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 2010  aprile 18 Domenica calendario

2 articoli L’ALTRO CHE 1 - Ho detto chissà quante volte in conversazioni con amici, giornalisti, editori, che le tre figure rivoluzionarie dell´America Latina che più mi affascinavano erano Pancho Villa, Che Guevara e Tony Guiteras

2 articoli L’ALTRO CHE 1 - Ho detto chissà quante volte in conversazioni con amici, giornalisti, editori, che le tre figure rivoluzionarie dell´America Latina che più mi affascinavano erano Pancho Villa, Che Guevara e Tony Guiteras. Quasi sempre mi sono sentito chiedere «Tony chi?». E ogni volta cresceva la mia volontà di scrivere questo libro. Purtroppo, al di fuori di Cuba, trattato unicamente dalla storiografia nazionale che si occupa della rivoluzione e dell´esilio, Tony rimane uno sconosciuto. Ma un personaggio simile, in un continente come il nostro, che lotta per recuperare la propria memoria storica, non merita questo destino. * * * Lo spagnolo è una lingua perversa che usa parole come gracia per riferirsi indistintamente a uno stato di santità o a uno scherzo; e parole come materialista per parlare di un autocarro da trasporto merci o di un seguace di Friedrich Engels. Il termine guapo a Cuba significa audace, come del resto in Venezuela. Mentre in Spagna e in Messico (meno e ormai in disuso) si riferisce alla bellezza maschile. Nella zona costiera della Colombia è sinonimo di buono, benevolo, bonaccione. In Argentina rispetto alla versione cubana si aggiunge la valenza di forte, resistente; e in posti come Salta, ponerse guapo significa riprendersi da una malattia. Ma usato per definire Tony Guiteras guapo recupera tutte queste accezioni. * * * Alla fine degli anni Venti, si instaurò a Cuba una dittatura capeggiata da Gerardo Machado. La tardiva indipendenza cubana (fu l´ultima dell´America Latina) e l´intervento nordamericano avevano imposto al Paese un´immensa dipendenza dai gringos, espressa dall´Emendamento Platt che permetteva l´ingerenza statunitense nella vita pubblica del Paese fino a prevedere invasioni militari. Machado rinforzò sempre più questa relazione, unita a una potente dose di corruzione. Nel 1927 si sarebbe dichiarato ammiratore di Mussolini («L´opera di Benito Mussolini è di eccezionale importanza. Guida l´Italia sul cammino del progresso in ogni campo») e avrebbe sostenuto: «Gli unici a lamentarsi della situazione sono i biscazzieri e i vagabondi». Curiosa interpretazione della realtà cubana, perché a Cuba i giocatori d´azzardo non si lamentavano di nulla, vivevano come al solito in quella combinazione di paradiso e inferno in cui sono soliti vivere. Comunque, una manifestazione di disoccupati avrebbe innalzato questo striscione: «Generale, i biscazzieri e i vagabondi ti salutano». Fu un movimento studentesco, nel quale apparvero per la prima volta le donne, ad affrontarlo. Per cinque anni, prima nelle strade e poi rispondendo alla violenza crescente della polizia con la violenza. Anni terribili. Nel 1933 uno sciopero generale dei lavoratori lo rovesciò. L´ambasciatore americano cercò di sostituire Machado con una figura fantoccio, ma il movimento prese la forma di un´insurrezione dei sottufficiali e portò al potere un medico e docente universitario, Grau San Martín, e come segretario al Governo uno studente della sinistra radicale, Tony Guiteras. Per cento giorni il Paese visse la rivoluzione. Ci fu poi un contro golpe e due anni di una nuova dittatura filostatunitense che uno sciopero generale nel 1935 tentò di rovesciare. * * * In questo contesto, questa sarà la storia di molti personaggi straordinari. Tony Guiteras, un adolescente che affrontava la malattia con la forza di volontà, uno studente di farmacia al quale piacevano le piante curative, un leader studentesco che si giocava la vita tutti i giorni, un rivoluzionario che, assunto l´incarico di ministro degli Interni, espropriò le imprese dell´energia elettrica statunitensi a colpi di decreti e in punta di pistola, promulgò la legge sul salario minimo, sulla giornata lavorativa di otto