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 2010  aprile 17 Sabato calendario

SE E’ DANTE LA SORGENTE DELLA LINGUA

Nel 1960, non a caso vigilia del primo centenario dell’Unità d’Italia, uscì la Storia della lingua italiana di Bruno Migliorini presso la casa editrice Sansoni. Uno dei libri destinati a diventare parte integrante della formazione universitaria degli studenti delle facoltà umanistiche e del bagaglio culturale dei curiosi di storia linguistica patria.
Nel 1988 Ghino Ghinassi, allievo di Migliorini, scrisse un’introduzione alla ristampa della Storia in cui sottolineava la gigantesca opera di documentazione e ricerca svolta da Migliorini, ma gli rimproverava il teleologismo di matrice risorgimentale, che lo portava a leggere il passato della lingua italiana «a una sola arcata», a presupporre che «la coscienza nazionale italiana sia nata già al tempo di Dante, anzi sia stata creata da Dante stesso».
Ghinassi, come altri prima di lui, notava anche l’artificialità della periodizzazione per secoli. Quest’ultima non è stata ancora unanimemente sostituita da altre scansioni e in compenso, insieme alla nitida suddivisione in Grafia, Suoni, Costrutti, Consistenza del lessico, ecc. presente nella Storia di Migliorini in ogni secolo dal Duecento in poi, ha aiutato schiere di studenti a memorizzare gli intricati sviluppi della nostra storia linguistica. Del resto già tre anni dopo, nel 1963, Tullio De Mauro pubblicava la sua Storia linguistica dell’Italia unita, opera con tutt’altro impianto e con un ruolo in un certo senso complementare alla Storia di Migliorini.
Tradotta anche in altre lingue la Storia di Migliorini ebbe vastissima diffusione. Le ragioni di tanto successo vanno ricercate, oltre che nell’interesse dell’argomento, anche nella figura dell’autore. Migliorini aveva dimensione europea rara nei linguisti della sua generazione, fu il primo a ricoprire nel 1938 una cattedra di Storia della lingua italiana (non che prima la materia non fosse studiata e insegnata, era anzi immanente nella storia culturale del nostro paese, ma sotto altre etichette disciplinari), fu presidente dell’Accademia della Crusca dal 1949 al 1963, ma non disdegnava di prendere posizione sui giornali in merito a questioni linguistiche a lui contemporanee. Di tali articoli è fatto Profili di parole (Le Monnier, 1968). Migliorini mostrava interesse per i fatti di cultura popolare e rifiutava un’analisi che fosse solo di linguistica interna. Fin dall’opera giovanile Dal nome proprio al nome comune (Olschki 1927, poi ristampata nel 1968), che si legge ancora con dilettoso profitto, mostrò il suo anticonformismo, in un’epoca in cui «l’idea stessa di nome comune era vitanda», come ebbe a dire Dionisotti, recensendo la Storia.
Luca Serianni - nel suo intervento nel volume Bruno Migliorini, l’uomo e il linguista dato alle stampe dall’Accademia dei Concordi di Rovigo, città natale di Migliorini - sottolinea che la sua eredità scientifica regge l’usura del tempo grazie proprio alla vocazione per la ricerca concreta, fondata su indagini minuziose di prima mano, quello che Migliorini scherzosamente e modestamente chiamava «piluccare», ma che si poggiava su una solida base teorica.
Francesco Sabatini, nello stesso volume, definisce Bruno Migliorini un «padre della patria» . Merita tale appellativo non solo per i suoi studi accademici, ma perché si è occupato attivamente anche del futuro dell’italiano. Dalla scuola per la quale si è impegnato con dizionari e manuali, alla linguistica italiana dell’italiano contemporaneo da lui inaugurata attraverso la rivista Lingua nostra, fondata con Giacomo Devoto nel 1939, e diretta fino alla morte, all’impresa dell’«Opera del Vocabolario Italiano» di cui varò il progetto con Giovanni Nencioni e Carlo Alberto Mastrelli.
E in quest’epoca di italiano trasmesso non va dimenticato l’impegno di Migliorini con Tagliavini e Fiorelli per il DOP, il Dizionario d’ortografia e di pronunzia, che ogni giornalista della Rai aveva sulla scrivania a partire dal 1969 e che adesso si può consultare e ascoltare in rete nel sito (http://www.dizionario.rai.it/ricerca.aspx) . Anzi, chi voglia conoscere la voce di Migliorini può sentire la sua presentazione del DOP registrata.
Questo suo intervenire attivamente è stato da Migliorini stesso chiamato (1935) neopurismo e definito poi un po’ più tardi (1940), per evitare fraintendimenti, come segue: «Neopurismo. Tendenza ad escludere dalla lingua quelle voci straniere e quei neologismi che siano in contrasto con la struttura della lingua, favorendo, invece, i neologismi necessari e ben foggiati: si tratta di un tentativo di applicazione degli insegnamenti della linguistica a un moderato purismo».
Un atteggiamento che oggi molti linguisti sottoscrivono davanti a un dilagare eccessivo e gratuito di anglismi. A proposito di inglese, la militanza esperantista di Migliorini è un altro tassello della sua modernità: il suo manuale di esperanto del 1922 è consultabile in rete in un’edizione riveduta del 1995 http://iej.esperanto.it/kirek/manlibro-migliorini.pdf