Paolo M. Alfieri, Avvenire 16/4/2010 Luca Liverani, Avvenire 16/4/2010 Francesco Saverio Alonso, Avvenire 16/4/2010 Riccardo Cascioli, Avvenire 16/4/2010, 16 aprile 2010
[4 articoli ] CIELI CHIUSI IN EUROPA L’ERUZIONE BLOCCA GLI AEROPORTI- Il nome, Eyjafjallajökull, si riuscisse almeno a pronunciarlo
[4 articoli ] CIELI CHIUSI IN EUROPA L’ERUZIONE BLOCCA GLI AEROPORTI- Il nome, Eyjafjallajökull, si riuscisse almeno a pronunciarlo. Almeno saprebbero, le migliaia di persone appiedate ieri, con chi prendersela per la vacanza mancata, l’appuntamento di lavoro saltato, il ritorno a casa forzatamente posticipato. Uno spettro s’aggira per l’Europa. Invisibile a bassa quota, potenzialmente letale sopra i diecimila piedi d’altezza. Cenere sputata via da quel Eyjafjallajökull, appunto, di cui fino a ieri milioni di persone ignoravano, beatamente, pure l’esistenza. Il vulcano si trova sotto l’omonimo ghiacciaio islandese e ha causato con la sua eruzione una gigantesca nuvola di cenere. Capace, incredibilmente, di spingersi a migliaia di chilometri di distanza e di provocare il blocco del traffico aereo di mezza Europa. In questi anni nemmeno al-Qaeda, con le sue minacce, era riuscita ad arrivare a tanto. Non solo la scarsa visibilità, spiegano gli esperti, ma anche i possibili danni ai reattori, provocati da frammenti di roccia e vetro, stanno mettendo a rischio la sicurezza aerea. Chiusi per cenere, dunque, gli aeroporti uno dopo l’altro a mano a mano che si capiva come il rischio fosse potenzialmente devastante. Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca, Svezia, Finlandia. Oslo in Norvegia e Bruxelles in Belgio. Amsterdam in Olanda e la Francia settentrionale, Parigi inclusa. E ancora il Nord della Polonia, Amburgo e i due scali di Berlino. Mentre ironicamente l’aeroporto di Keflavik, nel nordovest dell’Islanda, e quello della capitale Reykjavík rimanevano aperti a guardare le ceneri che si muovevano verso sud-est e trasformavano l’Europa settentrionale in un’imponente «no-fly zone». Secondo Eurocontrol, l’organismo continentale della sicurezza aerea, il blocco potrebbe durare altre 48 ore e già oggi i collegamenti con gli Usa saranno ridotti del 50% . E il fenomeno potrebbe avere ripercussioni sul traffico aereo per i prossimi sei mesi, nel caso in cui l’eruzione continuasse. «Non è mai accaduto niente di simile», ha sottolineato Brian Flynn, vicedirettore delle operazioni di Eurocontrol. La Gran Bretagna ha chiuso dalle 12 di ieri il suo spazio aereo almeno fino a stamattina. « la prima volta che un disastro naturale causa una tale interruzione», ha evidenziato un portavoce del Servizio per il traffico aereo britannico. Nemmeno l’11 settembre del 2001, a Londra, si decise di chiudere lo spazio aereo. E il blocco potrebbe durare almeno fino a domenica. Un portavoce di Heathrow – l’aeroporto con maggior traffico in Europa – ha riferito che i voli cancellati ieri sono stati 840 su 1.250, con ripercussioni su 180mila passeggeri. Altre 220mila persone sono rimaste appiedate nel resto del Regno Unito. Impressionante la calca formatasi ai banchi delle compagnie aeree. Mentre sono stati letteralmente polverizzati i biglietti per i treni Eurostar tra Londra, Parigi e Bruxelles. In Belgio il traffico aereo è stato interdetto alle 16,30 di ieri pomeriggio e così resterà almeno fino alle 18 di oggi, tanto che è stato predisposto un centro di accoglienza attrezzato con letti, nel quale verranno serviti pasti e bevande. In Italia i maggiori disagi a Fiumicino e Ciampino, dove sono stati soppressi 49 voli, ma cancellazioni si sono registrate anche a Venezia, Trieste, Bergamo. In Germania un centinaio sono stati i voli cancellati solo a Francoforte, 44 quelli annullati