ore, che cercò di togliere i cimiteri dal controllo della Chiesa e che nominò le prime donne sindaco dell´America Latina; uno a cui piaceva farsi fotografare accanto a due donne bellissime, ma che raramente sorrideva; che si sedeva sul pavimento come un Budda e fumava sigarette accendendole con il mozzicone di quella precedente; uno così puro ideologicamente che suscitava l´amore incondizionato degli amici e un brivido nella schiena dei nemici. Un uomo che fece una lettura non bolscevica della Rivoluzione russa e mescolò le lezioni di Bakunin e di Durruti alla logica dei socialdemocratici adleriani e agli insegnamenti dello Stalin-Kamo espropriatore. Ma questa è anche la storia di un ambasciatore statunitense che voleva dominare un Paese che non era il suo. Da buon democratico liberale newyorchese non poté evitare di salvare la pelle a un dittatore sanguinario, di allearsi con terroristi, filofascisti, latifondisti della canna da zucchero, generali conservatori e sergenti golpisti; perché era un uomo dell´impero e governato dalla logica imperiale. Che spostava trenta navi da guerra con duecento cannoni mentre si dannava l´anima; uno che per la smania di dimostrare la propria intelligenza, posseduto dalla brama di controllare e cospirare, finì per diventare machiavellico. Fanno parte di questa storia anche un sergente stenografo, buon lettore di libri non molto buoni e accanito compratore di biglietti della lotteria, che nel giro di poche ore diventò colonnello; al quale una volta avevano negato l´accesso nello Yachting Club de L´Avana perché si diceva avesse nelle vene sangue cinese, indio e africano; che senza quasi rendersene conto scalò le vette del potere assoluto in nome di una rivoluzione che non era più tale finendo per macchiarsi le mani con il sangue. In primo piano, c´è senza dubbio un giovane avvocato dirigente comunista. Pur essendo pervaso dal settarismo stalinista, in fondo all´anima e a fior di pelle era un grande poeta e sarebbe morto precocemente di tubercolosi. Un uomo votato con fedeltà assoluta a una sola causa e ai suoi principi, alla guida di un gruppo di eroici e generosi operai pericolosamente in possesso della verità rivoluzionaria. Personaggi a metà strada fra la tragedia byroniana e il realismo socialista. E ci sono altri personaggi singolari, come uno scrittore di nome Pablo, forse uno dei migliori giornalisti dell´America Latina, preso dalla passione di vivere la storia per raccontare storie, e che passò buona parte della giovinezza in carcere e in esilio e che era talmente cubano da farsi scendere le lacrime nella nebbia di New York. E con loro c´è un presidente che avrebbe potuto perdere tutto a causa di uno scherzo, ma che neppure rinunciava a farne; un paio di avvocati aristocratici che inventarono un movimento civico terrorista di destra; un dittatore butterato dal vaiolo che chiamavano "l´asino con gli artigli"; un torturatore che trasformò la polizia di Santiago de Cuba nel suo strumento privato di lucro e di terrore; un venezuelano che partecipò a tutte le rivoluzioni; una cubano-irlandese dai capelli rossi che sequestrava milionari con un mitra in mano. Una storia che si svolse a Cuba. Con il 1933 come asse portante, l´anno della Revolución: suffragiste, studenti bombaroli, scioperi generali, allusioni a Lindbergh, Mussolini e King Kong, orchestre femminili, locali a luci rosse incendiati, torturatori impazziti, masse insorte alla maniera di Fuenteovejuna, marines statunitensi nel porto de L´Avana. Con tanto materiale c´era da scrivere un romanzo, ma ne è venuta fuori una storia narrata. * * * Il miglior prologo a questa storia lo avrebbe scritto Pablo de la Torrente Brau a New York qualche mese dopo la morte di Guiteras; e lo avrebbe fatto nonostante le differenze di scelte politiche e l´involontaria distanza. «Nella sua appassionante carriera politica ci sono pagine allettanti per uno storico coraggioso disposto a raccontare la verità e insieme l´angoscia di un uomo onesto giunto al crocevia di tremendi dilemmi [...] Antonio Guiteras, come uno che sopravvive