Valeria Chianese, Avvenire 16/4/2010, 16 aprile 2010
SUL VESUVIO CHE DORME NON C’ UNA VIA DI FUGA
Nonostante sia una presenza visibile per chilometri, e soprattutto potenzialmente pericolosa, il Vesuvio subisce l’indifferenza che nasce dall’abitudine alla vicinanza e dal silenzio del vulcano e che spesso degenera in oltraggio. L’abusivismo edilizio, pubblico e privato, è un male cronico che intossica i canaloni di lava lungo le sue pendici, quasi fino al cratere, e degrada la piana circostante. Le discariche di rifiuti, qualcuna legale, altre meno, avvelenano la fertile terra - patria dei rossi pomodorini detti ”del piennolo”, perché raccolti a grappolo, e delle dolci e pregiate albicocche - che pure dovrebbe essere protetta dalla denominazione di Parco Nazionale del Vesuvio e dalle norme europee. Eppure non c’è al mondo località a più alto rischio vulcanico e al tempo stesso più bistrattata. Le opere abusive, che comprendono palazzine, ristoranti, ville, sono, ed è una cifra approssimativa per difetto, più di 10mila, ma è un censimento che nemmeno i diciotto Comuni vesuviani, quelli della zona rossa, riescono a fare. Se il vulcano dorme, il Vesuvio vive, di uomini, macchine, attività. Sulla falda malferma delle sue conche e dei suoi fianchi abitano 600mila persone, le prime ad essere coinvolte e travolte da un’ipotetica ripresa dell’attività vulcanica.
Nel 2005 la Protezione civile ha messo a punto un Piano di fuga in caso di eruzione dividendo l’area vesuviana in tre zone contrassegnate da colori diversi, a secondo della distanza dal cratere e dal tipo di conseguenze. La zona rossa, appunto, quella immediatamente circostante il vulcano (18 Comuni e 600mila abitanti); la zona gialla è l’area che potrebbe essere interessata dalla ricaduta di cenere e lapilli (96 Comuni delle province di Napoli, Benevento, Avellino e Salerno con 1milione100mila abitanti); la zona blu ( 14 Comuni della provincia di Napoli con 180mila abitanti) che rientra in quella gialla, ma con un fattore di pericolosità in più poiché corrisponde alla ”conca di Nola” che per le particolari caratteristiche idrogeologiche in caso di eruzione potrebbe essere toccata oltre che dalla caduta di ceneri e lapilli anche da inondazioni e alluvioni. un Piano rimasto però immutato da cinque anni e che non ha previsto l’ulteriore e continua attività di abusivismo edilizio e di scavo illegale per l’asporto di sabbia, pietrisco, pietra lavica, e di sbancamento legalizzato per la costruzione di una seconda discarica in pieno Parco del Vesuvio, a Terzigno, come programmato dal decreto del 2008 del governo Berlusconi per risolvere l’emergenza rifiuti in Campania.
Mattoni e spazzatura circondano il vulcano come e peggio della sua stessa lava ed hanno bloccato persino le già scarse vie di fuga indicate dal Piano della Protezione civile. Il presidente del Parco del Vesuvio, Ugo Leone, confida nell’Unione Europea perché si fermi almeno l’ingiuria dello Stato ad un territorio così delicato e così pregiato, fondamentale per lo sviluppo economico della Campania, ancor più in presenza di una persistente crisi economica. Il Vesuvio conserva e propone bellezze storiche, ambientali e naturalistiche di grande interesse e resta perciò una delle maggiori e più affascinanti attrattive turistiche della regione.
Oltre 10mila abitazioni fuori norma ospitano centinaia di migliaia di persone che si troverebbero in grave pericolo se il vulcano eruttasse