Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 13/04/2010, 13 aprile 2010
LE TRE CONSEGUENZE (ANCHE FISCALI) DELLA SENTENZA SU GOOGLE
Le motivazioni della sentenza su Google Italy, depositate ieri, faranno giurisprudenza. Il giudice Oscar Magi ribadisce che la legge italiana vale per tutti i soggetti economici qui residenti, compresa la filiale del colosso di Mountain View. Clamoroso? Sì, perché il popolo della Rete crede che il motore di ricerca e Internet siano la stessa cosa. Effetti di un’astuta propaganda.
Tre i punti principali. Primo, Google non è un soggetto che collabora con la giustizia dei Paesi in cui lavora. Lo proclama, ma al dunque cercava di negare perfino i dati del bambino down di cui era stata violata la privacy. Pretendeva fossero richiesti in California tramite rogatoria internazionale. Si è piegata dopo che i pm se li erano procurati. Secondo, il giudice ritiene che il Codice della privacy si applichi anche a Google Italy, perché trattasi di soggetto che concorre con azioni specifiche ai ricavi della multinazionale. Se sul muro appare una scritta che lede il diritto all’altrui riservatezza, il padrone del muro non ne ha colpa. Ma se su quella scritta fa soldi, allora il padrone del muro ne risponde.
Sbaglieremo, ma questo punto potrà avere conseguenze anche sul delicatissimo piano fiscale. Nel momento in cui, accogliendo le richieste dei pm, Alfredo Robledo e Francesco Cajani, il Tribunale di Milano ritiene Google Italy un soggetto economico responsabile, come potrà resistere in futuro la tesi di un altro pm, Carlo Nocerino, secondo la quale Google Italy non rappresenterebbe una stabile organizzazione della multinazionale, e dunque non dovrebbe pagare le tasse sui margini che qui realizza, come del resto chiedono le Fiamme gialle?
Terzo punto, l’assoluzione dall’accusa di diffamazione. Il giudice Magi ritiene che Google non sia un editore ma nemmeno una mera piattaforma che ospita contenuti altrui. Google è un ospite attivo. Ma tanto non basta a integrare un’automatica responsabilità diffamatoria. Con la legge vigente, si deve dimostrare il dolo. La procura ci è andata vicina, ma non abbastanza. Questione chiusa? Tutt’altro: per Magi la legge andrebbe aggiornata.
Massimo Mucchetti