua a negare.