a Duesseldorf. Stando alle autorità aeree del continente, la cenere islandese ha lasciato a terra quasi un aereo su quattro. Compreso quello del pre- mier russo Vladimir Putin, costretto a rimandare un viaggio verso la città artica di Murmansk. Saltata anche l’udienza di oggi del presidente dell’Europarlamento Jerzy Buzek con Benedetto XVI. E a rischio è pure la riunione dell’Ecofin prevista per oggi a Madrid: in Spagna sono stati 466, ieri, i voli soppressi tra arrivi e partenze. Il blocco sui cieli europei ha avuto ripercussioni anche oltreoceano, negli scali internazionali americani. A terra, infatti, sono rimaste centinaia di persone dirette in Europa soprattutto dagli aeroporti di New York e Chicago. Mentre le compagnie aeree sono già in allarme per le ripercussioni finanziarie, gli esperti meteo stanno monitorando la situazione, ma è difficile prevedere cosa accadrà nelle prossime ore. La riapertura degli scali dipende soprattutto dalla direzione del vento e dal proseguimento dell’attività eruttiva del vulcano di Eyjafjallajökull. Uno di cui, con un nome così, vai a sapere se ci si può fidare. Assai pericolosa la cenere ad alta quota per i motori degli aerei Bloccati migliaia di voli e passeggeri a terra in tutto il Nord Europa fino a Parigi Stop a Londra forse sino a domenica. Paolo M. Alfieri, Avvenire 16/4/2010 CANCELLATI 49 VOLI. E LA NUVOLA ALL’ORIZZONTE IN ITALIA- I l blocco dei voli in Nord Europa per la nuvola vulcanica si ripercuote sull’Italia. Solo a Roma ieri sono stati 49 i voli cancellati. E il copione con ogni probabilità potrebbe ripetersi oggi. Regno Unito, Olanda e Belgio i Paesi più colpiti, ma anche Irlanda, Lussemburgo e Danimarca sono a rischio. Molti viaggiatori sono stati avvertiti dalle compagnie prima di recarsi in aeroporto, altri sono rimasti a terra, ospitati in albergo a spese delle compagnie. Chi non può attendere cerca alternative: picco di prenotazioni sul Tgv ParigiLondra che passa nell’eurotunnel sotto la Manica. Se i venti in quota dovessero spingere al Sud le microparticelle dell’eruzione, nei prossimi giorni non si può escludere che la nube arrivi in Italia. Le polveri però potrebbero arrivare sui nostri cieli più rarefatte. Uno scenario possibile ma non probabile, avvertono i meteorologi. A Fiumicino dunque sono stati 37 i voli cancellati, tra arrivi e partenze. Nel dettaglio, 23 collegamenti cancellati in partenza e 14 in arrivo. Soprattutto British Airways, Alitalia, Easy Jet e Air Lingus. A Ciampino, dove opera Ryanair, cancellati 12 voli. A Fiumicino la situazione è abbastanza tranquilla, assi- cura Aeroporti di Roma, perché i passeggeri sono stati informati per tempo dalle aviolinee. Sulla possibilità che il nuvolone arrivi sull’Italia non c’è unanimità di opinioni tra gli addetti ai lavori. Vincenzo Ferrara, esperto di clima dell’Enea, sostiene che le correnti d’alta quota stanno respingendo la nube verso Nord, ma una parte «potrebbe arrivare sabato su Corsica e Sardegna, anche se in quantità trascurabile e senza effetti di raffreddamento sul clima». «Potrebbe spingersi sull’Italia – dice Giampiero Maracchi, ordinario di climatologia a Firenze – ma è difficile fare previsioni sul suo andamento finché non si saprà esattamente che massa ha». «Dipenderà molto dalla durata dell’eruzione e dai venti in quota», spiega il maggiore Filippo Petrucci del Centro nazionale meteorologico dell’Aeronautica militare: «Allo stato attuale – dice – è prematuro azzardare qualsiasi previsione ». I problemi per gli aerei, spiega il maggiore, non sono legati alla visibilità – «il volo oggi è quasi tutto strumentale» – ma all’impatto delle ceneri: «Le microparticelle danneggiano gli apparati elettronici, le prese d’aria, il