Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  aprile 17 Sabato calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 12 - IL CONTE REPUBBLICANO

Questa Giustiniani aveva anche dei figli?
Due figli. E un terzo le morì bambino. La Giustiniani era un guaio da tutti i punti di vista. Era un’estremista repubblicana.
Lei ha detto che l’intera Genova era repubblicana.
Una cosa è rimpiangere la vecchia repubblica marinara, un’altra stare con Mazzini. Genova era repubblicana e conservatrice.
Mazzini era già all’opera?
Lo avrebbero arrestato in novembre e mandato in esilio a marzo.
Mazzini era genovese?
Sì. E in quel momento stava a Genova. Ma escludo che abbia incontrato Cavour. Non si incontrarono in effetti mai.
E Nina?
Non ci sono arrivate le lettere che Cavour e la Giustiniani si scrissero nel biennio 1830-1831, perché la madre di lei, scoperta la tresca, pretese che fossero distrutte. Più tardi, Nina fu mazziniana fervente. Ma quell’anno era forse presto, Mazzini non era ancora così famoso. Era repubblicana come tanti di noi sono stati socialisti o comunisti da giovani, con l’idea generica di un mondo più giusto, di star dalla parte dei deboli. Chiese a Cavour perché non si facesse carbonaro.
Cavour che rispose?
«Se ho giurato per il re, non posso giurare per la Carboneria».
Non c’erano ufficiali carbonari?
Nel ”21 ce n’erano stati parecchi. Da allora il governo aveva messo una certa cura nei reclutamenti, in modo da «mantenere nelle truppe i buoni sentimenti che si trovano nelle campagne più facilmente che nelle città» (così in una relazione ufficiale, citata dal Romeo). Mazzini riuscirà a infiltrarsi lo stesso tra i militari, specie nell’ufficialità bassa. Cavour, invece, si chiedeva se la Carboneria avesse senso. « servita in passato? In questo star clandestini c’è qualcosa che mi ripugna». Però, quando cadde Carlo X, non esitò a gridare «Viva la Repubblica!».
Chi è Carlo X?
Il re di Francia. Re dal 1824. Aveva provato a limitare il diritto di voto e a metter la censura, i giornali gli diedero addosso, botteghe e officine chiusero per protesta, i parigini scesero in piazza e in tre giorni lo mandarono via. I giornalisti, capeggiati da Thiers, si sbrigarono a mettere in trono Luigi Filippo, prima che il popolo proclamasse la repubblica. 27-28-29 luglio 1830, «les trois glorieuses». Si chiama infatti «monarchia di luglio».
In che modo questo pezzo di storia di Francia ci riguarda?
Parigi era la bussola di tutto il movimento nazionale. Un re per diritto divino a Parigi alla fine si sarebbe alleato con l’Austria. Invece un «re dei francesi»... Luigi Filippo, si proclamò subito «re dei francesi», cioè ammise che il potere gli veniva dal popolo e non da Dio. Il suo primo ministro, il banchiere Laffitte, annunciò che «la France» non avrebbe ammesso azioni degli stati reazionari contro i patrioti.
Lo dice come se fosse una bugia...
Era una bugia. Gli italiani dell’Italia centrale ci credettero e tentarono parecchi colpi di mano. Ne uscirono massacrati. Gli austriaci intervennero, i francesi fecero finta di non vedere, un mucchio di poveracci finì sulla forca e, tra questi, Ciro Menotti. Il banchiere Laffitte aveva parlato tanto per parlare, sull’entusiasmo della presa di potere. Fu tra l’altro rimosso quasi subito.
Quindi Cavour aveva sbagliato a gridare «Viva la Repubblica»?
Casa Cavour era piena di zii assolutisti, e sulle svolte a destra di Carlo X Cavour aveva fatto, con questi zii, litigate furiose. L’entusiasmo del primo giorno va capito. Il conte stava a pranzo dal banchiere Inkerman, seppe la cosa, bussò alle case dei banchieri che conosceva per farsi confermare che era tutto vero, poi corse alla Porta dell’Arco a far baldoria con Cassio. I due saltavano sul letto tenendosi per mano e gridando questo «Viva la Repubblica». Furono sentiti. Uno sbaglio in tutti i sensi.
Lo punirono?
Cassio fu mandato a Fenestrelle, la terribile fortezza prigione che stava in cima alle Alpi. Il re voleva sbattere in galera anche Camillo. Il padre marchese ottenne che ci si accontentasse di un esilio. Lo spedirono a Bard, in Val d’Aosta, altro posto a quel tempo sperduto. C’era da sistemare il forte, ma da Torino non avevano mandato i soldi e la guarnigione se ne stava con le mani in mano. Cavour, per far pratica d’inglese, teneva una corrispondenza con William Brockedon, un pittore del Devonshire che passeggiava tra le valli per dipingere paesaggi e trovare il punto in cui Annibale aveva passato le Alpi. Gli scrisse: «Infelice Italia! Sempre piegata sotto il medesimo sistema d’oppressione civile e religiosa! Dite ai vostri compatrioti che noi non siamo indegni della libertà, che se anche da noi c’è marciume, pure vi sono persone degne dei sacrifici della ragione…».
Poteva Cavour, dopo tutto questo, continuare a fare l’ufficiale di Sua Maestà?
No, non poteva.