Corriere della Sera 18/04/2010, 18 aprile 2010
S’IMPICCA, POI LO CHIAMANO PER IL LAVORO
In cassa integrazione da mesi, con il rischio concreto di non tornare più in azienda, si è impiccato nel garage di casa, stringendosi al collo la corda con cui spesso giocava la figlia più piccola. Neanche un’ora dopo la sua morte, è arrivata una chiamata sul telefono di casa: un’azienda, al quale l’uomo aveva inviato il curriculum, lo invitava a un colloquio di lavoro. C’è una nota beffarda, quasi da presa in giro, nel dramma di Mario Farisano, 44 anni, fornista alla «Nuova Renopress» di Budrio, nel Bolognese, una moglie e due figlie di 6 e 14 anni. Il suo suicidio ha lasciato di stucco chi lo conosceva, a cominciare dal sindaco del paese, Carlo Castelli: «Una persona dinamica, che ha partecipato in prima persona alle iniziative sindacali e che spesso rincuorava gli amici: amava la musica e, per raggranellare due soldi, andava a suonare nei locali». Il tarlo del lavoro, però, lo rodeva. Anche la moglie, artigiana, aveva da poco perso il posto. «Certo, la situazione era pesante» dicono ora alla Fiom, a cui Mario era iscritto. Lui però si era dato da fare: «So che aveva contattato altre aziende e aveva già avuto dei colloqui» spiega il sindaco. E di sera, per guadagnare qualcosa, cantava nei locali della zona, dove organizzava il karaoke. Poi quella telefonata, arrivata troppo tardi. Il governatore emiliano, Vasco Errani, ha inviato le condoglianze alla famiglia.