Mario Andrea Rigoni, Corriere della Sera 18/04/2010, 18 aprile 2010
LEOPARDI E L’ISOLA « TRAVAGLIATA »
In questo momento, in Italia, uno dei Paesi europei più o meno lambiti dalle ceneri del vulcano islandese Eyjafjallajökull, l’immaginazione corre abbastanza naturalmente al Dialogo della Natura e di un Islandese (1824) di Leopardi: sia perché in quella celebre operetta morale si rappresenta l’implacabile forza e crudeltà della Natura, incurante’ e anzi carnefice’ delle proprie creature e dedita soltanto a un cieco processo di creazione e distruzione, sia perché il protagonista è proprio un abitante dell’Islanda, l’isola vulcanica da dove egli cerca di fuggire, anche se soltanto per ricadere vittima, sotto altri climi, di una stessa, nefasta, universale potenza. Si ricorderà come l’Islandese descrive la tormentata vita nell’isola: «La lunghezza del verno, l’intensità del freddo, e l’ardore estremo della state, che sono qualità di quel luogo, mi travagliavano di continuo (...). Né anche potea conservare quella tranquillità della vita, alla quale principalmente erano rivolti i miei pensieri: perché le tempeste spaventevoli di mare e di terra, i ruggiti e le minacce del monte Ecla, il sospetto degl’incendi, frequentissimi negli alberghi, come sono i nostri, fatti di legno, non intermettevano mai di turbarmi». Ci si può chiedere che cosa Leopardi sapesse dell’Islanda, alla quale non si riferisce più in tutto il resto della sua opera. Certo è che, attraverso le letture, aveva conoscenze geografiche e antropologiche assai estese, tanto che nella stessa Operetta evoca persino l’isola di Pasqua e le sue colossali statue di pietra. In particolare poteva avere presente l’Histoire de Jenni (1775) di Voltaire, che accenna per l’appunto alla durissima condizione di vita nell’Islanda e cita il vulcano Hekla, il più noto dell’isola. In ogni caso, non certo il folclore o l’esotismo hanno ispirato la scelta di Leopardi, ma una situazione geologica’ come quella del Vesuvio nella Ginestra – promossa a simbolo della sempre minacciata esistenza umana.
Mario Andrea Rigoni