MARCO FOLLINI, la Repubblica 17/4/2010, 17 aprile 2010
LA "MIA FINE" E LE RAGIONI DELLE IDEE
Caro direttore, su Repubblica Francesco Bei dà conto correttamente di un ricorrente e velenoso giudizio dell´onorevole Berlusconi secondo cui Fini «farà la fine di Follini». Mi dispiace di essere usato come una sorta di spettro che dovrebbe turbare i sonni innocenti del presidente della Camera. Si tratta peraltro di un uso assolutamente improprio, dato che ho stima per Fini ma abbiamo idee e storie differenti e non è affatto detto che dobbiamo «finire» allo stesso modo.
Ma c´è un sottinteso appunto velenoso al quale mi corre l´obbligo di rispondere. Io ho cominciato la mia attività politica molti anni fa, sotto l´egida amichevole di Aldo Moro. Sono da sempre un democristiano di un certo tipo, se così si può dire. Nelle condizioni nuove di questi anni ho cercato di muovermi seguendo un filo logico. Ho fatto errori, come tutti. Ma ho fatto del mio meglio per non smarrire le ragioni di fondo del mio impegno di allora e di oggi. Quale sarebbe, allora, «la mia fine»? In questi anni ho cercato di dire la mia, assicurando a me stesso un amplissimo grado di libertà. Sono all´opposizione del Cav, a cui rimprovero le molte, continue forzature. Ho rivolto più di una critica alla mia parte. Parlo, scrivo, faccio politica. Cerco di portare ago e filo in una contesa nella quale in molti si dedicano invece a strappare quel po´ di tessuto civile che ci tiene assieme.
Non sono in prima fila, certo. Ma vorrei che mi si desse atto di non avere mai sgomitato più di tanto per rimanerci. Mi fu chiesto due legislature fa di entrare al governo per mesi e mesi, e mi chiamai fuori. Accettai infine solo per aderire alla pressione del mio partito. E quattro mesi dopo sono sceso dall´aereo di Stato con le mie gambe, rincorso semmai dalla richiesta di rimanere a Palazzo Chigi da parte del suo principale inquilino di allora e di oggi. Le vicende di quegli anni mi sono costate qualche inimicizia e un po´ di fatica. So bene che una certa indocilità si paga cara, ed è giusto che sia così. Ognuno ha la biografia che si è scelto. Ma non credo, in una parola, di aver posto la carriera troppo sopra il resto. E dunque ho diritto a non essere impiccato all´albero della fortuna. Mi accontento, appunto, del resto: delle mie convinzioni. Vorrei assicurare il Presidente del Consiglio che non c´è modo migliore, e più dignitoso, di finire che farlo in nome delle proprie idee. Insisto, delle idee e non degli interessi.
MARCO FOLLINI L´autore è senatore del Pd