GIACOMO GALEAZZI, La Stampa 11/4/2010, pagina 1, 11 aprile 2010
VOLEVO SPRETARMI ANCHE A ME CHIESE DI PAZIENTARE
Non è per un caso isolato se al sacerdote pedofilo Stephen Kiesle non è stata concessa nel 1985 dall’ex Sant’Uffizio la dispensa dal sacerdozio. La legge non scritta introdotta in Vaticano ai tempi del pontificato di Karol Wojtyla (convinto che Paolo VI avesse concesso troppe dispense ai sacerdoti) era che bisognasse dire di no a tutti quelli che chiedevano di abbandonare l’abito talare. Nella prassi di Curia non faceva differenza che il motivo della richiesta fossero gli abusi sessuali o il desiderio di sposarsi. La risposta era sempre rinviata a scadenza indeterminata. E ciò è allarmante perché rinviare la decisione di dispensare un pedofilo dal sacerdozio significava e significa esporre la Chiesa e la società al pericolo della reiterazione di un gravissimo reato. A testimoniare come funzionavano all’epoca le cose in Vaticano è la storia del teologo Gianni Gennari, firma storica del quotidiano della Cei, «Avvenire», che da sacerdote della diocesi di Roma per un anno e mezzo attese invano una risposta. Finché (per essere dispensato dal sacerdozio e sposarsi) non gli fu consigliato dal cardinale vicario Poletti di rivolgersi alla Dottrina della fede. Alla porta chiusa in faccia e al diniego della burocrazia dell’ex Sant’Uffizio, all’epoca saldamente in mano a uomini dell’Opus Dei, Gennari non si rassegnò e si rivolse (stavolta direttamente) al prefetto Ratzinger. «Torno a Lei per manifestarle il mio sconcerto- scrive Gennari al cardinale Ratzinger il 3 febbraio 1984-.Sono un prete e un figlio di Dio. Ho scritto a Lei e vengo a sapere in modo misterioso che il suo ufficio ha risposto al cardinale Poletti, dicendo che in tutta la mia richiesta manca ”l’umile disponibilità” che le nuove norme considerano condizione indispensabile per prendere in considerazione la domanda». E aggiunge: «Io ho scritto a Lei, non ad un ufficio burocratico ed impersonale. Attendevo e attendo un cenno di risposta da Vostra Eminenza, positiva o negativa è secondario. Qui non si tratta di carte bollate o timbri ufficiali, ma di due figli di Dio che attendono una risposta chiara». Quindi, la procedura imposta dalla «direttiva Wojtyla» al Sant’Uffizio era di respingere ogni istanza. Stavolta, però, ad appellarsi alla Santa Sede è un sacerdote particolarmente caparbio che non si arrende e prosegue la sua battaglia finché, con grande sorpresa della Curia, ottiene personalmente da Ratzinger un intervento su Giovanni Paolo II che trasforma il no di routine in un sorprendente sì. In totale controtendenza rispetto alla consuetudine ormai divenuta norma con Wojtyla, Ratzinger risponde alla «lettera che ho letto attentamente». E precisa: «Come ho già avuto modo di spegarLe nella conversazione telefonica, l’attesa di una decisione circa la Sua domanda di dispensa dagli impegni sacerdotali, è dovuta al modo di procedere di questo Dicastero, il quale esamina, talvolta anche in ulteriori istanze, le petizioni». Il fatto che per sbloccare la prassi del Sant’Uffizio sia stato necessario un intervento eccezionale del cardinale Ratzinger conferma che da quando Wojtyla era diventato Papa si erano bloccate tutte le richieste di dispensa dal sacerdozio. Nella lettera, infatti, Joseph Ratzinger assume con Gennari un impegno che poi mantiene. «Il Dicastero rispetta l’ordine secondo cui le richieste vengono qui trasmesse e ciò al fine di evitare ingiusti favoritismi-.Comunque penso di non sbagliare dicendoLe che una decisione circa la Sua petizione potrà essere presa entro le prossime festività pasquali». Ratzinger confida nella «disponibilità» di Gennari «a questa ulteriore paziente attesa» e intercede presso Giovanni Paolo II. E così a tre giorni dalla Pasqua arriva la dispensa dall’esercizio del ministero sacerdotale.«Quando intervenne personalmente Ratzinger tutto divenne chiaro e umano, mentre la burocrazia degli uffici era dominata da una mentalità diversa che metteva tutto a ”bagnomaria”, sotto segreto, senza trasparenza neppure di rapporti personali- spiega ora Gennari-.La lettera in latino sul caso del prete pedofilo Kiesle è di un ufficio burocratico (dominato dalla paura della sessualità e di ogni diversità non occultata e repressa) ed è solo firmata da Ratzinger. Invece la lettera a me, in italiano e personale, è segno dell’intervento onesto e chiarificatore di Ratzinger cui sono da sempre grato».