Claudio Colombo, Corriere della Sera 11/04/2010, 11 aprile 2010
COPIO LA MUSICA DEL VENTO E DEL MARE
Rumore di vento e mare. Il microfono amplifica l’effetto: ti trovi in un teatro ma è come stare seduti su una roccia davanti al blu. Nessuna nota, nessun accordo: solo un soffio ritmato e lo sciabordio dell’onda. Sul palco del Conservatorio di Torino, circondato dal niente, c’è un signore vestito di nero che abbraccia una fisarmonica. Il suo nome è Richard Galliano: ha cominciato a suonare a quattro anni, spinto dal padre Lucien, che ancora oggi, ultraottantenne, insegna musica in una scuola di Nizza. Richard imitava il papà usando piccoli pezzi di carta: li strofinava uno contro l’altro, «e mi sembrava che ne uscisse una musica meravigliosa». Col primo strumentino, quasi un giocattolo, amava riprodurre il suono del mare e del vento. La fisarmonica ha un bottone segreto che annulla le note: il mantice ingloba aria e poi la espelle, seguendo il movimento delle braccia. Una magia che sorprende e affascina. Più di mezzo secolo dopo, quel gioco di bambino è diventato un virtuosismo da far sentire anche al pubblico. Vento e mare al centro della sala, poi le note di un valzer popolare, poi un tango da vertigine e poi ancora un brano jazz: la platea riserva al maestro un’accoglienza da star del rock.
Richard Galliano è il fisarmonicista più celebre del mondo: considerato l’erede di Astor Piazzolla, di cui fu amico, sembra non amare questa etichetta, pur riconoscendo nel musicista di Mar del Plata l’ispiratore e il mentore di una carriera straordinaria: «Lo conobbi a Parigi negli anni 80: arrivavo dal Sud della Francia, ero un musicista tra i tanti e, come tanti, cercavo una strada originale. Astor era il maestro del tango nuevo e aveva portato il bandonéon, la fisarmonica dei tangueros, a livelli impensabili, da strumento di ballo dopolavoristico a strumento "vero", con un ruolo preciso nella musica e con una dignità diversa, più alta. Conservo la lettera nella quale mi scriveva: caro Richard, tu suoni alla francese, è musica buona ma antica; prendi con te un bassista, un batterista e togli un po’ di polvere dalle partiture. Astor e io abbiamo percorso strade parallele, tenendo i piedi ben piantati nelle radici della nostra storia ma con aperture alla modernità: nella mia musica troverete sempre lo spirito di Parigi, così come in quella di Piazzolla si respira l’aria di Buenos Aires».
Nacque così la new musette, il genere che ha reso Galliano famoso nel mondo. Uno stile che lui sintetizza così: «Valzer di bistrot, molto swing e un pizzico di Chopin e Debussy. Come tutte le musiche popolari, la mia nasce da influenze umane e culturali diverse. La musica è contaminazione, è spontaneità, è work in progress. Un bassista jazz americano, Ron Carter, diceva: non devi mai suonare lo stesso pezzo allo stesso modo. Devi essere spontaneo e saper improvvisare. Sono d’accordo: siamo come gli scrittori, non possiamo raccontare sempre la stessa storia». Il risultato di questa ricerca continua è la vertiginosa crescita di popolarità di Galliano e della sua fisarmonica: «Dal 1990 tengo 120 concerti l’anno in cento Paesi della Terra. Vivo vicino a Cannes, dove sono nato, ma ci sto meno di quanto mi piacerebbe fare. Nel 2009, per la prima volta, ho fatto un mese filato di vacanza. La mia casa è il mondo... Fino a quando durerà? Art Van Damme, un grande fisarmonicista americano, è morto qualche settimana fa a 90 anni. Suonava ancora in pubblico: era vecchio e malandato ma quando saliva sul palcoscenico si trasformava e tornava a essere giovanissimo e fortissimo. la magia della musica, l’adrenalina della vita!».
