Luigi Ferrarella, Corriere della Sera 12/04/2010, 12 aprile 2010
I PM DI MILANO BLOCCANO LE INTERCETTAZIONI DI WOODCOCK
Le intercettazioni dell’inchiesta della Procura di Potenza che ipotizzava tangenti negli appalti da 185 milioni di euro per il grattacielo più alto d’Italia e nuova sede della Regione Lombardia? Tutte inutilizzabili, colpite al cuore dal «vizio insanabile» di autorizzazioni poco o mal motivate dal giudice. Al punto che, addirittura, quelle intercettazioni nemmeno avrebbero mai dovuto essere iniziate. E che, adesso, la magistratura milanese si vede costretta a buttarle nel cestino, archiviando tutte e 9 le persone (dirigenti della società regionale «Infrastrutture Lombarde» come il direttore generale Antonio Rognoni, e manager del gigante privato «Impregilo» come l’amministratore delegato Alberto Rubegni) indagate nel gennaio 2009 a Potenza.
Chieste dal pm Henry John Woodcock e autorizzate dal gip Rocco Pavesi in una più ampia inchiesta sull’estrazione del petrolio in Basilicata, le intercettazioni operate dai carabinieri del «Noe» del colonnello Sergio De Caprio (il «capitano Ultimo» che a Palermo nel 1992 con un pugno di suoi uomini individuò e catturò Totò Riina) erano spuntate agli atti potentini di un Tribunale del Riesame sul ruolo locale della «Total», ed erano poi state trasmesse per competenza territoriale alla Procura di Milano con ipotesi di reato che andavano dalla concussione alla corruzione, dalla turbativa d’asta alla truffa, fino all’associazione per delinquere. Qui i pm Paola Pirotta e Frank Di Maio, che già si occupavano di un imprenditore indagato per un subappalto dei lavori di smaltimento di detriti contaminati, per non interrompere la captazione delle conversazioni avviata a Potenza avevano domandato al gip di Milano la continuazione di alcune delle intercettazioni. Ma il gip Giorgio Barbuto aveva chiesto ai pm di recuperare gli originari decreti della «considerevole e prolungata attività di intercettazione», allo scopo di poter soppesare la gravità degli indizi.
E qui è affiorata «l’assoluta nullità delle pregresse autorizzazioni», sia «all’inizio delle intercettazioni» sia «alla loro proroga». Perché? Perché, scrivono i pm, «i decreti emessi dal gip di Potenza sono totalmente privi di adeguata motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi indiziari di reato», così come «manca una valutazione della loro gravità». Addirittura, per i pm milanesi «non è possibile cogliere», dalla lettura dei decreti di Potenza, «alcuna argomentazione logico giuridica che induca a comprendere il percorso seguito da quel Giudicante ( il gip Pavesi, ndr) nella valutazione del compendio probatorio proposto dal pm» ( Woodcock, ndr). Sempre dalle carte della richiesta di archiviazione milanese, che risulta accolta il 29 dicembre 2009 dal gip milanese Chiara Valori, si capisce che i pm Pirotta e Di Maio, pur di rianimare gli spunti d’indagine trasmessi da Potenza, hanno provato a resuscitarli in ogni modo: ma anche i carabinieri del Comando provinciale di Milano, «incaricati del riascolto delle conversazioni eventualmente utili a ridare vigore probatorio alla richiesta» di intercettazioni, «hanno risposto con le informative agli atti, senza riuscire a enucleare elementi utili a un approfondimento investigativo». Allora i pm hanno tentato di ripescare in extremis l’indagine provando a basarsi sui documenti sequestrati, ma anche «la disamina dei documenti non ha sortito effetto migliore». Così ai magistrati milanesi non è rimasto che arrendersi: la « sostanziale inutilizzabilità delle intercettazioni, originate da provvedimenti autorizzativi inficiati da vizio di nullità insanabile», determina «l’impossibilità anche di ricorrere ad altri e attuali strumenti investigativi», insomma non c’è neanche lo spunto proceduralmente corretto per attivare da zero nuove intercettazioni. Nell’archiviazione c’è anche una valutazione di merito sul tenore delle conversazioni intercettate da Potenza, che per i pm milanesi «non evidenziano modalità comportamentali tali da» far pensare a «rapporti di corruttela». Al contrario, per i pm «i dialoghi in particolare tra Rubegni e gli interlocutori di Impregilo appaiono anzi finalizzati a dare una soluzione utile all’accelerazione dei tempi di realizzo del nuovo palazzo della Regione Lombardia aMilano», in effetti inaugurato il 22 gennaio scorso in linea con il calendario di 3 anni di lavoro di 500 operai 24 ore su 24 per 7 giorni su 7.
Luigi Ferrarella