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 2010  aprile 19 Lunedì calendario

DENTRO IL VULCANO - SONO MILLECINQUECENTO, CINQUANTA IN ERUZIONE, UNDICI QUELLI CHE FANNO PAURA: ECCO L´ULTIMO RAPPORTO SUI "CRATERI A RISCHIO"

Millecinquecento vulcani attivi nel mondo: altrettante porte dell´erebo da cui sono nati paradisi come le Hawaii e che con le loro polveri dipingono i tramonti di un rosso più intenso. Una cinquantina sono in eruzione oggi, ma solo undici sono considerati potenzialmente disastrosi, secondo una lista da poco stilata dall´università della North Carolina che tiene conto sia della potenza del vulcano che dalla presenza umana vicino al cratere.
In questo elenco, accanto al maestoso Pinatubo filippino che nel 1991 espulse tanti gas e cenere da influenzare il clima del pianeta per i due anni successivi, gli esperti hanno inserito anche il Vesuvio. L´Eyjafjallajökull è riuscito a bloccare il traffico aereo, ma viene considerato pericoloso solo in caso di eruzione simultanea del fratello maggiore situato a pochi chilometri, il Katla. La lista degli osservati speciali include poi vulcani come il Chaiten in Cile, sottoposto a vigilanza ancora più stretta dopo il terremoto di febbraio, il Krakatoa e il Merapi in Indonesia e il Mount Rainier che incombe sullo stato di Washington. Altre montagne sull´orlo di una pericolosa eruzione si trovano in Congo (Nyirangongo), Colombia (Nevada del Ruiz), Messico (Popocatepetl, capace di raggiungere la capitale) e monte Fuji (minaccioso per Tokyo).
Un rapporto dell´Agenzia spaziale europea nel 2007 ha calcolato che 500 milioni di persone nel mondo vivono troppo a ridosso di un vulcano attivo per essere considerate al sicuro. Il 90% dei 1.500 vulcani attivi è concentrato nei 40mila chilometri dell´"anello di fuoco" del Pacifico. Ma fumi e lave fuoriescono periodicamente anche da due vulcani italiani, lo Stromboli e l´Etna, monitorati dall´Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. L´eruzione più profonda è stata osservata una settimana fa 1.500 metri sotto al mare tra le Fiji e Samoa. Per ispezionare il vulcano è stato necessario costruire una telecamera capace di resistere temperature che fondono il piombo. La bocca più "fredda" invece si trova sotto alla calotta di ghiaccio in Antartide, con una superficie più estesa del Galles.
L´Eyjafjallajökull viene considerato un personaggio di secondo piano nel mondo dei vulcani anche se si è rivelato capace di eruttare 300 metri cubi e 750 tonnellate di lava al secondo, alzando in cielo una colonna di cenere che in tre giorni ha raggiunto i 140 milioni di metri cubi, superando i 10 chilometri di altitudine per poi distendersi a una quota media di 4-5mila metri, proprio sulla rotta degli aerei che uniscono Europa e Stati Uniti. E, come se non bastassero i rischi della polvere che si infila nei motori degli aerei (le particelle hanno un diametro inferiore a un millimetro e sono tanto subdole da essere invisibili a occhio nudo e coi radar), nella colonna di ceneri l´aria è così carica di elettricità da creare un fulmine spettacolare ogni quarto d´ora.
Sulle pendici dei vulcani si continua a costruire impunemente perché, a differenza dei terremoti, le montagne di fuoco mandano quasi sempre segnali di allarme prima di esplodere. Attorno ai crateri più pericolosi i geologi hanno steso una rete di monitoraggio che registra le deformazioni della terra, la fuoriuscita di gas dal sottosuolo, gli sciami di piccoli sismi e il cambiamento del corso e della portata dei corsi d´acqua.
L´eruzione inizia di solito con un lungo respiro. La terra sotto al vulcano si gonfia come se inspirasse, la crosta si tende. Dal cielo i satelliti osservano deformazioni anche di pochi centimetri che si accumulano giorno dopo giorno. Poi la montagna inizia a tremare. Come un animale incatenato che freme per liberarsi, i pendii ai lati del vulcano subiscono una serie di scosse che i sismografi registrano. Infine arriva il ringhio. Un rumore sordo che porta con sé i tormenti del profondo della terra. Per registrarli prima ancora che l´orecchio umano abbia la tentazione di fuggire sono stati inventati degli apparecchi chiamati "a infrasuono". Erano usati per controllare gli esperimenti atomici nelle aree remote del globo. Ora sono lo "stetoscopio" appoggiato sul petto del vulcano.
