Giuseppe Oddo, Il Sole-24 Ore 17/4/2010;, 17 aprile 2010
«RIBELLI» APRIPISTA IN SICILIA
La Sicilia ha fatto da apripista al divorzio che si sta consumando nel Popolo della libertà tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. La prima frattura nel Pdl isolano tra l’ala berlusconiana "lealista" e quella che poi è stata definita l’ala "ribelle" del partito è avvenuta intorno alla metà di giugno dello scorso anno. Sono stati i deputati regionali vicini al presidente della Camera a costituire il primo nucleo da cui ha preso le mosse qualche mese dopo il Pdl Sicilia. A incoraggiarne la nascita sono stati alcuni parlamentari siciliani provenienti da Alleanza nazionale, Fabio Granata, Carmelo Briguglio, Pippo Scalia, insieme all’ex coordinatore regionale del Pdl Dore Misuraca. Poi è sceso pesantemente in campo Gianfranco Miccichè che, pur continuando a mantenere buoni rapporti personali con Berlusconi, ha cominciato a sparare a zero sul nuovo coordinatore regionale del partito Giuseppe Castiglione e a lamentare il distacco del partito dalle problematiche del Mezzogiorno e il dirottamento verso le Regioni del Nord dei fondi destinati allo sviluppo del Sud.
Il nuovo gruppo ha quindi preso forma nel settembre del 2009, e con i suoi sedici deputati regionali, di cui sette finiani, e due assessori in giunta, il Pdl Sicilia rappresenta oggi una colonna portante del governo Lombardo. Governo che gode dell’appoggio esterno del Pd e vede all’opposizione il Pdl di osservanza berlusconiana e l’Udc. «In Sicilia siamo ancora in attesa che qualcuno da Roma ci convochi per mettere pace nel partito», dice Scalia. Ma è un’attesa vana.Il Pdl ha continuato a frantumarsi in vari comuni della Sicilia, a partire da Palermo. E anche se Miccichèe i finiani hanno sempre respinto l’accusa di scissionismo, dichiarandosi leali a Berlusconi, non si è mai capito se il Pdl Sicilia debba considerarsi l’articolazione regionale di un partito nazionale o un nuovo soggetto politico locale. Miccichè ha sempre giocato su questa ambiguità, dichiarandosi da un lato fedele a Berlusconi e spingendo dall’altro per la nascita di un Partito del Sud dotato di forte identità territoriale, ma federato al Pdl nazionale. Da quest’orecchio, però, i finiani non ci sentono. Almeno, non c’hanno sentito fino ad oggi. Per loro il Partito del Sud non s’ha da fare.Bisogna vedere cosa succederà domani se Fini e Berlusconi dovessero andare ognuno per la propria strada.
Anche Lombardo è in movimento. Il leader autonomista è stato il primo a intuire lo sfaldamento della maggioranza di centro-destra, a dichiararla dissolta già a fine 2009. L’altro ieri s’è sentito per telefono con il presidente della Camera, «al quale ha ribadito – riferisce Granata – la necessità di un reindirizzo della linea politica del governo o di un governo a trazione non leghista». Un altro contatto era avvenuto nei giorni scorsi quando s’è saputo che il governatore è coinvolto in un’inchiesta di mafia della procura di Catania. «Noi siamo rigorosi sul rispetto della legalità – dice Granata – e se dall’indagine emergesse qualcosa di sostanziale saremmo coerenti con questo principio ».Ma per ora è un’ipotesi remota. «L’inchiesta risale al ’92 e Fini ha capito che le notizie sono uscite da forze legate ad ambienti politici».