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 2010  aprile 19 Lunedì calendario

2 ARTICOLI - ENELEDF, LA PRIMAVERA NUCLEARE

La primavera dell’industria del nucleare. Ci sono voluti otto mesi perché quanto scritto nella legge approvata nell’agosto scorso si trasformasse in una prospettiva concreta di business. Enel e Edf, committenti e gestori del piano di costruzione delle centrali, da tempo hanno messo sul piatto 20 miliardi in 10 anni per costruire quattro reattori di terza generazione di tipo Epr. A rendere credibile il progetto ci hanno pensato l’esito delle elezioni regionali, il perfezionamento dell’alleanza italofrancese siglata il 9 aprile scorso. E anche Enel e Finmeccanica, che ora procedono allineate.Le due aziende pubbliche italiane interessate al rilancio nucleare, Enel e Finmeccanica, apputno, lavorano ora affiancate risolvendo un equivoco che finora aveva bloccato il progetto tanto quanto l’opposizione delle regioni e i ritardi nell’istituzione dell’Agenzia per la sicurezza nucleare.
Ansaldo Nucleare, controllata da Finmeccanica attraverso Ansaldo Energia, rischiava di essere il classico granello di sabbia in grado di inceppare un meccanismo molto più grande: la società fattura circa 50 milioni di euro l’anno, ma rappresenta la quasi totalità dell’industria nucleare nazionale vent’anni dopo la chiusura del mercato interno decisa con il referendum del 1987. L’interesse primario del governo era di coinvolgerla nel piano delle nuove centrali, ma la via francese scelta dall’Enel significava accettare le tecnologia sviluppata da Areva. Ansaldo in questi anni ha invece lavorato soprattutto con il principale concorrente dei transalpini, la nippoamericana ToshibaWestinghouse su un modello alternativo all’Epr, l’Ap1000.
Il lavoro di diplomatico sull’asse RomaParigi ha portato alla sottoscrizione di memorandun of understanding tra Ansaldo e Areva per permettere alla prima di partecipare alla costruzione degli Epr (in Italia e all’estero) e al tempo stesso continuare la collaborazione con Westinghouse a patto di tenere separate le due collaborazioni. Si schiudono così per l’azienda italiana le porte "dell’isola nucleare", cioè quella sezione della centrale in cui si collocano il reattore e gli impianti di controllo e di raffreddamento del nocciolo. La complessità di questi sistemi la rendono anche la parte più costosa: circa il 50% di tutti gli investimenti si concentrano lì. Non solo, l’esperienza degli altri cantieri Epr in Francia e in Finlandia dimostrano che proprio intorno alle strutture del reattore si concentrano gli aumenti di costo durante la costruzione.
Il fatturato generato dall’atomo di Ansaldo dovrebbe più che raddoppiare nei prossimi anni e proprio come in una classica reazione a catena, Finmeccanica vuole cogliere l’occasione per quotare in Borsa l’intera Ansaldo Energia (1,6 miliardi di fatturato nel 2009). Il presidente di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini, giovedì scorso ha confermato che la sua società sta parlando con trequattro partner per trovare un socio forte preludio all’Ipo vera e propria. Il collocamento di circa il 20% del capitale è possibile entro l’anno.
Ma oltre ad Ansaldo c’è un intero comparto pronto alla rinascita: a cominciare da un’avanguardia di una trentina di aziende italiane fornitrici di Areva sui cantieri francesi e finlandesi, tra queste la Mangiarotti Nuclear, protagonista di una vicenda racchiude in nuce i paradossi del ritorno all’atomo nazionale. Passata per diversi proprietari e sopravvissuta grazie alle commesse estere, ha avviato un forte ridimensionamento alla fine del 2009 e difficilmente potrà usufruire della ripresa delle commesse quanto si apriranno i cantieri italiani (previsti tra il 2013 e il 2014).
Per allagare le fila delle aziende interessate all’atomo, Enel ha avviato un tavolo con Confindustria per velocizzare le procedure di certificazione e qualificazione. L’obiettivo dichiarato dall’Ad Fulvio Conti è di mantenere il 70% delle commesse in Italia, un’arma di pressione da utilizzare se i governi futuri si rivelassero meno "sensibili" all’argomento. Per chi non riuscirà ad entrare nell’isola nucleare c’è l’altro 50% necessario per costruire la parte convenzionale di una centrale elettrica (turbine, tubi, strutture), che assorbe circa il 30% degli investimenti, e le opere civili che valgono il restante 20%.
Senza aver nemmeno smosso un sasso, il nucleare ha già prodotto decine di posti di lavoro: Enel ha dichiarato di aver assunto un centinaio di ingegneri in vista della realizzazione del progetto, Ansaldo pianifica altre 200 assunzioni, i master avviati dalle università di Genova, dal Politecnico di Milano e da in altri atenei italiani sono un primo effetto positivo del rinascimento nucleare italiano.
Dal punto di vista finanziario, l’accoppiata EnelEdf punta alla gestione, ma anche ad allargare il più possibile la platea dei soci: i 4 Epr dovrebbero entrare in funzione dal 2020 uno 18 mesi dopo l’altro e insieme garantiscono 6000 MW di potenza. Le condizioni ai possibili nuovi entranti (produttori e grandi consumatori) sono già state chiarite: il gruppo italiano manterrà la maggioranza e nessuna quota di minoranza potrà superare quella di Edf. Edison, vista la forte presenza di Edf nel capitale, è un socio quasi scontato. Gdf Suez è prossimo alleato di Enel e Edf per la costruzione di un Epr in Francia a Penly, probabile che trovi conveniente ripetere l’esperienza in Italia.
Proprio il diverso atteggiamento delle società produttrici di elettricità dimostra come il nucleare sia passato da "questione politica" a scenario possibile. A differenza di qualche mese fa, tutti i manager del settore hanno dovuto riconsiderare il posizionamento delle proprie aziende qualora nel 2020 elettricità prodotta grazie alla fissione irrompesse davvero sul mercato.
La soluzione più semplice è acquisire una piccola quota nel consorzio EnelEdf, ma ci sono almeno due proposte alternative sul tavolo.
La prima è quella accarezzata per mesi dal ministro Claudio Scajola di una cordata alternativa che utilizzasse gli Ap1000 di Westinghouse. Il progetto si è impantanato per l’assenza di un soggetto paragonabile all’Enel per forza finanziaria e industriale. L’Eni non ha ceduto alle pressioni dell’esecutivo, mentre la tedesca E.On è ancora diffidente rispetto alla capacità dell’Italia di portare a compimento un piano così a lungo termine. L’altra, un po’ a sorpresa, l’ha fornita General Electric che ha studiato la possibilità di riattivare la centrale di Caorso, costruita negli anni ”70 con Ansaldo. L’operazione sarebbe possibile con una spesa ridotta, 2 miliardi, e in soli due anni. La società americana ha avviato una serie di contatti con il proprietario del sito, la Sogin, e con le utilities interessate. Tra queste A2a, per posizionamento geografico, dimensione e strategia potrebbe essere la capofila di un gruppo di municipalizzate in grado di sostenere questo tipo d’investimento.
La realizzabilità della piano di Ge è legata al via libera del governo che finora sembra orientato a permettere la costruzione delle sole centrali di terza generazione e vietare tecnologie più vecchie (dello stesso modello di Caorso esistono 40 reattori regolarmente funzionanti). Decisiva anche la disponibilità della popolazione del centro piacentino a riattivare la centrale.
La localizzazione rimane un problema aperto anche per i nuovi impianti, tecnicamente le regioni "utili" per la realizzazione degli Epr sono poche, le due maggiori indiziate, Lazio (Montalto di Castro) e Veneto (costa rodigina), ora sono guidate da una maggioranza di centrodestra. Entrambi i neo governatori, Renata Polverini e Luca Zaia, si sono dichiarati contrari, ma vengono considerati interlocutori "comprensivi" delle necessità del governo. I nuclearisti sottolineano come il sostegno alle centrale dichiarato in campagna elettorale dal presidente piemontese Roberto Cota, non gli ha impedito di ottenere una clamorosa vittoria.
Il prossimo passaggio decisivo ci sarà alla Corte Costituzionale per giugno, quando è attesa la prima decisione sui ricorsi che i consigli regionali hanno fatto contro la legge nazionale che riapre le porte all’atomo. Una decisione favorevole a Scajola sarebbe il definitivo semaforo verde, altrimenti il nucleare avrà vissuto una primavera felice, ma illusoria.