a un´imboscata, attraversò quei momenti, sentendosene oppresso, ma fermo nella propria fede, in preda alla febbre della rivoluzione. Perché la rivoluzione fu come una febbre nell´immaginazione di quest´uomo. E per questo visse terribili deliri, potenti allucinazioni, affascinanti fantasie e sogni meravigliosi e per lui irrealizzabili. Era come un uomo che, al risveglio, voglia realizzare ciò che ha concepito in sogno. Spesso non seppe riconoscere gli uomini, dando fiducia a chi non la meritava e chiamando amico chi si sarebbe rivelato un traditore, ma intuì il talento in qualche idiota. Trascinato dalla febbre, ebbe l´impulso di fare tutto. E fece più lui che migliaia di altri. E serbava il segreto della fede nella vittoria finale. Irradiava calore. Era come una calamita che attirava gli uomini e gli uomini si sentivano attratti da lui. Per loro era misteriosa, ma irresistibile, quella silenziosa determinazione, quell´immaginazione fissa su un solo punto: la rivoluzione. Ebbe anche difetti. Nel giorno del castigo non avrebbe concepito il perdono. Era un uomo della rivoluzione. E anche lui non aveva nulla di perfetto». * * * Questo è un libro complesso, troppi personaggi, troppe storie, troppe forze sociali in azione; ma la complessità non solo è attraente e affascinante, è anche molto più vicina alla realtà di quei materiali semplificati che ci hanno spacciato per storia. La complessità induce ad amori contrastanti, a riflessioni più lucide e meno facili. Raccontare di uomini d´azione è essenzialmente un compito di ricerca sugli eventi, il contesto, le interazioni e, solo a quel punto, le riflessioni che si facevano al riguardo e il modo in cui si pensava di loro. Come dice Martínez Heredia: «La storia che si limita a osservare le organizzazioni politiche attraverso gli atti e le dichiarazioni è cieca e viene a patti con i fantasmi». * * * Ho cercato di situare i personaggi nel loro presente, gli eventi accaduti tra il 1930 e il 1935, e in parte gli antecedenti. Quello che poi sarebbe stato della storia di Cuba fu fatto dopo, e guardare il passato dal futuro provoca nel migliore dei casi una distorsione a discapito della genuinità. Su questo aspetto particolare, la rivoluzione cubana del gennaio 1959 con le sue conseguenze impone senza volerlo sfumature che deformano la storia della rivoluzione del 1933. I personaggi sopravvissuti verrebbero giudicati per come si sono comportati di fronte alla grande spaccatura sociale del ”59, e non solo per le azioni compiute nel ”33. Da L´Avana e da Miami la storia della rivoluzione del ”33 è stata letta come un prolungamento della polemica tra castrismo e dissidenti reazionari, liberali filoimperialisti, anarchici, socialdemocratici. Accadrà lo stesso con le figure dei morti. Quasi tutti subiranno aggiustamenti storici in funzione di un´altra polemica. Ho cercato di raccontare le storie della rivoluzione del ”33 all´interno della loro prospettiva, con i miei amori e le mie simpatie, ma senza alcuna autocensura e calandole nel contesto degli anni Trenta; che gli uni e gli altri mi perdonino, compresi i guardiani delle ortodossie, coloro che vigilano sulle dottrine del passato, ai quali questo libro non piacerà. * * * Il dio del politicamente corretto mi scampi dal far parte del suo club, ma nel tracciare i personaggi le questioni legate alla loro vita sessuale sono essenziali, e mi è sembrato giusto invaderla; tra l´altro perché la forzata clandestinità dell´omosessualità, ancor più nella Cuba machista degli anni Trenta, e peggio ancora se eri un diplomatico o un presidente, creava una particolare tensione nei personaggi e nella storia. Nel tentativo di raccontare questo assunto spinoso, mi sono imbattuto in denigrazioni ingiuriose, disinformazione, voci che possono ricondursi a calunnie e a fervente puritanesimo, figlio più di una doppia morale che di una presunta rettitudine. * * * Un libro di storia è, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, una versione assolutamente non definitiva degli avvenimenti. Un´altra tessera del grande