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 2010  aprile 14 Mercoledì calendario

PD, PRIME CREPE NELLE GRANDI CITT

Sconfitti in periferia, vincenti in città. Lo schema ormai classico del Pd sembra confermato da questo voto regionale, sia pure con qualche eccezione in un senso e nell’altro: la sconfitta di Mantova, la vittoria a Lecco o a Venezia. Il singolo caso, però, porta fuori strada mentre la tendenza di massima, che l’istituto Cattaneo conferma nelle sue prime analisi, vede ancora un Partito democratico che riesce a parlare con i grandi centri urbani mentre si perde nelle province, nelle periferie cittadine, tra le valli e lungo il corso dei fiumi. Con una sintesi efficace, il Pd è stato definito il partito della "spesa pubblica", quello che rappresenta chi vive in città: i dipendenti pubblici, gli alti burocrati, la classe politica locale, gli insegnanti, gli studenti. Tutto un mondo versus
un altro che vive del proprio me-stiere, artigiani, agricoltori, commercianti, piccoli imprenditori: un universo che si sente vessato dalla città, dalle sue burocrazie amministrative e politiche e dai costi che succhia alla periferia. questo lo schema che è arrivato fino dove sembrava improbabile, in Emilia e nelle Marche, fino a diventare un trofeo in Piemonte con la vittoria della Lega.
Ma ora anche la città comincia ad avere le sue insidie. Le ha studiate da vicino il sociologo Fausto Anderlini che al fenomeno della Lega in Emilia ha dedicato uno studio (apparso su Il Mulino 5/9) mentre ha svelato l’ultimo attacco al Pd arrivato da queste ultime regionali. «Il Pd è sotto un duplice assedio: dalla Lega sui territori, dal grillismo e dall’Idv nei grandi centri urbani. Il 10% delle liste Grillo a Bologna sta lì a raccontare al partito che anche le città cominciano a incrinarsi, a guardare altrove ». Anderlini ha le sue mappe colorate: un tratto verde per il Carroccio, fucsia per il grillismo. Basta seguire la scia dei colori per vedere la bandiera leghista sventolare verso la fascia vicina alla Lombardia, lungo il corso del Po, nell’alto ferrarese, nell’estrema pianura cispadana. E guardare come quel fucsia dei grillini macchi Bologna e i grandi centri della fascia costiera, Rimini e Cesena.
Insomma, proprio quei ceti intellettuali, proprio quell’elettorato «focoso, insaziabile, esigente », e proprio dalle città dove i consumi culturali sono più alti «e tonificano il rango urbano », si comincia a girare la faccia al Pd. La novità è qui, racconta Anderlini: «Il Pd di Veltroni aveva attratto questa fascia di elettorato, l’aveva catturata. Soprattutto con il messaggio di un partito aperto, di formule democratiche nuove come le primarie: insomma ha creato un’aspettativa che è rimasta delusa e che ora si è messa in proprio ». Disillusi che creano un contenitore nuovo e frammentano l’offerta a sinistra. E la frammentano al punto da determinare una sconfitta – in Piemonte – e un fenomeno in Emilia con i grillini al 7%.
Eppure i segni di questo indebolimento – perfino nelle aree metropolitane – c’era già stato. L’aveva registrato Roberto D’Alimonte, politologo: «Dal 2008 al 2009 il Pd attraversa un abisso. Cambia, si contrae e segnala anche prime crepe nelle città: ma l’offensiva è stata tutta guidata da Di Pietro e dall’Italia dei valori che comincia a erodere quel bacino di sinistra. Alle regionali c’è stato un passo in più e la competition tra Pd e Idv si è raddoppiata in una concorrenza tra Idv e grillini».
Tutto già visto. C’è chi dice che in altri tempi e in altri modi, la sinistra aveva sofferto dello stesso male con i girotondi che poi si sono lentamente disgregati. Eppure questa volta la "minaccia" sembra più seria. Paolo Natale, politologo, consulente dell’istituto di sondaggi Ipsos, mette in allerta il Pd: «Dai sondaggi che abbiamo svolto dopo le elezioni regionali, il voto a favore del grillismo si consolida. Nel senso che c’è una conferma e una crescita di chi voterebbe quelle liste. E questo è tanto più insidioso a livello locale, quando ci saranno le comunali perché sono movimenti che si sono radicati in alcune realtà ». Sarà come dice Paolo Segatti, docente di sociologia politica: «A rafforzare una vittoria o una sconfitta non è solo il risultato delle urne ma il dibattito postelettorale che si sviluppa. E in queste regionali non c’è dubbio che lo ha stravinto la Lega e, dall’altra parte,il fenomeno delle liste Grillo».
Insomma, al di là dei numeri nudi e crudi che mostrano come il Carroccio non abbia stravinto ma conservato i propri elettori e, oltre le percentuali – limitate nelle percentuali e anche territorialmente – del grillismo, ci si afferma per quello che simbolicamente si rappresenta.
E il Carroccio ha rappresentato la vittoria nel Nord e nella competizione con il centro- destra mentre il grillismo è apparso come il nuovo tallone d’Achille della sinistra.
«Parlare di avanzata della Lega in Emilia è un errore, è una riformulazione del voto a destra, piuttosto. Mentre il grillismo simboleggia la sfida che alcuni ceti intellettuali, culturalmente evoluti, lanciano al Pd», racconta Anderlini. Una sfida che prende forma anche con l’astensione e non solo con il voto di protesta. E ora, davanti a tutto questo, il Pd si mette a riprogettare la sua organizzazione, la forma-partito, il ruolo dei territori attraverso i segretari regionali. Ma, per chi guarda questi fenomeni da studioso, è solo un ulteriore avvitamento, un mulinello che non riporta a galla. «Il rischio dell’ingegneria organizzativa è uno dei mali che affligge il Pd, il quale non avendo trovato un’identità sirifugia nelle formule. Ma non è la cura è la malattia». Il punto, suggerisce Anderlini, non è stare nel territorio ma che dire.