MAURIZIO RICCI, la Repubblica 21/4/2010, 21 aprile 2010
IL PETROLIERE
Senza petrolio: pompe a secco e prezzi alle stelle. una prospettiva vicina, vicinissima, non più di un paio d´anni. Ed è il caso di cominciare a preoccuparsi non solo del weekend fuori città, dello stile di vita cui siamo abituati, ma anche della nostra sicurezza. Anche della pace e della guerra. Lo fa chi di pace e guerra si occupa, più di ogni altro, ogni giorno: il Pentagono. Alla incombente crisi dell´energia sono dedicate alcune allarmate pagine del «Joint Operating Environment 2010», il rapporto che il comando supremo della forze armate americane prepara ogni due anni, per delineare lo scenario in cui la superpotenza Usa si troverà ad agire nei mesi successivi.
Il messaggio è netto ed inequivocabile. Entro il 2012, potrebbe esaurirsi ogni capacità di riserva del sistema petrolifero mondiale. In altre parole, non ci sarà più greggio disponibile, nelle cisterne, da buttare sul mercato, in caso di picchi improvvisi di domanda e il prezzo diventerà incontrollabile. Ma è solo l´inizio.
Già nel 2015, secondo gli analisti del Pentagono, la differenza fra una domanda al galoppo e una produzione asfittica potrebbe aver raggiunto 10 milioni di barili al giorno.
un buco enorme: più del 10 per cento della produzione attuale. Di fatto, la quantità di greggio che, ogni giorno, pompa nel sistema globale il maggior produttore mondiale, l´Arabia saudita. come se dovessimo inventarci, da un giorno all´altro, una nuova generazione di sceicchi del petrolio.
Quello del Pentagono non è un messaggio isolato. Da mesi, si rincorrono gli allarmi di esperti, analisti, economisti sulle prospettive del petrolio. Una ricerca dell´Università di Oxford sostiene che le riserve mondiali sono sovrastimate per un terzo.
Ma anche chi non crede che il problema siano le riserve vede nero: industriali inglesi, scienziati del Kuwait, lo stesso Fatih Birol, capo economista della Iea, il braccio energetico dell´Ocse, l´organizzazione dei paesi industrializzati, e anche il ministero dell´Energia americano, vedono tutti una brutale stretta sul mercato del petrolio, fra il 2011 e il 2015. Basta guardarsi intorno: i cinesi stendono ogni anno mille chilometri di autostrade a quattro corsie. Oggi, in Cina ci sono 40 milioni di auto, contro i 250 milioni degli Usa. La domanda non può che salire vertiginosamente.
Contemporaneamente, il greggio che può arrivare dalle nuove aree di estrazione è limitato. Recita il rapporto del Pentagono: Caspio, Brasile, Colombia, acque continentali americane possono compensare il declino dei vecchi pozzi, ma offrono poca capacità aggiuntiva; idem per le sabbie bituminose; dai biocarburanti è inutile attendersi più dell´1 per cento del fabbisogno di energia.
Sono tutti diventati, dunque, sostenitori del "peak oil", la teoria per cui la produzione di petrolio ha raggiunto il suo picco e non può che declinare? In realtà, no. Le istituzioni ufficiali - e lo stesso Pentagono - ritengono che le riserve di petrolio ci siano. Quello che manca sono le piattaforme di estrazione, gli ingegneri, la capacità di raffinazione. Ma il risultato finale non cambia: anche se si ponesse mano subito a queste carenze, i risultati non si vedrebbero prima di dieci anni. Nel frattempo, il petrolio sarà sempre di meno.
Che succederà, allora? La novità è che sostenitori e avversari del "peak oil" la vedono allo stesso modo. Colin Campbell, uno dei più autorevoli sostenitori della teoria, ha recentemente pronosticato che, una volta raggiunto il picco, la produzione di petrolio non entrerà in un declino costante, ma subirà brusche oscillazioni. Ovvero, il prezzo salirà a livelli insostenibili, scatenando una recessione, che farà crollare il prezzo mentre il greggio torna abbondante sul mercato. Fino al prossimo ciclo. Uno degli uomini di Obama al ministero dell´Energia fa una previsione simile: un picco, seguito da un «plateau ondulante», dove le ondulazioni sono le oscillazioni di Campbell. Secondo lo stesso Campbell, il tetto è a 100 dollari al barile: quando la domanda fa salire il prezzo oltre questo limite, si apre la crisi.
una ipotesi che, probabilmente, potremo verificare presto. Oggi il greggio è intorno agli 85 dollari. L´Iea prevede, per il 2010, una domanda mondiale di 86 milioni di barili al giorno. L´ultima volta che si è raggiunto questo livello record (nel 2007) il greggio arrivò, in pochi mesi, a 147 dollari al barile.
Che mondo prepara questa crisi? Al Pentagono interessa poco la prospettiva di code alle pompe e di dibattiti sul miglior uso dei mezzi pubblici. Il rapporto sottolinea altre prospettive, che definisce «sinistre». «La presenza - sottolinea - di cosiddetti civili cinesi a guardia degli oleodotti in Sudan indica la preoccupazione della Cina di proteggere le sue forniture di greggio, e potrebbe segnalare un futuro in cui altri Stati intervengono in Africa a proteggere risorse scarse». Potrebbero scoppiare veri e propri conflitti, «se gli Stati dovessero sentire il bisogno di garantire militarmente risorse calanti di energia».
Ma la stessa recessione, scatenata dalla corsa del greggio, aprirebbe gravi rischi geopolitici. «Un rallentamento economico acuirebbe altre tensioni irrisolte - dice il rapporto - spingendo Stati fragili e precari ancora più giù sulla china verso il collasso e, forse, potrebbe avere un serio impatto economico anche su Cina e India». Il comando supremo Usa evoca spettri lontani: «Non si deve dimenticare che la Grande Depressione diede origine a più di un regime totalitario, che cercò la prosperità economica della sua nazione in una spietata conquista».
Il Pentagono va più in là. In ballo, secondo il rapporto, c´è la stessa supremazia tecnologica della macchina militare americana. In uno scenario di conflitti per le risorse, i grandi produttori di petrolio potrebbero essere spinti ad armarsi. Gli armamenti di precisione costeranno sempre meno e saranno sempre più facilmente reperibili: «il Comando Supremo - osserva il rapporto - potrebbe trovarsi ad operare in aree in cui anche avversari piccoli, ma ricchi di energia, dispongono di forze militari con capacità tecnologiche avanzate». Quali? «Cibernetica avanzata, robot, anche sistemi in grado di contrastare un attacco dallo spazio». Sullo sfondo, la minaccia di Al Qaeda.