mosaico. Traduzione di Pino Cacucci PACO IGNACIO TAIBO II, la Repubblica 18/4/2010 L’ALTRO CHE 2 - Il primo rivoluzionario di Cuba fu un indio e veniva da Haiti (allora Hispaniola). Si chiamava Hatuey e guidò a Baracoa la rivolta contro l´invasione degli spagnoli. I soldati di Diego Velazquez, il capo dei conquistatori, lo inseguirono sulla Sierra Maestra, lo catturarono e lo bruciarono vivo. Era il 1512, vent´anni dopo l´approdo delle caravelle di Colombo. La conquista di Cuba non fu un affare per gli spagnoli finché non scoprirono le ricchezze dello zucchero, del tabacco e del caffè. Tanto che nel corso del Cinquecento l´assenza di oro e altri metalli preziosi spinse i conquistatori altrove. Decisiva però fu sempre la sua posizione strategica, come ultima postazione prima di affrontare la traversata dell´Oceano con i pregiati minerali sottratti al Messico o al Perù da portare in Europa. Da quel momento in poi Cuba, tra eserciti invasori, pirati e rivolte di schiavi, fu una autentica fabbrica di rivoluzionari. Il culmine furono gli ultimi cinquant´anni dell´Ottocento, tra le guerre d´indipendenza dalla Corona spagnola e l´intervento degli Stati Uniti. Da Manuel de Cespedes a José Martì. La liberazione dell´isola dal giogo straniero inizia con la "guerra dei dieci anni" nel 1868, quando i proprietari terrieri bianchi si alleano con i neri (sia schiavi che liberti) - i famosi mambì - contro gli spagnoli, e finisce con lo sbarco dei volontari Usa, tra i quali c´era anche il futuro presidente Roosevelt, il primo luglio del 1898. Una sovranità condizionata, quella di Cuba, prima dall´occupazione americana che durò quattro anni e poi dall´emendamento Platt, pietra miliare di tutti i guai successivi, che consentiva a Washington di intervenire pesantemente nella politica interna dell´isola. La storia cubana del Novecento si può anche leggere come un succedersi di dittature, rivoluzioni e repubbliche che hanno sempre come punto di snodo i rapporti dell´isola con la Casa Bianca. Filo americani o anti americani. Sempre e comunque. Non solo, spesso gli Stati Uniti hanno prima aiutato i dittatori a prendere il potere e poi i rivoluzionari a toglierglielo. il caso di Gerardo Machado che cadde, con la rivoluzione del ”33 (quella di cui fu protagonista anche Tony Guiteras), proprio grazie al fatto che Washington lo costrinse ad accomodarsi in esilio. Copione non molto diverso da quello del 1959, quando Batista, perso l´appoggio degli uomini di Eisenhower, fuggì in Florida lasciando l´Avana ai barbudos che avevano iniziato la guerriglia anche grazie a dollari e armi americane. La rivoluzione di Guiteras e Grau San Martin durò poco più di cento giorni e dovette soccombere proprio per le ingerenze Usa dopo che il nuovo governo si era rifiutato di pagare i debiti di Machado ed aveva iniziato a nazionalizzare le imprese americane. Sembra il preludio di quello che accadrà con Fidel Castro, come se la rivoluzione del ”33 a Cuba corrispondesse a quella russa del 1905. Fu il nazionalismo radicale la ragione per cui caddero Grau e Guiteras. Ma contro di loro, insieme agli Usa, c´erano anche gli immigrati spagnoli più recenti e i neri degli altri paesi dei Caraibi colpiti da un decreto che imponeva alle imprese di assumere per primi solo i nati a Cuba. Nell´ultimo mezzo secolo, l´isola delle rivolte e dei rivoluzionari ha vissuto la dittatura più lunga, figlia di una ennesima rivoluzione. E un motivo che può spiegare la sua longevità sta proprio nel nazionalismo. La rivoluzione guidata da Castro è stata molto più nazionalista che socialista - come dimostra ancora oggi il modo in cui il regime si chiude su se stesso quando viene criticato e come esalta la "diversità" cubana. Un´altra spiegazione sono le valvole di sfogo. L´area grigia di scontenti e oppositori ha abbandonato l´isola in massa con grandi esodi successivi (1960, ”80, ”94). Così, a partire dal ”59, intellettuali critici, studenti ribelli e professionisti scontenti, invece di fabbricare nuove rivolte, se ne sono semplicemente andati. OMERO CIAI, la Repubblica 18/4/2010