Varie, 15 aprile 2010
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Amano Yukiya
• Kanagawa (Giappone) 9 maggio 1947. Diplomatico. Da dicembre 2009 a capo dell’Agenzia atomica dell’Onu (Aiea) • «[...] Succede al carismatico egiziano Mohamed El Baradei, premio Nobel per la pace 2005, e si è imposto alla sesta votazione, in un ballottaggio, sul rivale sudafricano Abdul Samad Minty, appoggiato dai paesi del terzo mondo e emergenti. Per Amano [...] candidato dei paesi industrializzati, hanno votato 23 dei 35 membri del board. Oltre alla difficile eredità politica di El Baradei, Amano riceve anche dal suo predecessore un’agenda carica di dossier bollenti: il contenzioso sul programma nucleare iraniano, la rinnovata minaccia atomica nordcoreana, e il processo di ratifica in stallo del Trattato di non proliferazione» (’la Repubblica” 3/7/2009) • «’Vengo dalla nazione che è passata attraverso Hiroshima e Nagasaki”. Si presenta così [...] La sua designazione al posto dell’egiziano Mohammed El Baradei - dimissionario dopo 12 anni di guida ininterrotta - non è stata indolore [...] sono state necessarie sei votazioni per farlo prevalere sul sudafricano Abdul Samad Minty con un braccio di ferro che ha visto opporre i Paesi occidentali a quelli del Terzo Mondo. Lo scontro è stato duro anche perché negli ultimi anni Washington - prima con George W. Bush e poi con Barack H. Obama - aveva maturato un giudizio negativo sulla capacità di El Baradei di fermare le proliferazione iraniana e temeva dunque il rischio di un successore che non fosse all’altezza di gestire una crisi che si è aggravata. Sulla carta Amano corrisponde al profilo auspicato dagli occidentali - e anche da Mosca - perché si tratta di un veterano del ministero degli Esteri di Tokyo, formatosi nell’accademia francese e poi con missioni nelle sedi a Washington e in Vietnam prima di essere nominato ambasciatore del suo Paese all’Aiea a Vienna. Da quando la sua nomina è stata approvata, Amano ha fatto trapelare sulla stampa le proprie idee, prima affermando la necessità di ”trattare l’Iran con rispetto” e poi dicendosi ”in sintonia con l’approccio di Barack Obama” tanto al caso-Teheran quanto, più in generale, alla necessità di ”fermare la proliferazione nucleare”. Ma ciò che più conta per la Casa Bianca è il fatto di sentirsi un interprete del radicato rifiuto nipponico per le armi atomiche frutto del ricordo delle bombe che colpirono Hiroshima e Nagasaki nel 1945 ponendo fine alla Seconda Guerra Mondiale. All’epoca Amano non era ancora nato [...]» (Maurizio Molinari, ”La Stampa” 30/11/2009).