tubo di Pitout che valuta la velocità del vento e dell’aeromobile, l’altimetro. Ma il danno maggiore è nelle turbine: possono fondersi e solidificarsi modificando il profilo delle pale, fino al blocco». Luca Liverani, Avvenire 16/4/2010 ISLANDA, IL RUGGITI DEL VULCANO DOPO DUE SECOLI L’ allarme scattato in tutta l’Europa del nord e che ha bloccato migliaia di voli, facendo chiudere gli aeroporti di mezzo continente, è dovuto alla enorme tempesta di cenere che arriva dall’Islanda. Un vulcano adiacente l’immenso ghiacciaio Eyjafallajökull ha ripreso l’attività, dopo secoli di inazione. Prima conseguenza la fuga degli 800 abitanti di Eyvindarholar. Le autorità hanno poi preparato i piani per l’evacuazione di altri centri abitati e allertato la protezione civile di Reykjavik che si trova ad appena 120 chilometri dal cratere. La bocca del vulcano ha un’apertura di cinquecento metri e minaccia di allargarsi ulteriormente, aprendosi il varco nella massa di ghiaccio che finora l’aveva soffocata. La polizia islandese ha comunicato che nelle settimane scorse si erano susseguite diverse scosse telluriche in prossimità del ghiacciaio. Un fatto che fa supporre che l’eruzione sia avvenuta sotto il ghiacciaio stesso in un punto diverso da quello registrato. Il 21 marzo, quando l’attività eruttiva era iniziata, seppur con minore intensità, aveva indotto le autorità a far allontanare, per precauzione, gli abitanti dei villaggi vicini. L’eruzione non aveva provocato alcuna vittima, ma la settimana scorsa due turisti vulcanologi erano morti di stenti dopo essersi smarriti nella zona vulcanica che si trova in prossimità della costa meridionale dell’Islanda e che investe anche le isole minori dell’arcipelago. Fu proprio in questa zona, a Heimaey Island, che si verificò l’ultima grande eruzione nel 1973, con l’apertura di un cratere lungo 3 chilometri. Lava, cene- re e lapilli minacciarono il porto di Vestmannayear, ma gli islandesi riuscirono, con una tecnica ingegnosa, a deviare il corso del magma, salvando l’abitato e le strutture portuali. Il vulcano che si è risvegliato in questi giorni era inattivo dal 1823 dopo una fase eruttiva durata più di un anno (dicembre 1821-gennaio 1823). Il vulcanologo Reynir Bödvarsson ritiene che l’eruzione in corso potrebbe durare anch’essa mesi o addirittura anni. «Il vulcano continua a produrre cenere – ha spiegato – e finché i venti soffiano nella direzione attuale costituisce una minaccia per tutta l’Europa settentrionale, a cominciare dalla Scandinavia». «La cenere – ha detto Bödvarsson – si forma a contato con l’acqua. Dato che il vulcano si trova sotto il ghiacciaio, la lava, salendo, incontra il ghiaccio e si riduce in cenere. Si sta cercando di fare l’analisi chimica della cenere per determinarne il contenuto perché è da esso che si può poi dedurre la durata dell’emissione. Può calmarsi fra qualche giorno o continuare a lungo». la cenere a rappresentare, con il suo contenuto di cristalli e frammenti rocciosi, il più serio pericolo per i motori degli aeroplani. A contatto di essi, ad una temperatura di 2.000 gradi, le particelle possono fondersi e bloccare parti vitali dei propulsori. quanto accadde nel 1982, a un velivolo in Indonesia. Anche il contenuto tossico della cenere può essere elevato e pericoloso per la salute. Zolfo e fluoro, se aspirati in forti dosi, possono risultare letali. L’eruzione del 1783 portò una nube di cenere sprigionatasi in Islanda a coprire tutta l’Europa settentrionale. In Gran Bretagna 23.000 persone furono uccise dai gas venefici che provocarono anche la morte di un quarto della popolazione islandese. Francesco Saverio Alonso «EFFETTI SUL CLIMA DI BREVE DURATA»- S i stima che ci siano circa 600 vulcani in