Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 17/04/2010, 17 aprile 2010
UNA MIGRAZIONE MILITARE I TEDESCHI DELLA ROMANIA
Riguardo alla sua risposta sul film «Der Vorleser (il lettore)», ricordo che Hanna Schmitz risulta essere nata «nella parte tedesca della Romania», a Hermannstadt, Transilvania meridionale, capoluogo, allora, di un dipartimento chiamato in romeno «sibiu», di caratteristiche contadine. La forte presenza culturale tedesca nella città (metà degli abitanti nel 1930, circa 50.000) non esclude che ci fossero analfabeti in campagna, ora in certo modo «rivendicati» dal conferimento del premio nobel alla etnico-tedesca Herta Müller. A ogni modo sono anche caratteristiche contadine la predilezione per l’acqua e sapone, abbondantemente sfoggiata da Kate Winslet e David Kross come personaggi centrali della romantica storia di Bernhard Schlink.
Pablo Alberto Boggio-Marzet
Buenos Aires (Argentina)
Caro Boggio, i sassoni e gli svevi della Romania (Herta Müller è sveva) sono uno dei tanti avamposti creati dalla nazione germanica in Europa e nelle Americhe, dalla Boemia al Baltico, dalla Pennsylvania alla Stato brasiliano di Santa Catarina, dai Balcani al Volga. In molti casi le migrazioni furono provocate da motivi economici o religiosi (gli amish della Pennsylvania e del Maryland), ma quella dei sassoni e degli svevi fu soprattutto una migrazione militare. Come i serbi, chiamati dall’Austria a presidiare contro i turchi le province meridionali della Croazia, così i sassoni e gli svevi furono invitati dai re d’Ungheria a costituire nella Transilvania meridionale un solido baluardo contro lo stesso nemico. Svolsero la loro funzione egregiamente con una rete imponente di cittadelle fortificate e di castelli, ma anche con insediamenti agricoli che legavano durevolmente alla terra il contadino combattente.
Come tutte le minoranze europee, anche i sassoni e gli svevi di Romania furono soggetti all’alea delle vicende politiche del Novecento. Appartennero prevalentemente al Regno d’Ungheria sino alla Grande guerra e divennero romeni quando i trattati di pace, alla fine del conflitto, assegnarono la Transilvania alla Romania. Nella seconda metà degli anni Trenta la politica hitleriana per i «tedeschi di stirpe» (Volsksdeutsche) persuase alcune decine di migliaia a migrare verso la patria delle origini; e fra questi vi fu probabilmente la famiglia di Hanna Schmitz. Altri partirono per la Germania più tardi grazie a un accordo fra il governo della Repubblica federale e il regime comunista di Nicolae Ceausescu che prevedeva una sorta di tassa d’uscita (circa 600 dollari). Ma il vero esodo ebbe luogo dopo il crollo del regime comunista, all’inizio degli anni Novanta, quando il grosso della comunità abbandonò la Romania lasciando dietro di sé un considerevole patrimonio culturale e architettonico composto da piccoli borghi, case coloniche, chiese protestanti e cittadelle militari. In molte fattorie si sono installati gli zingari, un popolo che non ha né una vocazione agricola né il culto della casa. Ma altri luoghi, protetti dall’Unesco, sono diventati meta di viaggi turistici e pellegrinaggi artistici.
Sergio Romano