Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  aprile 17 Sabato calendario

NORMANDIA, QUEL TESORO DI REATTORE - A

vederla così, placidamente adagiata sulle rive della Normandia, non un filo di fumo, non un rumore, neanche un borbottio, sembra un inerte e tranquillizzante pachiderma tecnologico adagiato su sessanta ettari di sassi e cemento. Difficile, per chi non sa che cosa bolle lì sotto, percepire qualcosa che somigli alla paura o anche a un semplice timore. Fatto sta che con la centrale atomica, che già c’è e già funziona con due reattori di seconda generazione, la popolazione qui ci vive e ci prospera da quasi 25 anni.
Problemi? «Ci sono stati nel ’62 quando hanno chiuso la miniera di ferro. Trecento persone a spasso e il piccolo tessuto economico del paese, un po’ rurale e un po’ industriale, sull’orlo dello sfascio. Poi, al posto della miniera è arrivata la centrale nucleare. Ci hanno spiegato, consultato, tranquillizzato, ospitato nel cantiere. E abbiamo tirato un sospiro di sollievo » risponde Annick Poard, proprietaria e manovratrice dell’albergo-ristorante La Falaise piazzato proprio di fronte al porto.
Timori per le invisibili ma orrifiche radiazioni che potrebbero sfuggire? Al contrario. Proprio la centrale e il vicino stabilimento di La Hague, che tratta le scorie nucleari di tutta la Francia ma non solo (sta ricondizionando anche 400 tonnellate di detriti radioattivi italiani conferiti dalla Sogin), «rappresentano una garanzia di monitoraggio e tutela minuziosa della popolazione» afferma con apparente paradosso Xavier Haure, uno dei direttori del sito di condizionamento e riciclaggio. «Un aumento di radioattività lo abbiamo misurato e comunicato nel 1987 quando si verificò l’incidente di Chernobyl e quell’evento ha creato non pochi problemi ai nostri sistemi di monitoraggio ultrasensibili. Basti pensare che una volta sono dovuto restare fuori dallo stabilimento perché avevo fatto una lastra dal medico e, al mio rientro, i rilevatori sono andati in rosso».
Sollievi. E affari d’oro, intanto, da quei due giganteschi reattori nucleari da 1.300 megawatt ciascuno, giunti senza problemi alla metà della vita operativa. Affari non solo per il colosso energetico Edf, che con 58 reattori in 19 centrali disseminate per tutta la Francia vende ai cugini d’oltralpe l’87% della loro elettricità ad un prezzo medio inferiore del 30% rispetto a quel che pagano la corrente i cittadini italiani.
Affare doppio per la gente del posto, se consideriamo quei 14 milioni di euro l’anno che sotto forma di "tassa professionale" vanno direttamente alla comunità dei 13 paesi delle zone circostanti. A essere gratificata è innanzitutto la municipalità di Flamanville, che con quei fondi alimenta oltre il 90% delle sue entrate complessive, potendo così garantire a ciascuno dei suoi cittadini quasi duemila euro l’anno sotto forma di servizi, scuole, palestre e campi sportivi.
Già, la ginnastica. Curioso vedere una comunità prevalentemente rurale di 1.800 persone con 30 associazioni sportive e una squadra di rugby in testa alle regionali. «Grazie ai soldi della centrale» rimarca Jean Pierre Marguerie, assessore alla cultura e allo sport del piccolo comune.
Centrale atomica totem di ricchezza, conferma la poca gente a passeggio per le strade. Ben contenta, a maggior ragione, dell’arrivo del nuovo gigante, il reattore Epr di terza generazione da 1.600 megawatt, in costruzione proprio accanto ai due gruppi in funzione. Di più: l’Epr la popolazione di Flamanville lo ha proprio voluto, chiamato, perfino rivendicato. Guaia veder crescere e prosperare il nuovo totem di ricchezza 300 chilometri più in là, accanto alla centrale atomica di Penly, dove Edf qualche anno fa lo voleva localizzare. Si è combattuto, e vinto, grazie ad un uomo politico locale, Claude Gatignol, che deve il settimo posto tra i più votati nelle ultime elezioni politiche francesi proprio alla sua battaglia pro-nucleare che ha portato a Flamanville il prototipo ("testa di serie" preferiscono chiamarlo i francesi) dei nuovi reattori di terza generazione Epr. Penly avrà il prossimo Epr.
Tutti felici? Tutto davvero liscio? «No, per la verità non proprio» precisa, un po’ a sorpresa dopo tante dichiarazioni d’amore, l’albergatrice Annick Poard. «Qualche problema lo abbiamo avuto, ma poi lo abbiamo superato: volevano piazzare nel porto un nuovo un molo di cemento al servizio dei materiali di cantiere. Uno scempio, temevamo. Ma era un loro errore di comunicazione. Si trattava di un semplice scivolo di alaggio. Poi lo hanno costruito senza problemi».
Tutto qui? «Ah, no. Le linee elettriche che escono dalla centrale. Non sono belle. Temevamo una ulteriore crescita. Sono venuti anche gli ambientalisti, quelli che manifestano in tutto il paese contro il nucleare. Ma poici hanno detto che l’impatto dei tralicci rimarrà invariato e gli ambientalisti se ne sono andati».
Qualche problema in più se lo pone semmai Philippe Pelletant, gestore del ristorante Le Semaphore, uno splendido edificio " semaforo" di segnalazione del 1867, in cima ad una collina costiera, meravigliosamente risistemato dal comune. «Troppo movimento. Buoni affari con la gente che sta costruendo il nuovo reattore. Ma la tranquillità del posto ne risente. E io non mi trovo più bene. Lascio. E mi trasferisco da voi in Italia, a San Giovanni Lipioni, tra l’Abruzzo e il Molise. Dove mia moglie, purtroppo scomparsa, mi ha lasciato un locale da trasformare anche lì in un ristorante. Magari con pochi clienti, ma possibilmente tranquillo ». Messieur Pelletant potrebbe essere l’unico cittadino di Flamanvile emigrante per colpa del nucleare. Potrebbe diventare famoso, anche da noi.