attività, per emissioni di anidride carbonica stimate a oltre 130 milioni di tonnellate (poco meno di un terzo di quanto emette l’Italia). «Ma un’eruzione come quella islandese non cambia il bilancio complessivo – dice Giuliano F. Panza, dell’Istituto Nazionale di Oceaonografia e Geofisica dell’Università di Trieste e membro dell’Accademia dei Lincei – perché la quantità di gas sparati in atmosfera da un vulcano è la stessa sia che li rilasci nel tempo sia che lo faccia tutto insieme. Ogni vulcano – spiega Panza – è come avesse un badget di CO2; quando non erutta continua comunque a emettere anidride carbonica in modo silenzioso; l’eruzione cambia soltanto la rapidità del rilascio ». Quindi – a prescindere dall’importanza che si dà al fattore CO2 per la determinazione del clima – il contributo dei vulcani è costante. «La vera incidenza sul clima è invece diretta, causata dal particolato che viene sparato – prosegue Panza – ma ci sono molti fattori da considerare: ovviamente la potenza e la durata dell’eruzione»: basti pensare che mentre l’eruzione del Pinatubo (Filippine) nel 1991 durò pochi giorni, una precedente eruzione in Islanda nel 1783 (il vulcano Laki) andò avanti per otto mesi. «Ma è molto importante anche il luogo dove l’eruzione avviene», prosegue Panza: «L’effetto su scala planetaria tende a diminuire man mano che ci si allontana dall’equatore perché la circolazione atmosferica va dall’equatore verso i poli. Per questo, ammesso che ci fosse parità di potenza e durata, sul clima globale avrebbe più effetti l’eruzione del Pinatubo rispetto a quella di un vulcano islandese». «Anche la stagione in cui avviene l’eruzione ha la sua importanza», aggiunge Guido Guidi, colonnello dell’Aeronautica Militare e responsabile del sito Climate Monitor: «Nelle zone tropicali il raffreddamento si registra soltanto nella stagione estiva, mentre nel caso dell’Alaska e dell’Islanda avviene anche nella stagione invernale». In ogni caso «l’effetto sul clima è quello di un raffreddamento – prosegue Guidi – a causa dello schermo che le polveri oppongono al passaggio dei raggi solari». Di quale entità è il raffreddamento e quanto può durare? «In genere l’effetto raffreddamento è di breve durata, si esaurisce in uno-due anni – dice Guidi ”. Ma è chiaro che anche questo dipende da potenza e durata dell’eruzione. Se la cenere sale oltre i 20mila metri, ovvero entra nella stratosfera, l’effetto è di più lunga durata, minore se la cenere resta nella troposfera». Nella storia degli ultimi secoli si sono registrate peraltro anche effetti climatici più duraturi, come nel già citato caso del Laki in Islanda del 1783: si registrarono anomalie climatiche così forti e così diverse da Paese a Paese, che si registrarono migliaia di morti e che influenzarono anche il corso degli eventi negli anni della Rivoluzione francese (1789). Nulla però si può ancora dire riguardo all’eruzione in corso, bisognerà attendere i prossimi giorni. E «in ogni caso gli effetti si vedranno dalla stagione successiva», dice Guidi. Vale a dire che un eventuale raffreddamento sarà percepibile da settembre- ottobre. Alcuni esperti temono che ci possa essere un effetto a catena che potrebbe provocare una esplosione ancora più forte del vicino vulcano del Monte Katla, descritto come «enormemente potente » e in grado di provocare conseguenze su un’area più vasta. «Ma non dobbiamo essere allarmisti – sottolinea il professor Panza ”; l’eruzione dei vulcani è un fatto normale. Questa volta ce ne accorgiamo perché accade nei pressi di una zona ad alta densità di aeroporti di cui è stata saggiamente ordinata la chiusura. Fosse avvenuto in un’altra area non se ne parlerebbe tanto». Riccardo Cascioli, Avvenire 16/4/2010