Elena Lisa, La Stampa 11/4/2010, pagina 16, 11 aprile 2010
VASCO, LA RIVOLUZIONE SIETE VOI
La rivoluzione a «La Stampa» arriva in anticipo. L’appuntamento con Vasco Rossi per la videochat è previsto per le sei del pomeriggio ma lui si presenta alle cinque e un quarto. E la musica, in Via Marenco, cambia all’istante.
Perché un conto è sapere che la più grande rockstar italiana varcherà i cancelli per rispondere ai fan che hanno mandato in tilt la posta elettronica del giornale. Un altro è vederlo lì, in carne ed ossa. Lo schiamazzo nel corridoio, dov’è lo stanzone per la videochat, si zittisce: incollati ai muri, silenziosi nel tentativo di soffocare l’euforia, tecnici, grafici e centralinisti che hanno lasciato per qualche minuto il posto di lavoro. E un ospite illustre: Simone Cristicchi venuto apposta che avverte al cellulare la sorella: «Non immagini chi sto per incontrare». E poi una cantilena: «Vasco Rossi, Vasco Rossi...».
Si distinguono chiare le grida dei fan: una trentina, arrivati anche dalla Sicilia, delusi per non essere ancora riusciti vedere il loro idolo, rimasti fuori dai cancelli, ma che non sanno che in serbo per loro ci sarà una sorpresa. Una manciata di minuti di attesa in una stanza adibita a camerino in cui ha chiesto di avere acqua e frutta fresca e poi, Vasco Rossi, berretto verde militare calato in testa e camicia aperta in tinta, è pronto a rispondere a ciò che uomini e donne di ogni età hanno da chiedergli: «Ascolti più volentieri De Andrè o De Gregori?», «Quando vieni a fare un concerto in Abruzzo?», «Perché le tue canzoni non stancano mai, qual è il segreto?».
Sono passate da poco le cinque e mezza e il primo saluto, appena si accendono le telecamere, è il suo: «Good morning Vietnam» dice Vasco, e con la prima domanda, incomincia ufficialmente la rivoluzione. Primo passo la trasformazione della rockstar: dannata nello stereotipo, riflessiva e pacata nella realtà. Secondo - e terzo - lo stravolgimento di ruoli della squadra al lavoro: fattorini improvvisati bodyguard e, saltata ogni gerarchia, il direttore Mario Calabresi incastrato all’angolo da impiegate quasi in lacrime e costretto a scattar foto mentre loro abbracciano Vasco Rossi. E poi, a pomeriggio, inoltrato, una sorpresa per tutti: l’arrivo di Don Luigi Ciotti, amico da anni del cantante.
I vizi
Per gli onori di casa, e per leggere le mail giunte in redazione, c’è Marinella Venegoni, in Italia tra i massimi esperti di musica: «Un certo Davide Beltrano ha invaso la posta elettronica e vuole sapere qualcosa a proposito del tuo prossimo video - dice - e poi c’è un ragazza che chiede se ti è arrivato lo scatolone di Lucky Strike che ti ha fatto recapitare da un amico». «Certo che mi sono arrivate, le ho anche già fumate tutte, grazie». Un attimo di riflessione e aggiunge: «Lo so, non si dovrebbe fumare, ma sarebbe opportuno che questa società smettesse di giudicare moralmente chi ha dei vizi. A essere condannato dovrebbe essere il peccato e non il peccatore. Ora le cose, invece, vanno diversamente».
Rotto il ghiaccio, arriva la terza domanda, quella che mostra un uomo senza maschera, che non si nega e che parla di sé senza nascondere i segreti più profondi.
La musica
Vasco Rossi si apre per rispondere a una ragazza che gli chiede quali siano, nella musica, i suoi riferimenti: «La spontaneità nello scrivere canzoni - dice -. questa la cosa più importante. Inutile buttar giù storie solo perché si pensa che un certo testo possa piacere agli altri. Bisogna scrivere cosa viene da dentro, dal cuore. Scrivere tutto anche le cose che ti vergogneresti di dire a un amico. Perché ciò che è tuo appartiene anche agli altri. Ascoltandomi, le persone dicono: ”Meno male che non sono solo”. Ma attenzione, una canzone può cambiarti l’umore di una giornata storta, non la vita».