Ogni concerto, che Galliano esegue in piedi, è anche una complicata performance fisica: «Le ore che precedono un’esibizione – spiega – sono per me una specie di incubo. Mi sento come un condannato che percorre a testa bassa l’ultimo tratto del braccio della morte. Poi, quando sono sul palco, accade qualcosa di sconvolgente: entro in un’altra dimensione, piombo in uno stato di ipnosi, comincio a sentire le vibrazioni della gente. Non preparo la lista dei pezzi da eseguire, non ho quasi mai scalette preordinate: suono modulando la mia presenza su quella del pubblico. Comandano loro, gli spettatori: dal loro atteggiamento dipende il mio. Seguendoli, sconfiggo la noia, la cosa peggiore della musica e della vita». L’anno scorso a Berlino, durante un concerto in Alexanderplatz, si interruppe per ammonire un pubblico distratto e dispettoso: signori, disse, la mia musica ha bisogno del silenzio. Furono le uniche parole che pronunciò.
Lei, la «fisa» – così la chiama Galliano, all’italiana, perché in francese si dice accordéon – vibra tra le braccia del suo musicista. un bellissimo, sfavillante oggetto di dodici chili, inanimato all’apparenza e invece dotato di un’anima e di un cuore. Per risvegliarli occorrono dita magiche come quelle del maestro: «Ho un rapporto molto fisico con lei: la amo e la odio, a volte la stringo troppo e la maltratto. Quando suono, sono molto aggressivo: è come se guidassi una Ferrari e la spingessi sempre a 300 all’ora». La Victoria nera con la tastiera a bottoni è stata creata a Castelfidardo, nelle Marche, «la Mecca della fisarmonica», distretto dell’eccellenza italiana dove un microcosmo di accordatori, tastieristi, manticiatori, falegnami, grafici ed ebanisti tiene viva una tradizione che dura da oltre un secolo. Le fabbriche castellane esportano il 95 per cento della produzione: in ogni angolo del mondo c’è una fisarmonica italiana. Lo strumento di Galliano, formato da 8.000 pezzi, oggi vale 12 mila euro: «Ce l’ho da quasi 50 anni: ha una qualità eccelsa e possiede sonorità impensabili negli strumenti moderni». un regalo della nonna di origini umbre. Il nonno veniva dalla provincia di Asti. «Tengo molto al mio pezzetto di cuore italiano’ dice Richard, levando per un attimo l’accento sulla "o" del suo cognome ”. L’Italia è una straordinaria nazione musicale. Come la Francia, l’Argentina, il Brasile, l’America». E infatti musette, tango, forro de sertão e jazz sono le linee guida della sua produzione artistica. E poi c’è la nuova sfida, appena ingaggiata nell’ultimo dei suoi 39 album pubblicati: suonare Johann Sebastian Bach con la fisa. « una scommessa che sognavo fin da bambino’ spiega ancora Galliano ”: far sposare lo strumento della classe operaia al linguaggio della musica colta e borghese. Volevo unirmi in modo ideale ai grandi interpreti contemporanei come Glenn Gould, Pablo Casals e Isaac Stern». Il risultato è davvero affascinante: «Sembra che Bach abbia scritto per la fisarmonica cent’anni prima che la inventassero – racconta il maestro ”. Le mie dita suonano da sole, trovano subito la soluzione anche per i passaggi più difficili. Ho affrontato questo esperimento con timore e orgoglio. L’handicap della popolarità del mio strumento, spesso associato a una musica facile e troppo tradizionale, se non vero e proprio bersaglio di razzismo musicale, si è rivelato in realtà un vantaggio. Ora so, sappiamo che con la fisarmonica puoi suonare tutto: dal Buscaglione di Guarda che luna alle suite per violoncello. Sono fiero del risultato prodotto, di aver aperto una nuova strada».
Sul palcoscenico, il maestro offre la dimostrazione di questo straordinario eclettismo. Lo ha appena raggiunto la notizia della nascita della sua terza nipotina. Un’energia nuova lo pervade: il primo brano (non poteva che intitolarsi Bébé) è dedicato a Lily, la nuova arrivata. Il contatto con il pubblico è subito positivo: le dita scorrono veloci sulla tastiera, la Ferrari che soffia note impossibili è pronta per essere lanciata alla massima velocità. L’uomo in nero abbraccia la sua creatura, ci fa sentire il mare e poi parte per il suo (nostro) viaggio musicale. Anche stanotte la noia è stata sconfitta.
Claudio Colombo