FEDERICO RAMPINI, la Repubblica 13/4/2010; ARTURO ZAMPAGLIONE, la Repubblica 13/4/2010, 13 aprile 2010
2 ARTICOLI - L’INDICE DELL’OTTIMISMO - MEMPHIS
Vista dallo spazio, nelle fotografie satellitari di GoogleMap, sembra la più gigantesca delle basi militari della U. S. Air Force. Nei suoi vasti piazzali è parcheggiata la più potente flotta mondiale di jet "wide-body", i colossi dei cieli. Ma se ingrandisci le foto scopri che quegli aerei anziché cacciabombardieri sono dei cargo. Benvenuti a Memphis, Tennessee. Lontani sono i tempi in cui questa città era un simbolo delle battaglie per i diritti civili di Martin Luther King nel profondo Sud, e la sua unica attrazione era il Rock´n Roll Museum dedicato a Elvis Presley. Oggi Memphis è la metropoli più dinamica d´America, dove le offerte di lavoro abbondano, e nel business trainante gli stipendi crescono a vista d´occhio, da un mese all´altro. Il suo segreto è in quell´aeroporto, il centro della Scatola Globale che ha ripreso a viaggiare freneticamente con la fine della recessione. Anche se il "tribunale" degli economisti - il National Bureau of Economic Research - esita ancora a decretare ufficialmente l´uscita dalla crisi, i segnali di euforia abbondano. L´indice Dow Jones ha ritrovato la soglia simbolica degli 11.000 punti. I colossi dei prodotti di consumo di massa, da Procter & Gamble a Colgate Palmolive, aumentano di colpo gli investimenti pubblicitari a ritmi che raggiungono il 20%. Il magazine Newsweek esce con una copertina trionfale su "The Comeback Country", ovvero la riscossa dell´America. Il sottotitolo è eloquente: "Come ci siamo ripresi, e perché siamo destinati a essere in testa ancora una volta".
Da nessuna parte questa fiducia è "fisicamente" visibile quanto all´aeroporto merci di Memphis. E´ lo hub intercontinentale di Federal Express, meglio nota come FedEx. Una sigla che solo gli inesperti traducono ancora in "corriere espresso". In realtà è un impero mondiale del software logistico e dei trasporti, che governa dall´origine in fabbrica fino alla destinazione finale a casa del consumatore il percorso della Scatola Globale. Sorvolando oceani, traversando continenti, intasando metropoli con i furgoni della consegna porta a porta. E´ un barometro preciso della salute dell´economia mondiale. Un indicatore che da qualche mese è impazzito di attività. Come il carosello vorticoso dei nastri scorrevoli nel terminale di Memphis. Somiglia a quelle rotatorie che tutti i passeggeri conoscono, dove in ogni aeroporto si aspetta la consegna dei bagagli. Solo che gli esseri umani addetti a scaricare da questo nastro scorrevole sembrano nani. Perché nello scalo di Memphis i nastri sono dieci volte più larghi, smisurati: quel che occorre per vomitare le migliaia di scatoloni che ad ogni ora vengono scaricati dal ventre dei jet-cargo, e poi istradati su camion verso tutte le città americane. Che l´economia globale abbia ripreso a girare lo dice il viavai incessante di decolli e atterraggi su queste piste di Memphis: gli Md-80, gli enormi trireattori Md-11, e i primi Boeing 777 ordinati di recente per star dietro alla ripresa. Memphis, Tennessee, è un nome familiare a tutti i piloti del mondo. Mentre le compagnie passeggeri passano da una cura dimagrante a un´ondata di scioperi, FedEx offre gli stipendi più alti d´America a chi accetta i suoi turni massacranti, gli straordinari obbligatori, il ritmo folle dei voli che consegnano la Scatola Globale.