I "medici" all´ascolto dei fenomeni precursori delle eruzioni in questo momento sono preoccupati. Non tanto per l´Eyjafjallajökull, la cui attività sembra ormai stabile. A ringhiare, ansimare e scuotersi ora è piuttosto il suo fratello maggiore, quel Katla situato una ventina di chilometri più a est, che è cinque volte più grande, cento volte più potente e può arrivare a eruttare un miliardo di metri cubi di lava al secondo. Ogni giorno sui suoi fianchi i sismografi registrano una media di 3mila piccoli sismi, con una magnitudo che arriva ai 3,1 gradi della scala Richter. A gennaio le scosse quotidiane erano solo una o due al giorno. Attorno ai due vulcani islandesi viene anche registrato un continuo cambiamento del corso dei fiumi. stata proprio una variazione della loro portata (l´aumento ha raggiunto in alcuni punti i tre metri) alla vigilia dell´eruzione dell´Eyjafjallajökull a convincere le autorità islandesi a evacuare i mille abitanti che vivevano vicini alle pendici. La fenditura nel terreno del vulcano minore da cui fuoriescono magma e ceneri si sta estendendo proprio nella direzione del Katla. La ferita, lunga 800 metri il 20 marzo, oggi ha quasi raggiunto i due chilometri. «La storia dimostra - scrive il rapporto della Global Alliance for Disaster Reduction dell´università del North Carolina in cui è stata stilata la classifica dei vulcani più pericolosi del mondo - che raramente l´Eyjafjallajökul si muove senza attivare anche il Katla». Il vulcano maggiore, secondo gli esperti statunitensi, è tanto gonfio di lava da poter saturare l´atmosfera con la sua cenere di silicio. In caso di eruzione prolungata ci si attende - oltre al ben noto blocco dei voli - anche un fenomeno chiamato "inverno vulcanico": la nube di cenere respinge i raggi solari in quota impedendogli di raggiungere la terra. E i precedenti invitano a stare all´erta: sia nel 1821 che nel 1612 le eruzioni dell´Eyjafjallajökull furono seguite in tempi brevi anche dal risveglio del Katla.
L´attivazione contemporanea dei vulcani islandesi non sembra dovuta al caso. Lo scioglimento dei ghiacciai avrebbe alleggerito la pressione che gravava sull´isola di fuoco, dando il via libera al magma in risalita. La tesi è stata avanzata da Freysteinn Sigmundsson, vulcanologo dell´università dell´Islanda, sulla rivista Geophysical Research Letters. «Per i prossimi anni - spiega il geologo - ci aspettiamo in Islanda eruzioni più frequenti e potenti. Il riscaldamento del pianeta fa sciogliere i ghiacci. Questo fenomeno ha conseguenze anche sui movimenti del magma nel sottosuolo». La fine dell´era glaciale avvenuta 10 mila anni fa coincise in effetti con un´intensificazione dell´attività vulcanica nell´isola di ghiaccio e di fuoco. La causa considerata come più probabile è proprio l´assottigliamento dello strato di ghiaccio in superficie e il rigonfiamento del magma sottostante.
Se ci si aspetta poi un effetto raffreddante dalle eruzioni (come avvenne per il Pinatubo che abbassò la temperatura media del pianeta di mezzo grado) non è all´Eyjafjallajökull che bisogna guardare. Il vulcano filippino raggiunse il grado sei in una scala che arriva fino a otto e misura "l´indice di esplosività vulcanica". L´eruzione islandese non si avvicina neanche a questa scala di violenza e oltre alla chiusura degli aeroporti dall´Eyjafjallajökull non ci si attendono conseguenze. L´iniezione di gas e polveri varie nella stratosfera è considerata da alcuni una (più immaginifica che reale) soluzione per frenare il riscaldamento globale. La coltre di particelle formerebbe infatti uno schermo in grado di far rimbalzare i raggi solari. «Ma non aspettiamoci nulla del genere dall´Eyjafjallajökull. Il livello dell´eruzione è troppo basso per avere effetti sul clima» ha spiegato Olav Hygen dell´Istituto meteorologico norvegese. Al massimo, nei prossimi 12-14 mesi, il nord Europa può aspettarsi tramonti di colore di un rosso intenso come non si era mai visto.