Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  aprile 18 Domenica calendario

QUANTI PENSIERI NELLA MIA MATITA

Una delle più grandi qualità della striscia è la sua flessibilità: peccato che, oggi, sulla pagina dei fumetti non si veda più. Quando la gente parla di dare contenuto alla striscia, la valenza è sempre politica. Spesso si riferisce anche a temi come la delinquenza, che svolge un ruolo molto marginale nella vita di gran parte della gente. curioso che con un mezzo dalla versatilità così straordinaria, gli autori non abbiano approfondito aspetti più essenziali della vita come l’amore, l’amicizia e le difficoltà quotidiane del vivere e del relazionarsi con gli altri. Il fumetto usa un linguaggio semplice, si sa, e questo è del tutto comprensibile considerato l’esiguo spazio nel quale è confinato. Anni fa, le strisce giornaliere occupavano otto colonne del giornale e la domenica c’era una pagina dedicata sulla quale lavorare. Mano a mano che lo spazio della striscia è stato tagliato, per risparmiare carta o altre difficoltà del genere, il dialogo si è assottigliato e le conversazioni vere sono quasi del tutto scomparse.
La mancanza di spazio tuttavia non è l’unica ragione.
Credo che ve ne sia una più importante ed è semplicemente la mancanza di voglia e di immaginazione. La conversazione è uno degli aspetti più gradevoli dell’esistenza. Parlare con un nuovo amico, scoprire idee nuove e imparare dagli altri, può essere una delle grandi esperienze della vita. I bravi scrittori lo sanno e ne fanno buon uso, con altri mezzi.
Negli ultimi anni ho cercato di introdurlo nelle strisce dei «Peanuts» perché sento che quest’aspetto non è stato ancora affrontato. Nella mia tavola domenicale del 21 giugno 1970, Charlie Brown e Linus parlano di un episodio che il padre di Charlie Brown ha raccontato al figlio. L’intera tavola si regge sullo scambio fra i due bambini, nient’altro. Eppure, con la pazienza del lettore, si può imparare qualcosa su come le persone si relazionano, si divertono insieme, si amano e sono attente ai sentimenti dell’altro.
A tutti piacciono i ricordie le rievocazioni di eventi importanti, ma non è semplice illustrarli e trasporli in un mezzo così peculiare qual è la striscia. Fare vignette di satira sui vari leader politici e affermazioni sulla dolorosa precarietà della vita quotidiana è piuttosto facile. Molto più difficile, invece, è parlaredi un tema come l’amore in modo positivo, e disegnare le persone che cercano di capire i propri sentimenti e fare uno sforzo per tradurli a parole.
Nella tavola domenicale del 13 giugno 1971, Piperita Patty chiede a Charlie Brown che cos’è l’amore. La sua risposta è molto acuta e si ispira a qualcosa che gli era stata detta dal padre. Stabilisce un altro insieme di relazioni. questo variegato insieme di relazioni all’interno della condizione umana che mi interessa.
Il bambino e la bambina parlano di un argomento molto più grande di loro, e il bambino in un certo senso capisce che il padre gli ha detto qualcosa di molto profondo, e gli altri bambini del quartiere, con i loro desideri e sentimenti, vanno tutti a comporre un’interessante gamma di misteri da scoprire. Ma tutto questo richiede una certa ponderatezza, per forza. Troppo spesso noi fumettisti siamo disposti ad accontentarci della gag facile pur di stare nei tempi di consegna. Le scadenze delle agenzie sono un vero e proprio capestro e lasciare che governino il nostro lavoro è una tentazione fortissima. Sono convinto, tuttavia, che sia venuto il momento di sforare un po’ quelle scadenze e di riflettere due, tre, anche quattro volte sullo stesso argomento per dire qualcosa di più significativo. Ogni volta che cerchiamo di dire qualcosa di nuovo e di relativamente importante in una striscia, ci imbattiamo in un’altra difficoltà.
La natura stessa del nostro mestiere ci distingue da altri artisti quali i romanzieri, i pittori e i compositori di musica classica. Il nostro è un prodotto commerciale e come tale deve essere venduto ai direttori dei giornali che intendono usarlo per smerciare la loro testata. Per prima cosa il prodotto viene presentato ai diversi quotidiani da una figura che è forse la più negletta di tutte, ovvero il rappresentante dell’agenzia. E quando sperimento qualcosa di nuovo nel mio lavoro, o cerco un modo nuovo di dire qualcosa, penso sempre a quel rappresentante che magari ha lavorato diversi anni per vendere la mia striscia in una certa zona, e all’ansia che deve provare quando si chiede se sarò all’altezza di quanto ha promesso al cliente. Provo un gran senso di responsabilità nei confronti di quel rappresentante, e provo un senso di responsabilità simile nei confronti del direttore del giornale che ha acquistato la mia striscia e la pubblicherà. Lo spazio che mi viene assegnato non è mio in senso stretto e, proprio per questa ragione, devo usarlo con cautela; ma penso che con uno sforzo comune la striscia possa dire molto di più di quanto non abbia probabilmente detto in passato. Credo che ci siano cose delicate delle quali parlare, ed emozioni che possono essere affrontate, e delle quali si può ridere e piangere, e penso che possiamo riuscirci se lo vogliamo veramente. Spesso, nel ricordare alcune meraviglie uscite dalla matita dei pionieri del nostro campo, guardo ai vecchi tempi con grande invidia, e penso che noi non saremo mai bravi quanto loro. Ma so anche che negli ultimi anni sono arrivate persone nuove che possono ridare slancio alla nostra professione. Forse soffriamo di non aver avuto lo stesso tipo di critica scritta dei drammaturghi e dei romanzieri. Essere fatto a pezzi dalla critica non piace a nessuno, per carità, ma con un occhio puntato su di noi, chissà, magari faremmo tutti un lavoro migliore. Sono sempre andato fiero del mezzo fumettistico che ritengo appagante per chi possiede quella straordinaria alchimia fral’averesia talento che qualcosa da dire. E non è affatto limitante. Pur lavorando con una censura maggiore rispetto a qualsiasi altra forma di intrattenimento, disponiamo ancora di una meravigliosa tribuna dalla quale esprimere le nostre idee.