La ripresa dei commerci mondiali è arrivata, più repentina e vigorosa di quanto ci aspettassimo. Subito ha preso i colori variopinti della nuova bandiera americana: il marrone dei furgoni Ups parcheggiati in seconda fila che intasano le vie di Manhattan e Los Angeles, il giallorosso dei camioncini Dhl e Tnt, il biancorosso dell´armata di furgoni FedEx. Hanno sostituito nel paesaggio urbano i camion del latte e della posta di una volta, sono più ubiqui dei vecchi autobus scolastici color arancione. Hanno imposto l´egemonia americana nel mondo intero: con gli stessi colori traversano le vie di Shanghai e Mumbai, Milano e Londra, perché almeno in questo campo l´America regna sovrana e incontrastata. Se la globalizzazione nel trasporto delle merci ha un brevetto, questo appartiene alle multinazionali Usa della logistica, sono loro a gestire minuto per minuto i percorsi della Scatola Globale. Dalla catena di montaggio in una fabbrica di microchips nel Guangdong all´assemblaggio di queste memorie in una fabbrica di computer a Taiwan. Poi nei cartoni d´imballaggio dal porto di Taipei a bordo di una nave portacontainer che batte bandiera sudcoreana e paga i dividendi a un armatore di Singapore. Poi ancora al porto californiano di Long Beach, quindi al trasbordo su una ferrovia merci posseduta da Warren Buffett, oppure su un Boeing cargo diretto a Memphis, e da qui sulla flotta dei camion che arrivano negli Apple Store di Manhattan, nei depositi di Amazon a Seattle, nei supermercati di elettronica BestBuy. Questo circuito era al collasso ancora pochi mesi fa. Ora ha ripreso a funzionare a pieno ritmo. E la spia più fedele è proprio il gigante di Memphis, il centro nervoso della rete logistica che unisce le fabbriche cinesi ai consumatori americani, l´Italia del Nordest alla California, il Brasile al Canada. Dal quartier generale del Tennessee la FedEx Corporation annuncia che i suoi profitti nel primo trimestre del 2010 sono più che raddoppati rispetto all´anno scorso. "Per noi - dice il presidente di FedEx Frederick W. Smith - la ripresa dell´economia mondiale procede a gonfie vele". E se lo dice lui, sa di cosa sta parlando. "Il volume quotidiano di merci trasportate da FedEx è risalito del 18% negli ultimi tre mesi". Per lo scalo-hub intercontinentale di Memphis si annunciano tempi ancora più frenetici. La multinazionale ha appena deciso nuovi investimenti per 3 miliardi di dollari, in gran parte destinati ai nuovi acquisti di Boeing 777 per potenziare la flotta cargo. In aumento del 5% anche il volume delle merci trasportate su gomma dal corriere espresso, le consegne porta a porta dei suoi fattorini su camion. La Scatola Globale che torna a viaggiare febbrilmente ha colto impreparati altri protagonisti del circuito mondiale. Gli armatori non si aspettavano un rimbalzo così veloce. Le flotte mercantili, che tra il 2004 e il 2008 avevano conosciuto un´età dell´oro con aumenti dei noli a due cifre percentuali ogni anno, nello choc della recessione si sono rattrappite. L´anno scorso più di 500 navi portacontainer sono state messe a riposo, e ben 200 grandi navi sono state mandate nei cantieri di rottamazione. Quando è finito lo sciopero dei consumi, il trasporto marittimo non ha potuto reagire di scatto. "E´ stata una fantastica opportunità per noi", dice Jess Bunn della FedEx nell´annunciare che raddoppiano i voli cargo tra Memphis e i principali aeroporti asiatici. La concorrente Ups ha visto un aumento dei volumi di trasporto del 12%. Le aziende che devono consegnare i loro scatoloni alla grande distribuzione - jeans o telefonini, computer o scarpe - oggi sono disposte a pagare un sovrapprezzo fino al 50% per trasportarle via cielo, vista la carenza di navi. Un caso esemplare è quello di Pat Moffett, capo della logistica internazionale alla Audiovox Corporation di Hauppauge, nello Stato di New York. Questo grossista di prodotti elettronici, che importa soprattutto dalla Cina, si è trovato nei giorni scorsi di fronte a un dilemma: aveva 13 container pieni di lettori-Dvd fermi su un molo del porto di Hong Kong. La ragione? Una nave portacontainer, sovraccarica di ordini, aveva dovuto rinunciare a trasportarli. Ma i supermercati di New York aspettavano quei Dvd-player per rifornire i propri scaffali, presi d´assalto dai consumatori come ai bei tempi andati. Moffett ha dovuto arrendersi, ha pagato il 45% in più perché gli scatoloni coi lettori Dvd viaggiassero su aereo, in modo da consegnarli puntuali ai clienti in America. A questa febbre della ripresa si sono agganciate anche le esportazioni made in Usa. Navi e jet-cargo non viaggiano più semivuoti quando tornano dagli scali americani verso l´Asia. Dopo tanti anni anche il made in Usa ha ripreso a solcare gli oceani nel circuito intercontinentale degli scatoloni.
