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 2010  aprile 18 Domenica calendario

IL LIBERISMO NON DEVE ESSERE UN FAR WEST

Che scherzi fa la cronaca. Nelle sale cinematografiche torna Gordon Gekko, lo squalo di Wall Street. Il finanziere che ammoniva i suoi collaboratori: ”Se vuoi un amico comprati un cane”. Torna dopo ventitre anni, con la faccia invecchiata e segnata dagli anni di Michael Douglas. Torna mentre un altro erede di Gordon Gekko sta per irrompere fra gli orrori della cronaca finanziaria mondiale. Si chiama Fabrice Tourre, ”Fabulous Fab” come firmava le sue mail. ’ uno dei vicepresidenti di Goldman Sachs, la più ricca e blasonata banca d’affari di Wall Street. Ora è accusato di truffa e, a causa dei suoi imbrogli, rischia di mettere nei guai l’intera banca. Ma soprattutto, sta nuovamente facendo balenare nei mercati mondiali, il terrore del Grande Crac. L’ultimo terremoto che ridurrà in polvere il sistema finanziario mondiale. Il ragionamento dei mercati è molto semplice: dove andremo a finire se imbroglia anche una istituzione finanziaria come Goldman Sachs che nello statuto ha impresso solennemente queste parole: ”L’integrità e l’onestà sono il cuore del nostro business”? Chi mai si potrà più fidare negli affari della finanza se anche Goldman Sachs trucca le carte? E senza la fiducia i mercati si paralizzano come abbiamo visto nell’autunno 2008 dopo il crollo di Lehman.
Ecco perché adesso è in corso il tentativo di circoscrivere le responsabilità sulla testa di ”Fabulous Fab”. Avrebbe sbagliato in solitudine. D’altronde il copione è sempre lo stesso e Fabrice Tourre è un perfetto protagonista. Ha solo 31 anni ed è rampante, ambizioso e senza scrupoli. Un film già visto. Come quello di Gordon Gekko. Perché aveva 28 anni Nick Leeson, il trader che fece saltare la Barings, banca che gestiva un pezzo del patrimonio della Regina Elisabetta. Appena 31 anni Jerome Kerviel, l’operatore che ha messo in ginocchio un gigante come Société Generale. Per non parlare di Michel Milken, l’inventore dei ”junk bond”, le obbligazioni spazzatura cui pensava già all’università tanto da organizzare le prime riffe con i compagni di corso.
Che tempismo profetico quello di Oliver Stone, il regista che ha inventano Gordon Gekko. Il film è del 1987 e quando scese la sera sul 19 ottobre il Dow Jones aveva perso 500 punti, un crollo del 22,61 per cento segnando la fine dell’era dell’edonismo reaganiano. Che cosa accadrà la prossima settimana quando la seconda puntata andrà sugli schermi? Perché purtroppo il sistema finanziario americano non sembra aver imparato molto in questi ventitre anni tanto da rendere sempre attuale l’immoralità di Gordon Gekko. Per molti versi la situazione è anche peggiorata. L’arcigno Paul Volker, presidente della Fed è stato sostituito da Alan Greenspan che ha piantato i germi della crisi e da Ben Bernanke che fatica a trovare una via d’uscita. Questo non è autentico liberismo. Casomai è assenza di regole. Forse va ripensato un modello che consente di fare tutto fino a quando non si scopre che hai imbrogliato. Anche di vendere, impacchettato e lustrato, sui mercati mondiali il mutuo contratto da un poveraccio del Bronx che non avrà mai la possibilità di ripagarlo. Forse è il caso di rivalutare il sistema europeo in generale e italiano in particolare che mette sulle banche dei vincoli piuttosto stringenti. Forse sarà meno liberale del sistema americano. Forse sarà troppo vincolante. Però in questo modo le banche italiane sono passate abbastanza indenni dalla crisi. Questo ha consentito di rivalutare il ruolo delle banche del territorio e gli istituti come le popolari e le Bcc che il modello non l’hanno mai abbandonato. Che non amano la finanza, fors’anche perché la capiscono poco, ma i soldi alle imprese, tendenzialmente, non li hanno mai fatti mancare. Perché la crisi che viene dall’America ci insegna che gli affari sono solo di carta. Ma i danni sono reali perché cadono sull’economia reale. questo il paradosso. come fare debiti con l’avatar e accorgersi che il fallimento è in carne e ossa. Ecco l’inghippo. Non è colpa del capitalismo.