EPR E AP1000: TECNOLOGIE A CONFRONTO - Le centrali di terza generazione promettono di risolvere gran parte dei problemi che hanno bloccato lo sviluppo delle centrali dalla metà degli anni ”80 ad oggi. Più sicure, più efficienti, più potenti e più longeve. Le nuove centrali incorporano il concetto di "sicurezza passiva": la fissione nucleare, se lasciata incontrollata, tende a spegnersi piuttosto che far crescere la quantità di energia prodotta. Materiali avanzati e meccanismi di controllo fanno sì che un reattore possa funzionare per 60 anni (contro i 40 attuali) usando meno uranio. Il primo reattore di nuovo tipo è stato costruito dalla General Electric (Abwr) in Giappone alla fine degli anni ”90, ma i modelli di punta attuali sono quelli della francese Areva (l’Epr) e dall’americana ToshibaWestinghouse (Ap 1000). I due gruppi sono protagonisti di una guerra commerciale globale per accaparrarsi il maggior numero di commesse. Finora Epr e Ap1000 si sono divisi i mercati più ricchi: la Cina, gli Stati Uniti, l’Inghilterra. Un reattore Epr è più grande con 1600 Mw di potenza contro i 1000 Mw del concorrente Westinghouse, ma necessita di maggiori quantità di acqua e più spazio per essere costruito. Maggiore anche il costo unitario (44,5 miliardi di euro contro i 3 miliardi)
Nessuno dei due modelli ha ancora prodotto un solo Kwh, il primo Ap1000 dovrebbe entrare in funzione in Cina nel 2013, mentre i due Epr in costruzione, a Flamanville in Francia e Olkiluoto in Finlandia, stanno incontrando consistenti ritardi e aumento dei costi. La crisi economica ha portato una inversione di tendenza. I governi hanno preferito ai costosi e futuristici reattori di terza generazione progetti più economici: gli Emirati Arabi hanno affidato la loro prima centrale alla coreana Kepco, mentre Germania e Spagna hanno scelto di concedere un allungamento delle licenze agli impianti già in funzione. (l.i.)