Davvero quindi è l´America "The Comeback Country", il leader tornato in sella dopo la rovinosa caduta del 2008 e 2009? In realtà, come dimostrano gli ultimi dati dell´Ocse, la ripresa è partita dalla Cina. Da lì ha contagiato il resto dell´Asia, poi grazie all´aumento dei prezzi delle materie prime ha trainato tutto il club dei Bric: indiani brasiliani e russi. Adesso, è vero, anche l´America torna a ruggire. L´aumento di oltre 160.000 posti di lavoro nell´ultimo mese, il boom del Dow Jones che compie un anno, i 200.000 consumatori che in nel solo weekend del lancio inaugurale si sono avventati sull´iPad della Apple, incuranti dell´alto costo: gli indicatori positivi si accavallano. Non è un caso che rafforzino gli investimenti sulla propria immagine i più grandi acquirenti mondiali di spazi pubblicitari come la Procter & Gamble, produttore di marche globali come lo shampoo Pantene, i pannolini Pampers e il dentifricio Crest. Un solo dubbio affiora nella copertina esuberante di Newsweek: siamo destinati a rifare tutto come prima? A osservare il duetto rinato fra America e Cina, o la spensieratezza di Wall Street, sembra quasi che il biennio della grande recessione sia stato solo un brutto sogno.
FEDERICO RAMPINI, la Repubblica 13/4/2010
SINAI: "MA L´ESPANSIONE NON DURER A LUNGO" - «La ripresa c´è, ma sarà di breve durata: non più di 3-5 anni», avverte Allen Sinai, presidente di Decision Economics e una delle voci più ascoltate di Wall Street. Le analisi di Sinai si sono quasi sempre rivelate giuste: a cominciare dalle previsioni sulla lunghezza delle fasi di espansione. All´inizio degli anni 90 annunciò un decennio ininterrotto di crescita economica, ed ebbe ragione. Lo stesso accadde all´inizio del millennio quando parlò di una ripresa di sei anni. Ma perché ora è più pessimista?
Sinai, gli Stati Uniti escono dalla recessione più lunga e violenta dagli anni Trenta. Perché, a suo avviso, la ripresa in atto non si rivelerà altrettanto robusta?
«Innanzitutto dobbiamo congratularci per la normalizzazione del ciclo economico: dopo la grande paura, siamo tornati alla alternanza fisiologica di fasi di crescita e di contrazione. Ripeto: la ripresa c´è, è sostenuta e sostenibile: cioè cammina ormai con gambe proprie come constatiamo dai dati su spesa, occupazione, redditi. E la stretta del credito si è finalmente allentata. Ma uscire dalla crisi ha comportato una serie di prezzi che dovranno essere pagati».
Si riferisce all´impennata del debito pubblico? Ne dà forse la colpa alla Casa Bianca di Barack Obama?
«Obama è stato bravo nell´evitare il collasso. Ma il disavanzo dei conti pubblici finirà per accorciare la fase di espansione. Sarà difficile, ad esempio, continuare a stimolare la creazione di posti di lavoro mentre i conti sono così disastrosi. Risultato: durante questo ciclo la disoccupazione non scenderà al di sotto dell´8 per cento».
Quali altre differenze intravede tra la ripresa in atto negli Stati Uniti e quelle del recente passato?
«La più importante riguarda i consumatori: altre volte erano stati loro, assieme all´edilizia, ad aver rimesso in moto l´economia. Ma ora le famiglie americane appaiono alle prese con la riduzione dei debiti e con la disoccupazione, quindi incapaci di un´azione di traino, svolta invece dalle esportazioni e dagli interventi del governo. Un´altra differenza è nel ruolo delle banche: dopo la tempesta finanziaria e la quasi certezza di una severa regulation, appaiono molto più prudenti».
ARTURO ZAMPAGLIONE, la Repubblica 13/4/2010