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 2010  aprile 17 Sabato calendario

NON CI SAR LA «SCISSIONE» DEI FINIANI, MA RESTANO I NODI POLITICI - Allo stato delle cose, la piccola scissione dei «finiani» nel Popolo della libertà non avrà luogo

NON CI SAR LA «SCISSIONE» DEI FINIANI, MA RESTANO I NODI POLITICI - Allo stato delle cose, la piccola scissione dei «finiani» nel Popolo della libertà non avrà luogo. Non prenderanno forma i gruppi parlamentari autonomi di cui si è discusso per ventiquattro ore. I maligni diranno che Fini non è riuscito a mettere insieme i numeri previsti sulla carta (40-45 deputati, 15-18 senatori), ma la verità forse è meno prosaica. lo stesso presidente della Camera ad aver misurato l’azzardo di un’operazione che avrebbe danneggiato il Pdl e reso irrilevanti gli esponenti dell’ex An. Gli unici a trarre vantaggio dall’operazione sarebbero stati i leghisti: con Bossi che nelle ultime ore si godeva lo spettacolo del litigio tra i due cofondatori del partito alleato. Un Bossi che è arrivato persino a considerare l’ipotesi di elezioni anticipate, avendone compreso il tornaconto per il Carroccio. Del resto, Fini non ha mai nascosto di considerare la nascita del gruppo autonomo una sorta di mossa disperata: un «muoia Sansone con tutti i filistei». Un modo per rappresentare in forma plastica e drammatica il disagio politico e anche psicologico di chi non si sente padrone in casa propria, cioè in quel Pdl che l’ex leaderdi An ha contribuito a creare. Di qui la quasi rottura di giovedì. Un passo azzardato, non c’è dubbio. Se in politica il tempismo è importante, non si può dire che il presidente della Camera si sia mosso in questa circostanza con grande senso tattico. Tuttavia con il passare delle ore è emersa una linea più realistica. Niente mini-scissione, nessun atto di clamoroso autolesionismo, bensì una più decisa sottolineatura dei temi politici cari a Fini, quelli che distinguono il profilo del presidente della Camera rispetto a Bossi e allo stesso Berlusconi. Si dirà che è una magra consolazione, perché erano altre le premesse e altre le speranze accarezzate dal cofondatore del Pdl. In pratica la vicenda si chiuderà con la vittoria del premier sul suo rivale. Il che è vero, ma solo in parte. Berlusconi farebbe molto male a sottovalutare i problemi che sono stati messi sul tavolo, sia pure in modo disordinato e approssimativo. In primo luogo una scissione che coinvolge il presidente della Camera e leader storico della destra è destinata a lasciare dietro di sé un pesante strascico. Anche sotto il profilo istituzionale. Non c’è da stupirsi se il Quirinale nelle ultime ore ha seguito con particolare attenzione la vicenda politica. Peraltro sono state evocate le elezioni anticipate, tema che come è noto appartiene alle prerogative di Napolitano. In secondo luogo Berlusconi si rende conto che il litigio con Fini suscita qualche perplessità nell’opinione pubblica, anche quella più vicina al Pdl. Esiste una fascia, nemmeno tanto piccola, di nemici giurati del presidente della Camera, ma ci sono anche tanti elettori disincantati e dubbiosi. In ultima analisi, il premier ha evitato di calcare la mano e ieri ha alternato toni duri, allimite dell’arroganza, e palesi aperture. Ad esempio ha offerto maggiore comprensione circa il confronto interno al Pdl e la necessità di riunioni più frequenti degli organi dirigenti. Non è molto, ma è qualcosa. Per Fini è un’opportunità.Toccherà a lui,adesso,sostenere e spiegare con efficacia i suoi argomenti. Perché non c’è dubbio che i nodi politici restano tutti, insieme ai problemi che toccano la gestione del partito. Tra i due cofondatori rimane la diversa visione delle istituzioni, oltre a un differente approccio nei confronti della Lega. In altre parole, l’equivoco continua.