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 2010  aprile 18 Domenica calendario

«L’ECCELLENZA PORTA ALLA ROVINA» - «I

club di calcio inglesi sono sempre stati indebitati, come quelli di mezza Europa. Le ragioni vanno ricercate nel meccanismo di promozione e retrocessione». Ovvero più una competizione sportiva è eccitante, più lievitano i costi, sospingendo le società, se si sostituisce il ragionamento con un paradosso, verso la bancarotta. Stefan Szymanski docente e direttore del programma Mba alla Cass Business School di Londra, specialista di economia dello sport e autore numerosi volumi sui bilanci del calcio, si ferma un passo prima di infilarsi in un iperbole concettuale che non è troppo lontana dal suo ragionare.
L’eccellenza porta alla rovina?
Le notizie che si rincorrono in questi giorni sulle difficoltà finanziarie dei club e i probabili cambiamenti di azionariato hanno origine lì. Il meccanismo promozione retrocessione costringe ad andare oltre i propri mezzi, ad alzare continuamente l’asticella perché se scivoli di categoria rischi danari, ma per restare a galla devi investire. La spinta è dal basso e la pressione è sulla fascia media, che, infine, incalza i migliori.
Che però aspirano alla Champions League, non temono la serie B o la Coca Cola League come si chiama in Gran Bretagna?
In realtà la Champions ha aggravato questo fenomeno. Esserne fuori ha ormai il sapore di una retrocessione. Credo che in Gran Bretagna sia peggio perché la competizione al vertice è più intensa, più aperta che nel resto d’Europa. Ma i bilanci in Italia e Spagna, Olanda e Portogallo non sono floridi. In America, e penso al football americano, è un’altra cosa.
Eppure in questi giorni si assiste al possibile disimpegno di azionisti americani. Penso a George Gillett e Tom Hicks che cercano un compratore per il Liverpool o alla famiglia Glazer del Manchester United e infine anche l’incerto destino dell’Arsenal dove l’americano Stan Kroenke, potrebbe abbandonare e dar retta ai sussurri?
Sono casi in qualche misura diversi l’uno dall’altro. Gli americani sono venuti in Inghilterra nella speranza di trovare uno sport che avesse su scala globale una dinamica analoga a quella dell’Nfl in Usa. La Football league è una macchina da soldi senza uguali e lo è anche perché non c’è rischio promozione o retrocessione. Quando i Glazer e Tom Hicks e George Gillet sono sbarcati in Gran Bretagna erano consapevoli delle differenze, ma probabilmente speravano di potere cambiare le norme e, forse, in cuore loro a questo mirano ancora per rendere profittevole un gioco globale. Il fascino e l’opportunità garantita dalla Premierleague è nel fatturato largamente superiore a quello delle altre competizioni (2441 milioni di euro contro 1421 della Serie A) generato oltretutto sempre più fuori dai confini nazionali. Ormai i diritti garantiti dalle tivù estere per la Premierleague inglese sono vicini a quelli raccolti nel Regno Unito.
Questo significa che i tycoon dello sport Usa sbarcati in Gran Bretagna hanno fatto male i conti?
A Liverpool il problema è lo stadio. Hicks e Gillett hanno trascurato l’opportunità di allargare un impianto che ha 40 mila posti e dovrebbe averne il 50% in più. Manchester United e soprattutto Arsenal sullo stadio hanno già puntato. Quello del Liverpool è un problema finanziario e gli investitori Usa se venderanno rischiano di uscire in pareggio. Forse. A Manchester è una vicenda politica, non finanziaria.
 un club sommerso di debiti?
Ha un valore da 1,3 miliardi di sterline e un indebitamento di circa 700 milioni, hanno cash flow per circa 150-200 milioni. Possono mantenersi. Il problema è che non ci crede nessuno, non i tifosi convinti che sia inevitabile la vendita dei giocatori migliori. Se i Cavalieri Rossi (il gruppo di investitori guidati da Jim O’Neill chief economist di Goldman Sachs che stanno studiando un’offerta) dovessero prendere il club l’indebitamento non cambierebbe molto. L’Arsenal è una vicenda diversa, uno scontro per il potere fra i soci, non c’è un grave disagio finanziario. Resta da vedere quali saranno le scelte di Stan Kroenke e dove finirà la quota che Nina Breceweel Smith ha messo sul mercato.
C’è chi immagina un modello spagnolo per il calcio inglese?
Sarebbe catastrofico. Barcellona e Real Madrid hanno una valenza quasi politica. Il Barça è la Catalogna, il Real simbolizza la Castilla. L’obiettivo del club di creare utile, come accade nel calcio inglese, verrebbe congelato. Nessuno oserebbe più alzare il prezzo dei biglietti o rivedere la politica sul merchandise per ragioni diverse da quelle di conto economico. Per la Premierleague significherebbe un salto indietro, andrebbe lungo la via tedesca. Che non è certo un successo. Un paese di 80 milioni di abitanti con la passione per il pallone offre performance molto scarse. Il motivo è il potere di veto nella politica di bilancio della tifoseria azionista che frena su prezzi e tariffe. Se questa è la via che si prospetta per il Manchester United i nuovi compratori non andranno molto in là. Non è un approccio che si adatta al calcio inglese come lo conosciamo ora.