Marco Belpoliti, La Stampa 19/4/2010, pagina 29, 19 aprile 2010
IL MENDICANTE AL TEMPO DEL WEB
Da qualche tempo sui treni i mendicanti non invocano più l’obolo della carità con la voce. Passano invece rapidi e veloci, appoggiano, senza guardarti, sul tavolino aperto, sulle ginocchia, o sul sedile di fronte, un bigliettino su cui sono scritte le condizioni d’indigenza del questuante, della sua famiglia, il numero di figli o le operazioni chirurgiche. La forza di persuasione dell’accattone è sempre stata affidata all’espressione e al suono: alla capacità di guardarti dritto negli occhi senza mai abbassarli, e alla modulazione della voce, una cantilena, quasi una nenia ipnotica, che induceva il viaggiatore a estrarre dalla tasca gli spiccioli per tacitare il proprio senso di colpa latente o per allontanare l’indigente petulante.
La prima volta che ho ricevuto un biglietto, al posto della richiesta orale, è stato su un Pendolino, progenitore dell’Eurostar, e dell’attuale Frecciarossa; a porgere il foglietto stampigliato era un sordomuto - o presunto tale -, che univa alla richiesta in fotocopia anche un oggettino, per cui chiedeva un obolo: offerta libera. Si trattava di una trasmigrazione dai locali notturni - ristoranti, birrerie, bistrot -, dove il muto con foglio era già apparso un paio di decenni prima, alla ferrovia. Poi la tecnica del biglietto scritto si è estesa ai nuovi mendicanti, provenienti sovente dai paesi dell’Est - la parola «mendicante» in origine significava: «Coloro che hanno un difetto fisico», poi «infermo» e quindi, per traslazione, «povero». Era dettata dal gap linguistico; non conoscevano la lingua e si facevano scrivere i biglietti da altri. Ora, il mendico, spesso privo di qualsiasi menda fisica, porge solo il biglietto con fare professionale, come se fosse un volantino della pubblicità, e se ne va nello scompartimento seguente. Quando ritorna, ritira il foglio e porge la mano per raccogliere l’offerta, quasi senza guardarti.
Se quello del pitocco è sempre stato un vero e proprio mestiere, come documenta Piero Camporesi nel suo classico «Il libro dei vagabondi» (Garzanti), nell’epoca del ritorno della scrittura, per via di Internet e del web, il questuante si adegua. Il foglietto è come un messaggio lasciato su Messanger o Twitters. Anche la mendicità evolve e comunica.