Gli esordi, certo, non lasciano intendere il futuro: stadi pieni ovunque, concerti sold-out, dischi di platino e folle in delirio. «Non pensavo che le mie canzoni fossero popolari, credevo di fare musica di nicchia. Ma sono stato fortunato e ho scelto una strada che arriva dritta al cuore delle persone. Non credevo avrei avuto successo. Specialmente all’inizio della mia carriera, quando la gente stava distante da Vasco Rossi perché pensava che fosse pericoloso. Mi consideravano il colpevole di tutto: se c’era la droga era colpa mia. Era mia la responsabilità anche per quelli che avevano scelto la cocaina. Che poi a pensarci sono uno che testi sulla droga non ne ha mai scritti. Ho scherzato una volta sulla Coca-Cola e tutti stavano lì a dire che avevo fatto delle allusioni. Ma nessuno mai ha accusato altrettanto la bibita che è in circolazione da più di 50 anni proprio con quel nome lì...».
La rivoluzione
Vasco Rossi è questo: provocatore, ironico, allusivo. Ma anche molto timoroso, timido. Certamente irrequieto. Mentre parla e spiega la sua musica, la sua vita, gesticola, ma senza enfasi, e si torce le dita. «Mi chiedete quando comincerò a prendere posizione? Ma se non ho mai smesso di farlo...» maestro di comunicazione, ma sembra quasi aver paura di dire se non attraverso le canzoni. « un po’ di giorni che avevo in mente questa cosa e l’ho detta a un concerto: ”Voi siete la rivoluzione”, perché bisogna uscire dall’idea che la ”revolucion” la possano fare solo quattro eroi con la pistola in mano. La rivoluzione la fa ognuno di noi, cambiando se stesso».
Giusto il tempo per una sigaretta, irrinunciabile per lui, e i fan, ancora fuori non demordono: «Ma se state qui vi perdete la video-chat che stanno trasmettendo adesso...», esclama l’usciere ai cancelli. «Non importa, lo guarderemo domani. Ora fateci entrare» ripetono, mentre il «loro Vasco» in quell’istante sta abbracciando Don Ciotti, arrivato in sala a sorpresa: «Ci sentiamo spesso, ci mandiamo sms, stiamo in contatto - spiega il fondatore del Gruppo Abele - Vasco Rossi è una persona che ammiro profondamente, che ha imparato dai suoi errori e che rappresenta una speranza di riscatto per chi crede di non avere più occasioni». Errori passati di cui molto si è parlato ma che non gli hanno chiuso le porte della fama. «Io farei una distinzione - dice la rockstar -. Il successo è piacevole e lo si può raggiungere in qualsiasi campo della vita. La notorietà è un’altra cosa: è una giostra impazzita che non si ferma mai: per comprenderla davvero bisogna starci sopra».
La filosofia
Un dialogo serio, a volte troppo, è lui stesso a lamentarsi: «Dovrei parlare meno», dice, ma è questo il risultato di un uomo in trasformazione che da una decina d’anni ha ritrovato anche la voglia di leggere libri, e apprezza la filosofia che nasce per trovare un senso all’esistenza. Quel senso che lui dice di non vedere nella vita: ”Voglio trovare un senso a tante cose. Anche se tante cose un senso non ce l’ha», canta.
Sono passate le sette di sera, la videochat si è conclusa: chi fino a quel momento ha ascoltato in silenzio non si trattiene più. Abbracci, strette di mano, autografi su fogli, magliette ed accendini. «Sei grande!». Poi, inaspettata, una visita in redazione: saltano fuori telefonini, macchine fotografiche mentre il rocker gira tra le scrivanie. Guarda le pagine che lo riguardano, sceglie le foto, ma poi, generoso, salutando tutti dice: «No, fate voi».
I fan, all’ingresso, non hanno mai smesso di sperare e sono stati premiati. Il suo staff aveva avvertito della possibilità di fare una foto di gruppo. «Non è possibile, ma lui arriva qui?». Arriverà: i fotografi scattano e i ragazzi lo abbracciano. Quando Vasco entra in macchina una giovane catanese scoppia in lacrime: «Lo so che vi sembra esagerato, ma io sono riuscita a stringerlo e ora mi sento in paradiso».