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 2010  aprile 15 Giovedì calendario

IL PAPA STUFO DEI VESCOVI ITALIANI

L’anno è decisivo per gli assetti non solo della chiesa italiana. Le scelte di chi andrà a guidare prima la diocesi di Torino (il cardinale Severino Poletto ha già ottenuto dopo il compimento del 75° anno di età una proroga ormai alla fine), e poi quella di Milano, visto che manca meno di un anno al termine del mandato del cardinale Dionigi Tettamanzi, avranno un peso non solo sugli equilibri della Conferenza episcopale italiana, ma insieme ad altre nomine anche sullo stesso collegio cardinalizio.
Scelte delicate
Sono scelte pesanti, e questa volta più che mai. Così prima che la procedura tradizionale si metta in moto con tutti i passaggi necessari, ha voluto occuparsene in prima persona il Papa. Benedetto XVI e i suoi più stretti collaboratori stanno discretamente tastando il polso alla Chiesa italiana. Colloqui diretti con il presidente della Cei, naturalmente. Ma anche con singoli vescovi e con chi in Curia conosce meglio le situazioni territoriali. Una consultazione che si è fatta più intensa nelle ultime settimane anche durante il periodo di riposo a Castelgandolfo dalla quale il Papa non sembrerebbe molto confortato dalla situazione della chiesa nazionale. Un quadro che vede più di una diocesi intimidita e preoccupata di fronte all’offensiva sulla pedofilia, incerta sulle decisioni da prendere, balbettante anche di fronte a un attacco così diretto verso chi guida la Chiesa cattolica universale. Altre volte interessata più a vicende di potere personale che capace di comprendere quel che sta accadendo.
C’è chi ha riferito di un vescovo di una piccola diocesi desideroso di fare il salto di carriera (ben appoggiato) che proprio in periodi così gravi avrebbe rinviato e rinviato
l’accorato appello rivoltogli da un parroco che raccontava dei suoi sospetti su un cappellano omosessuale: «capisco», avrebbe detto, «ma sto lavorando ad altro. Può essere che il problema lo debba affrontare il mio successore, altrimenti me ne occuperò io». Il riserbo su questi colloqui è assoluto, ma si sa che in questa analisi diretta non è stato coinvolto il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, peraltro impegnato nella visita pastorale in Cile che ha voluto confermare in tutte le sue tappe.
Momento grave
Ufficialmente tutti tacciono. Ma dalla curia qualche analisi in incontri informali almeno sulla gravità del momento si coglie. « chiara la natura dell’attacco in corso», spiega un alto prelato, «ed è evidente l’intenzione di minare alle fondamenta la missione educativa del cristianesimo. Lo hanno anche detto apertamente: non manderemo più i nostri figli con i preti e nelle scuole dei preti. Quel che si vuole è proprio impedire la presenza educativa della Chiesa». Ed è vero secondo l’analisi dello stesso prelato, che nella Chiesa italiana come a dire il vero anche in molti altri paesi si sta sottovalutando la portata di questa offensiva: «Questo perché c’è un sostanziale complesso di inferiorità nei confronti della cultura laica e laicista, che è considerata la sola cultura. C’è questa frenesia di essere accreditati dalla cultura laica che vedo anche in esponenti della Chiesa. Non un confronto, ma proprio il desiderio di essere accreditati. Peggio: essere autorizzati ad esistere. E siccome la cultura di questo tempo esige dalla Chiesa una moralità che non esige da nessun altro, ci si trincera solo in difesa, con un complesso di minorità. Intendiamoci, chi sbaglia deve pentirsi, ma l’attacco che si sta svolgendo non è sugli errori, che esistono. un attacco alle radici stesse della Chiesa». Non basta dunque qualche isolata solidarietà, perché il problema sarebbe più profondo e interno: «è venuto il tempo di una riforma culturale dentro la Chiesa che abbia al centro il magistero. Se da lì si innerva in tutto il mondo cattolico e non solo nel clero, sarà più difficile mettere nel mirino e rendere vulnerabile il Papa. Ma se non rinascerà una cultura cattolica reale, resteremo allo sbando anche dal punto di vista morale».