Armando Massarenti, Il Sole-24 Ore 11/4/2010;, 11 aprile 2010
IPAZIA MARTIRE, UCCISA DAI CRISTIANI
C’erano almeno tre buone ragioni per fare un film su Ipazia di Alessandria, filosofa vissuta nel IV secolo ai tempi della crisi più cupa dell’impero romano. Era una scienziata, era una donna, fu una vittima del fondamentalismo cristiano delle origini, massacrata dai parabolani, i seguaci del vescovo Cirillo. Il film, diretto da Alejandro Amenábar (il regista di The Others e Il mare dentro), si intitola Agora
e cerca di far luce sugli esordi della cultura occidentale cristiana, insistendo su contraddizioni e incrinature tuttora all’ordine del giorno. Il film ha tenuto alta l’attenzione dei critici all’ultimo festival di Cannes ed è stato subito distribuito negli Usa, in Francia, in Grecia, in Tailandia. Arriva in Italia (dal 23 aprile) grazie alla mobilitazione del popolo di Internet. Una petizione lanciata da Facebook ha avuto un ruolo determinante per la distribuzione nel nostro Paese, dopo il consenso ottenuto in Spagna ( 7 premi Goya) e, oltre che a Cannes, al Toronto Film Festival. Il distributore del film, Mikado, organizza due incontri-dibattito su Ipazia. A Roma, in collaborazione con l’Istituto Treccani, il 14 aprile, alle ore 18,30 a Palazzo Mattei interverranno Luciano Canfora, Silvia Ronchey, Carlo Ossola e Giulio Giorello. A Milano, il 20 aprile, ore 18, (in via San Paolo, 12), Umberto Eco, Eva Cantarella, Vito Mancuso, Mariateresa Fumagalli BeonioBrocchieri e Giancarlo Bosetti discuteranno con il regista spagnolo.
Ipazia (Rachel Weisz) è una delle poche filosofe della storia occidentale: e a quei tempi essere filosofi significava occuparsi anche e soprattutto di astronomia, di matematica, geometria, di tutte le arti liberali. Perfezionò l’astrolabio di Ipparco. Insegnava alla scuola della Biblioteca di Alessandria, prima che questa subisse l’ennesima distruzione, da parte dei cristiani in lotta contro i seguaci di Serapide, motivati dalla politica loro favorevole dell’imperatore cristiano Teodosio. Ipazia è divenuta celebre per avere criticato il sistema tolemaico, se è vero ciò che scrive il suo allievo prediletto, Sinesio, ovvero che Ipparco e Tolomeo «lavorarono su mere ipotesi, perché le più importanti questioni non erano ancora state risolte e la geometria era ancora ai suoi primi vagiti ». L’opera di Tolomeo dunque non era da considerarsi, agli occhi degli studiosi di Alessandria, definitiva e inattaccabile, ma come popperianamente falsificabile. La filosofia neoplatonica di cui la maestra Ipazia nutriva i suoi discepoli – un neoplatonismo che prendeva le distanze dagli eccessi teologici delle scuole orientali ed era invece improntato più al modello ateniese – li educava al rispetto della pluralità delle ipotesi e alla ricerca della verità.
Ipazia fu anche martire, nel senso cristiano del termine. Finì massacrata in modo barbaro e violento, ma furono i cristiani a ucciderla. Forse perché i suoi insegnamenti astronomici erano visti con sospetto. Forse perché era una donna. Forse perché era "laica", libera, in un’età di lotte atroci tra fondamentalismi religiosi: tra i seguaci di Serapide, i giudei e i cristiani. Il film non risparmia critiche a nessuno, ma ciò che potrà scandalizzare è il rovesciamento della situazione in cui sono i cristiani a perseguitare ferocemente i pagani. Ipazia non prese le parti di nessuna fazione, aborrì la violenza e sfruttò la sua autorità di intellettuale per parlare coraggiosamente ai politici del suo tempo. Le ragioni del suo omicidio sono ben rappresentate da Amenábar, che fatica però a tenere insieme troppi temi egualmente importanti: il progresso scientifico, le guerre di religione, la decadenza dell’impero. Gli scenari apocalittici di violenze e distruzione si alternano alle pacifiche meditazioni sul cosmo. I due temi scorrono in narrazioni parallele fino a unirsi alla fine, quando la prepotenza della religione sopprime ogni afflato culturale, prima con la distruzione della biblioteca di Alessandria e poi con l’uccisione di Ipazia. Gli storici della scienza forse storceranno il naso di fronte a certi anacronismi e al tono didascalico delle dimostrazioni, che però non disturberanno più di tanto il grande pubblico. Il quale potrà godersi il modo di ragionare libero e privo di pregiudizi di Ipazia, che arriva persino a preconizzare la «relatività galileiana» e la scoperta di Keplero che le orbite dei pianeti sono ellittiche e non circolari (come era nel sistema tolemaico, ma anche in quello galileiano). Esagerazioni, anacronismi, ma non privi di un loro valore poeticoe divulgativo. Belli gli oggetti astronomici e matematici maneggiati da Ipazia, soprattutto il cono di legno che esemplifica le curve più importanti della geometria ( le coniche, appunto), complice della sua scoperta " kepleriana". Bello il senso di responsabilità e di libertà che il film imprime nello spettatore.